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Festa della Liberazione, il sindaco e la presidente del Senato a Padova: «Non dimentichiamo»

Sergio Giordani, alla presenza di Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha tenuto il suo discorso davanti a palazzo Moroni ricordando il ruolo della città durante la Resistenza

Cerimonia solenne la mattina del 25 aprile sul Liston davanti al municipio, alla presenza delle istituzioni e delle autorità autorità civili, militari e religiose e delle associazioni combattentistiche e d’Arma. Protagonista la presedente del Senato, insieme al primo cittadino e al presidente della Federazione volontari per la tutela della libertà (Fivl) Francesco Tessarolo, oltre al comandante della compagnia dei carabinieri di Padova, colonnello Oreste Liporace.

Le parole della presidente

Casellati ha ricordato l'importanza della Liberazione, di cui ricorre il 74esimo anniversario, come base della democrazia: «É la festa della speranza, della civiltà e dei principi alla base dello Stato. Ma anche di chi ha creduto nella rinascita del nostro Paese e dell'Europa».

Il discorso del sindaco

Anche il sindaco Giordani ha ribadito il valore del 25 aprile, sottolineando il ruolo di Padova nella lotta di Liberazione. «Oggi ricordiamo una data chiave della nostra storia, nella quale sono saldamente poste le radici dell’Italia democratica che conosciamo. La nostra Costituzione pone qui le sue fondamenta e da qui trae i valori di libertà, giustizia e uguaglianza che la contraddistinguono. La Resistenza, che fu fondamentale per la caduta del nazifascismo, fa parte della nostra storia e chi ha lottato per la democrazia deve essere, anche oggi, esempio per tutti. La Resistenza, è bene ricordarlo, è nata spontaneamente nelle città come nelle campagne, nelle periferie come in montagna, dalla voglia di giustizia e di pace che gli Italiani avevano dopo anni di dittatura e di guerra».

La cerimonia per l'anniversario della Liberazione a Padova

Padova, snodo importante della Resistenza

«C’è il rischio che questa memoria si perda» aggiunge il sindaco che non risparmia una stoccata al mondo dell'istruzione «con un insegnamento nelle scuole che dedica poco tempo a questo periodo della storia recente. Eppure è importante sapere quanto la nostra città fu coinvolta in questa resistenza popolare. Piazza Insurrezione ricorda quando i padovani, il mattino del 28 aprile 1945, si ribellarono costringendo la guarnigione tedesca alla resa e tenendo la città fino all’arrivo delle avanguardie alleate. Abbiamo una università che fu un centro fondamentale della Resistenza con un rettore, Concetto Marchesi, che invitò pubblicamente i giovani studenti all’Insurrezione e costituì con Egidio Meneghetti e Silvio Trentin il Cln Veneto. Abbiamo i martiri della Resistenza padovana, Luigi Pierobon e Flavio Busonera, uccisi insieme ad altri otto partigiani prelevati dalle celle del carcere. La Resistenza coinvolgeva davvero tutta la città: il collegio Barbarigo nascondeva un magazzino di esplosivi per i partigiani e don Giovanni Nervo, futuro fondatore della Caritas Italiana, stampava fogli clandestini e organizzava staffette per i partigiani. Al Santo, Ppadre Placido Cortese combatteva contro il nazifascismo non con le armi ma creando una rete di salvataggio per gli ebrei e per gli antifascisti perseguitati dal regime, un impegno che gli costò la vita nell’autunno del 1944. Moltissimi padovani pur consapevoli dei rischi che correvano cercavano di opporsi alle violenze degli occupanti. La mattina del 19 ottobre 1943 in stazione dei ferrovieri e delle crocerossine guidate da Lucia De Marchi obbligarono i militari tedeschi ad aprire i carri bestiame del treno che trasportava più di mille ebrei romani verso i campi di concentramento, dando acqua e cibo ai deportati».

Un tema che riguarda tutti

«Ci sono momenti in cui ognuno deve decidere da che parte stare. I partigiani combattenti e tutti gli italiani che pur non imbracciando le armi fecero la Resistenza, decisero, ben sapendo di rischiare la vita, di stare dalla parte della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza. Il loro sacrificio, la scelta che loro fecero per il futuro dei loro figli e del loro Paese, non può essere semplicemente racchiusa in un cerimonia, né tantomeno sporcata da revisionismi che tendono a mettere tutto sullo stesso piano. Libertà e democrazia non sono condizioni date in assoluto e dobbiamo mantenere attivi gli anticorpi della nostra società perché non si realizzino situazioni tali da rimetterle in discussione. Il 25 aprile sia quindi per tutti noi un richiamo alle nostre responsabilità: nessuno di noi, quando si parla di democrazia e libertà può dire “non mi riguarda"».

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