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Martedì, 23 Aprile 2024
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“573 locali scomparsi a Padova e provincia negli ultimi tre anni”: il dato shock dell’Appe

L’Associazione che rappresenta i pubblici esercizi denuncia: “La crisi continua a picchiare duro, ma sono feste ed eventi a ferirci mortalmente”

Quasi 600 locali scomparsi nel giro di tre anni. Il che vuol dire oltre 2.600 posti di lavoro persi. E circa 20 milioni di euro andati in fumo: il “bollettino di guerra” è stato redatto dall’Appe basandosi sui dati di Infocamere, e nel 2017 la situazione è andata addirittura peggiorando.

Numeri emblematici

Il commento di Erminio Alajmo, presidente dell’Appe (che a Padova e provincia rappresenta circa 1.500 aziende iscritte tra bar, ristoranti, pasticcerie, pizzerie e altri locali) è lapidario: “Questo è il peggior risultato degli ultimi 3 anni. La crisi continua a picchiare duro e nessuno può dirsi al riparo dai suoi devastanti effetti economici. I numeri di Infocamere sono incontrovertibili e non lasciano spazio ad interpretazioni: il 2017 si è chiuso con un saldo negativo provinciale di 216 aziende, superando di molto il valore del 2016 (-144) ed avvicinandosi a quello del 2015 (-213)”. Tale saldo è dato dal totale di nuove iscrizioni nel Registro delle imprese (173 aziende, di cui 89 ristoranti e 84 bar) e cancellazioni (389 aziende, di cui 176 ristoranti e 213 bar), la cui differenza è per l’appunto negativa di 216 unità. “Una strage - sottolinea Erminio Alajmo - se consideriamo che in tre anni sono scomparse 573 imprese, pari ad oltre il 19% del totale dei tremila locali che erano presenti in provincia”.

La polemica

Ogni chiusura, oltre ad essere una serranda abbassata, con una diminuzione di sicurezza percepita, rappresenta anche una perdita dal punto di vista economico e lavorativo, come confermano i dati dell’Appe: considerando una media di 4,7 lavoratori ad esercizio, significa aver perso, in un triennio, oltre 2.600 posti di lavoro e un fatturato di circa 20 milioni di euro all’anno. Filippo Segato, segretario Appe, polemizza: “Quando chiude un’azienda con 300 dipendenti giustamente le istituzioni e i sindacati si attivano per cercare di limitare i danni il più possibile. Come mai se, invece, a chiudere sono 100 bar e ristoranti con 3 dipendenti ciascuno, nessuno sembra farci caso? Non stupiamoci se tra qualche tempo, recandoci in qualche centro cittadino o quartiere, non troveremo più un bar aperto, così come accade ad esempio a San Martino di Lupari, dove il Comune ha emesso un bando per l’apertura di un nuovo locale nella frazione di Lovari, dove attualmente non c’è alcun esercizio a beneficio dei residenti”.

Tra burocrazia e concorrenza sleale

Ma quali sono le cause di questa incessante morìa, che sembra non aver fine? «In Appe abbiamo ben presenti – precisa Segato - le difficoltà che i nostri imprenditori associati devono affrontare quotidianamente: la burocrazia sempre più oppressiva ed asfissiante, i costi crescenti, soprattutto delle forniture e del lavoro (+15% negli ultimi 10 anni secondo gli studi dell’Appe) ed i ricavi stagnanti, a causa di prezzi praticamente fermi da almeno 5 anni, tanto per citare le principali. Ma c’è di più, perché occorre anche fare i conti con un mercato “parallelo” senza regole: mi riferisco alla spinosa ed annosa tematica della concorrenza sleale svolta dai club e circoli privati, dagli esercizi agrituristici, nonché dalla miriade di feste ed eventi vari che imperversano in ogni dove e che certe volte sono incentivate proprio dalle amministrazioni locali. Solo per citare il Comune di Padova, si va dai Navigli, alle Staffe, dal Parco della musica, al Pride Village, dal Sherwood Festival, al River Festival, venti che attirano migliaia di persone svuotando i pubblici esercizi”.

“Eventi organizzati solo per fare cassa”

L’Appe ricorda inoltre che le oltre 400 feste e sagre varie, organizzate ogni anno in provincia di Padova, muovono un giro d’affari di diversi milioni di euro, cifra peraltro difficilmente quantificabile, visto che tante volte manca la trasparenza dei bilanci. “Ci auguriamo - continua Segato - che almeno le disposizioni emanate dalla Giunta regionale del Veneto sull’argomento ‘sagre e feste’, che abbiamo contribuito a far approvare, vengano presto recepite da tutti i Comuni affinché venga predisposto un calendario unico, a livello regionale, delle feste ‘autorizzate’. Solo disponendo di un elenco ufficiale sarà possibile allertare gli Enti preposti ai controlli fiscali, igienico-sanitari, amministrativi e di sicurezza, in modo da garantire che, nello svolgimento di queste attività ‘temporanee’, vengano rispettate tutte le norme a tutela dei consumatori e venga ristabilita una sorta di equità con le aziende di pubblico esercizio. Vogliamo infine sottolineare che gli esercenti non sono contrari ‘a prescindere’ alle sagre e manifestazioni che hanno lo scopo di promuovere le imprese e i prodotti del territorio, che spesso beneficiano anche del patrocinio dell’Associazione (come ad esempio la festa del prosciutto di Montagnana, la festa dei bisi di Baone, ecc.), ma ai tanti eventi che vengono organizzati esclusivamente per fare cassa”.

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