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25 aprile, Giordani: «È la festa di tutti gli italiani»

Nel suo discorso a Palazzo della Ragione il sindaco di Padova ha sottolineato: «Il fascismo non è un'ideologia come un’altra: è fin dalle sue origini un movimento politico che fa della violenza e della sopraffazione il suo tratto distintivo»

Al coperto, causa pioggia: si è tenuta eccezionalmente all'interno del Palazzo della Ragione a Padova la cerimonia di celebrazione del 25 aprile. 

25 aprile

Questo il testo del discorso del sindaco Sergio Giordani:

Saluto tutte le autorità civili, militari e religiose, i rappresentanti dell’ANPI e delle Associazioni combattentistiche e d’arma che sono qui oggi a celebrare il 78° anniversario della Liberazione. Saluto i cittadini qui presenti, la cui partecipazione è particolarmente importante perché il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani per la ritrovata libertà e per la democrazia.  

Il 25 aprile di 78 anni fa si concludeva la guerra di liberazione, combattuta a fianco degli alleati, da tantissimi italiani di ogni fede politica, uniti dalla comune volontà di porre fine alla dittatura fascista e all’occupazione nazista, e vinta con un terribile sacrificio in termine di morti e feriti. Donne e uomini, giovani e giovanissimi, di ogni estrazione sociale, che hanno anteposto il bene comune, il futuro del nostro paese alla loro stessa vita. 

Per questo il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani che hanno creduto e credono ancora nella libertà e nella democrazia. Alla resistenza e alla guerra di liberazione parteciparono militari e civili, persone di ogni età, sesso, religione, e credo politico. Erano animati dallo stesso spirito che ha unito le donne e gli uomini che, a guerra conclusa,  hanno scritto la nostra Costituzione, i cui valori sono ancora oggi fondanti per la nostra Repubblica. Una Costituzione che è essa stessa antifascista, proprio perché è nata dalla volontà e di tutte le forze politiche di definire delle regole che assicurassero al nostro Paese la massima libertà e democrazia ma allo stesso tempo impedissero il ritorno sotto qualsiasi forma della dittatura fascista. Lo esprime in modo inequivocabile la stessa Costituzione che nelle norme transitorie e finali all’articolo 12 scrive: è vietata  la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. E non potrebbe essere altrimenti, perché il fascismo non è un’ ideologia come un’altra: è fin dalle sue origini un movimento politico che fa della violenza e della sopraffazione il suo tratto distintivo. Va sottolineato che si è macchiato di delitti terribili, ben prima della approvazione delle vergognose leggi razziali e che Mussolini trascinasse il nostro paese nella tragedia della seconda guerra mondiale con il discorso dal balcone di Piazza Venezia a Roma il pomeriggio del 10 giugno 1940. Ricordiamo le violenze commesse in tutto il Paese ancora prima di prendere il potere nel 1922 e poi gli omicidi di Don Minzoni nel 1923 e quello clamoroso  di Matteotti nel 1924 solo per ricordare alcuni degli episodi più eclatanti. Una scia di violenza e sangue che non si è mai fermata, in Italia e all’estero, dove molti antifascisti avevano trovato rifugio, come i fratelli Rosselli uccisi a Parigi nel 1937. Queste non sono opinioni. Sono fatti storici incontrovertibili.  

Ecco perché oggi ci troviamo qui a parlare di libertà, di democrazia, a ricordare le tante donne e uomini che hanno perso la vita per il nostro Paese. Chi dice che questa giornata non è di tutti gli italiani, che a distanza di quasi 80 anni non ha più alcun significato, dice il falso, e rifiuta di fatto quei valori di libertà e democrazia sui quali è fondata la nostra Repubblica. Libertà e democrazia che, come vediamo anche alle porte dell’Europa, una volta raggiunta non sono automaticamente date per sempre. Riconquistare la libertà rubata dal nazifascismo, è stato difficile e doloroso. La democrazia e la libertà che a noi sembrano dati di fatto così normali, da non farci quasi più caso, vanno custoditi e  difesi giorno dopo giorno. Credetemi, non è retorica. 

Attorno a noi, forse anche per la scarsa conoscenza della storia, vediamo riprendere forza idee e discorsi  di stampo sovranista, rinascere nazionalismi esasperati, ritornare divisioni basate sull’etnia e il credo religioso. La nostra democrazia è tale anche perché, giustamente, assicura a tutti la libertà di espressione e permette che anche queste posizioni vengano espresse. Dobbiamo però contrastare queste ideologie sbagliate e pericolose, con la forza delle nostre idee i valori di uguaglianza e democrazia nei quali crediamo. Conoscenze e valori che, è un fatto oggettivo che mi preoccupa, facciamo fatica a trasmettere ai giovani. Forse ha ragione Liliana Segre quando riflette disincantata affermando che, prima o poi, anche i crimini del nazismo e lo sterminio del popolo ebraico saranno solo due righe nei libri di storia. Il passare del tempo fa svanire la forza delle esperienze vissute in prima persona, il progressivo mancare di testimonianze forti anche sul piano emotivo rendono difficile comprendere davvero cosa volle dire vivere la guerra, aver paura di morire, soffrire il freddo e la fame. Forse dobbiamo trovare altre vie per fare in modo che tutto questo non si perda nel nulla.  

Non possiamo perdere però il concetto di uguaglianza e democrazia che è e dovrà sempre essere alla base della nostra società. Due valori e due concetti che si applicano certo ai principi fondamentali della nostra Repubblica  ma attorno ai quali ruota, se ci pensiamo bene, anche tutta la nostra vita quotidiana. Uguaglianza e democrazia ai quali noi possiamo e dobbiamo dare vita ogni giorno, con le nostre scelte e nostri comportamenti concreti, anche i più semplici. Ecco perché essere qui oggi vuol dire riconoscere il valore della libertà, il rifiuto della dittatura e della violenza, l’importanza della nostra Resistenza dalla quale è nata la nostra democrazia. Ricordiamolo sempre: il 25 aprile è di tutti gli italiani.  

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