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Venerdì, 19 Aprile 2024
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"Gli italiani non vogliono più svolgere mansioni poco qualificate": l'allarme di Confapi Padova

Gli immigrati rappresentano il 10% della popolazione veneta, ma ben il 31% della forza lavoro nell'industria. Il presidente Valerio: "Altro che invasione straniera, serve una presa di coscienza"

Operai, muratori, collaboratori domestici, badanti, camerieri, braccianti: sono le professioni svolte con più frequenza dai lavoratori stranieri presenti in Veneto. Dopo lo studio relativo al tasso di disoccupazione nel territorio e all’apporto dei lavoratori immigrati, Confapi (attraverso il suo centro studi Fabbrica Padova) torna a occuparsi del tema analizzando quanto incida la manodopera straniera in determinati settori.

Tra industria e agricoltura

Si parte da un numero: in base ai dati Istat più recenti, gli immigrati residenti in Veneto sono 485 mila, pari al 9,9% della popolazione. Di questi, è significativo notare che quasi un quarto proviene dalla Romania (circa 120 mila unità).  Entrando nello specifico, permangono differenze rilevanti tra italiani e stranieri in diversi settori: stando all’Osservatorio Regionale sull’Immigrazione, delle 233 mila assunzioni effettuate nel 2017 fra i lavoratori immigrati, il 18% riguarda l’agricoltura (mentre soltanto il 5% delle 618 mila assunzioni che hanno interessato lavoratori di nazionalità italiana è in questo settore); il 33% è stato operato nell’industria (a fronte del 27% delle assunzioni di italiani), il 6% nelle costruzioni (4% per gli italiani). In particolare, l’incidenza di occupati stranieri nell’industria, a oggi, è del 30,9% sul totale. Ma è nel lavoro domestico e soprattutto in quello della cura alla persona tra le mura di casa che la componente straniera risulta preponderante. È un mercato, questo, a netta predominanza femminile, dove le assunzioni di stranieri rappresentano, nell’ultimo anno, il 78% dei rapporti di lavoro attivati. Nel complesso, le assistenti familiari (badanti) regolari in Veneto sono più di 31 mila, per l’80% dell’Est Europa. Ma si calcola che ce ne siano almeno altre 60 mila irregolari.

500mila immigrati residenti in Veneto, ma...

Considerando l’intero periodo che va dall’inizio del 2008 al 2017 possiamo notare che il saldo tra assunzioni e cessazioni dei rapporti di lavoro la crescita più consistente si registra per persone giunte da Romania (+9.368), Cina (+8.527), Moldavia (+3.824) e India (+3.333), ma ci sono altri Stati, come la Polonia, in negativo (-763), complice la tendenza positiva dell’economia interna, che porta al rallentamento dei flussi in uscita. E cosa succederebbe se anche negli altri Paesi citati un’economia nazionale che torna al segno “più” portasse i lavoratori ad abbandonare l’Italia per tornare in patria? Una domanda che acquista valore considerando che la popolazione straniera residente in Veneto è in diminuzione lieve ma costante da 2014 (da 514.592 persone alle attuali 485.477).

"Gli italiani non vogliono più svolgere certi lavori"

Carlo Valerio, presidente di Confapi Padova, commenta questi dati: "Mi torna in mente un film di Sergio Arau di qualche anno fa, ambientato in California: s’intitolava 'Un giorno senza messicani' e immaginava che di colpo gli immigrati, che svolgevano le professioni più umili, sparissero. Chiaramente una situazione paradossale, ma la provocazione a essa sottesa era sensata e valida anche ad altre latitudini. So che la posizione può sembrare impopolare, ma mi sembra che si continui a parlare di 'invasione straniera' quando la realtà è un’altra, quella di un’economia che ha bisogno di chi svolga mansioni poco qualificate perché non ci sono più italiani disponibili a farlo. Intendiamoci: non siamo assolutamente a favore di un’immigrazione senza regole, ci mancherebbe. Il punto è un altro: occorre che la nostra società affronti seriamente la questione e ripensi la sua struttura. In sostanza, parliamo di stranieri che non tolgono il lavoro agli italiani, ma, al contrario, rivestono una funzione indispensabile per la sopravvivenza della società. Nell’edilizia, ad esempio, stando ai numeri ufficiali al netto del 'nero', in Italia i lavoratori stranieri sono 240 mila, con un’incidenza del 17% sul totale, ma è un dato che nasconde un’altra realtà: gli stranieri salgono al 30% se consideriamo gli operai edili e i manovali: gli immigrati non vengono certo qui a fare gli architetti o gli ingegneri! Badate che la proporzione è la stessa per quanto riguarda braccianti agricoli e addetti alle pulizie. E se le badanti non esistessero, quali sarebbero i costi a carico del sistema sanitario nazionale e delle famiglie? Enormi, appunto. Nessuno ha la bacchetta magica, nessuno ha soluzioni pronte. Ma è evidente che occorre affrontare la realtà per prepararsi al futuro. O certi lavori li svolgono gli immigrati, oggi perlopiù provenienti dall’Europa dell’Est, oppure devono farli gli italiani. E, in tal caso, occorre fare in modo che la scuola torni a formare certe figure professionali di cui abbiamo bisogno e che si torni a una cultura del lavoro che non distingua più tra occupazioni di serie A e occupazioni di serie B, C o Z. Per dare continuità e prospettive alla piccola e media industria veneta serve una presa di coscienza del valore del lavoro in fabbrica, recuperando la cultura della manifattura e la voglia di mettersi in gioco nella produzione".

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