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«Un piano di sostegno per danni causati dalla peste suina»: la richiesta

Ad avanzarla è Cia Padova: nella nostra provincia sono 267 gli allevamenti registrati per un totale di 104.865 capi, con 26 milioni di fatturato complessivo annuo secondo gli ultimi dati di Veneto Agricoltura

«Alle istituzioni competenti chiediamo fin d’ora un piano di interventi a sostegno delle aziende suinicole padovane che dovessero subire dei danni indiretti qualora entrassero in vigore specifiche misure sanitarie di contenimento dei focolai di peste suina africana in provincia»: l’istanza viene portata avanti da Cia Padova «al fine di non farsi trovare impreparati, all’occorrenza. Attualmente siamo in una fase di preallerta epidemica, ovvero il territorio regionale non è soggetto a nessuna restrizione». 

Peste suina

Qualora scattasse l’emergenza, sarebbe particolarmente a rischio il Montagnanese, zona del Prosciutto Veneto Berico-Euganeo Dop. Nel padovano, sono 267 gli allevamenti registrati, per un totale di 104.865 capi. 26 milioni il fatturato complessivo annuo (ultimi dati di Veneto Agricoltura). «Oltre ai ristori per i danneggiamenti diretti, ovvero quei contributi previsti dalla legge per ogni capo abbattuto - sottolinea il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini - le autorità competenti sono chiamate a redigere fin d’ora un programma di rimborsi a favore di quelle aziende che, in caso, sconteranno il fermo della produzione con conseguenti riduzioni delle operazioni di macellazione, la mancata vendita e lo stop alle esportazioni». Un solo capo ammalato in provincia metterebbe in crisi l’intera filiera del comparto, e non solo l’azienda agricola eventualmente interessata: «Motivo per cui vanno già previsti adesso, che siamo in una fase di controllo, adeguati ristori». Per quanto riguarda l’annosa questione dei cinghiali, che rappresentano il principale vettore della peste suina, Cia Padova richiede una mappatura il più possibile precisa della loro presenza nell’area del Parco Colli Euganei: «Il primo step è capire la portata del fenomeno. In ogni caso, occorre procedere con continuità con gli abbattimenti da parte dei selecontrollori autorizzati o mediante chiusini e gabbie». Se è vero che la peste suina africana non è trasmissibile all’uomo, conclude Antonini, «è altrettanto evidente che siamo tenuti a predisporre degli interventi finalizzati alla salvaguardia di un settore strategico per la filiera agroalimentare padovana».

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