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Cgil: «In Poste Italiane carenza di personale, aumenta la precarizzazione»

Marco D’Auria della Slc Cgil Veneto esprime soddisfazione per l'interrogazione presentata da due consiglieri regionali del PD al presidente Zaia sul tema

Il 28 febbraio il consigliere regionale del PD Jonathan Montanariello ha presentato un’Interrogazione a risposta immediata – firmata anche dalla collega Vanessa Camani – al presidente Luca Zaia chiedendo se era a conoscenza delle difficoltà manifestate da Poste Italiane nel reclutamento di personale a tempo determinato per svolgere l'attività di portalettere nelle regioni del Nord, Veneto compreso. L’Iri si concludeva chiedendo anche a Zaia se intendesse recepire le istanze dei sindacati, resisi portavoce delle migliaia di cittadini-utenti esasperati dai disservizi, rendendosi parte attiva presso Poste Italiane perché sia tutelato il diritto dei lavoratori a un’occupazione stabile e a un salario dignitoso, cosa che, sempre per i sindacati, è il reale motivo della difficoltà di poste italiane a trovare nuovo organico.

Il sindacato

«Ringrazio i consiglieri Montanariello e Camani per aver portato in consiglio regionale il tema della carenza e precarizzazione del personale di Poste Italiane. L’auspicio è che il presidente Zaia e la giunta intervengano presso Poste Italiane e facciano la loro parte per cercare di risolvere un problema che rischia di trasformare un servizio nel suo contrario». Esprime una moderata soddisfazione Marco D’Auria della Slc Cgil Veneto che aggiunge: «Nei giorni scorsi sono usciti nella stampa locale degli articoli in cui Poste Italiane annunciava un piano straordinario di assunzioni e si vantava di non aver ridotto il proprio organico neanche nel pieno della pandemia. Ma la verità è che sui numeri riguardanti il personale in forza, Poste Italiane fa il gioco delle 3 carte: dice quanti ingressi ci sono stati, quanti ce ne sono e quanti ce ne saranno ma si guarda bene dal dire quante sono anche contemporaneamente le uscite. Un dato che come Cgil continuiamo a chiedere fin da prima della pandemia ma che non ci è stato mai rivelato, neanche fosse il quarto segreto di Fatima. L’esperienza ci insegna – prosegue D’Auria – che quando un numero non lo si vuol dare, significa che quel numero vanifica tutte le belle parole spese per dipingere una realtà inesistente. Tanto per essere chiari: noi crediamo che il saldo tra ingressi e uscite sia negativo. Quel che è certo è che già sappiamo che gli ingressi padovani non garantiranno il reale fabbisogno necessario. Infatti tra mobilità e percorsi di sviluppo professionale, una quota parte del personale risulta già persa ancora prima di iniziare. Per esempio, a Padova, solo per rinforzare gli organici di sportello, sono previsti 29 passaggi da portalettere ad impiegati. È questo il motivo per cui continuiamo a ritenere non adeguate le numeriche, né per quanto riguarda i portalettere, né per gli sportellisti. Ma oltre al danno, la beffa – conclude il sindacalista della Cgil – visto che dei postini che prenderanno servizio in tutto il Veneto dal 1 marzo, non abbiamo minimamente idea quanti saranno ad iniziare realmente. E questo per una difficoltà, ormai diventata endemica, ossia quella riguardante la fornitura dei DPI, soprattutto le calzature. Ricordiamo che senza non si inizia perché è un preciso obbligo di legge esserne provvisti. O a Poste Italiane fanno finta di non saperlo?».

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