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Martedì, 23 Aprile 2024
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Il Prof. Basso, il lockdown e i bambini: «Strappati dalla loro realtà, senza la scuola si esclude chi ha meno possibilità»

Il Prof. Giuseppe Basso, ex direttore clinica di oncoematologia pediatrica: «Andare a scuola è diverso che trovarsi davanti a un computer e non tutti ne hanno uno. Così è selezionare dal punto di vista economico la crescita e lo sviluppo dei bambini»

Il Prof. Giuseppe Basso, ex direttore della clinica di oncoematologia pediatrica di Padova oggi è Direttore Scientifico presso l'Istituto Nazionale Genetica Molecolare di Torino. Lo incontriamo nei pressi di Piazza delle Erbe. Come già ci era capitato, approfittiamo della sua disponibilità per porgli qualche domanda su quella che viene definita la Fase 2, quella del post lockdown. Sul tema Coronavirus lo avevamo già tirato in causa a metà marzo. L'intervista l'avevamo registrata al mattino di un gionro feriale, nei pressi di piazza Duomo. Nessuno attorno. Oggi, sabato 23 maggio, due mesi esatti dopo, è tutto molto  diverso, la città è viva, tanta gente in giro. Con il professore c'è il figlio Ludovico, di sette anni. Un padre che ha una storia professionale a Padova legata ai bambini, quindi ci viene naturale chiedere cosa può aver significato per un bambino, il lockdown. «Credo sia stata una cosa terribile per loro, sono stati strappati dalla loro realtà.  Nonostante non siano molto sensibili al virus e la malattia non sia pericolosa per loro, sono di certo quelli che hanno sofferto di più questa situazione. Andare a scuola è diverso che trovarsi davanti a un computer. Questo poi ha contribuito a selezionare dal punto di vista economico la crescita e lo sviluppo dei bambini, perché non tutti hanno le possibilità di avere gli strumenti che servono per potere seguire le lezioni, online. C’è anche chi un computer non lo ha. Le vere conseguenze di questa situazione le vedremo di certo più avanti. Lasciamoli vivere la loro socialità perché crescono solo incontrando gli altri».

Il professore passa gran parte della settimana in Piemonte, così gli chiediamo com'è lì la situazione e che differenze, se ci sono, trova tra Padova e Torino:«E’ un po’ strano vedere tutti con le mascherine, anche se è giusto. Portare la mascherina garantisce un minimo di presidio, soprattutto quando ci sono assembramenti, quindi è atteggiamento prudente indossarla. A Torino, dove sto lavorando, c’è molta meno gente in giro e quella poca indossa la mascherina solo quando entra in un luogo chiuso. La città, Torino, è molto tranquilla anche in questi giorni. Ma in Piemonte c’è stata una situazione più simile alla Lombardia che al Veneto, tanto è vero che i ristoranti aprono questo fine settimana non come qui che si è ripartiti lunedì. Padova invece è piena di vita ma è anche giusto. E’ importante avere ancora attenzione ed essere prudenti ma è comprensibile che dopo mesi la gente voglia uscire». 

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