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Caso Roncato: il coraggio di due ragazze violentate, le minacce social e il mistero dell'articolo scomparso

La reazione a un editoriale del nostro giornale da parte del giovane condannato per violenza carnale ai danni di una quindicenne ha fatto emergere quella che è probabilmente la tragica essenza di questa brutta vicenda

«Mi scusi avvocato, ma un cliente nullatenente può permettersi un legale come lei?». E’ stata l’ultima di una serie di domande che abbiamo sottoposto all’avvocato Fabio Pavone, difensore di fama di Filippo Roncato, condannato dalla Cassazione per uno stupro commesso otto anni fa a Castelfranco Veneto durante una serata in discoteca. Il rampollo infatti, è figlio di una famiglia di industriali molto nota di Loreggia e, oltre che dichiararsi innocente, probabilità cancellata definitivamente dalla Corte di Cassazione e quindi in via definitiva, si è dichiarato appunto nullatenente. Questo evidentemente per evitare il rischio di un qualsiasi risarcimento alle vittime che hanno subito violenza da parte sua. Già perché sono due le ragazze, che con coraggio hanno denunciato gli abusi. La prima ha già avuto piena giustizia, per la seconda si è in attesa di quello definitivo dopo due giudizi di colpevolezza. 

Dando uno sguardo al suo profilo Instagram però lo si vede a feste in località internazionali e in luoghi cosiddetti esclusivi. Posti che bisogna potersi permettere di frequentare. L’avvocato che ci ha permesso di fare molte domande a questa e al resto non ha voluto rispondere. Anche sulla questione che riguarda l'uso dei social del condannato non ha voluto fare commenti. Si è limitato a un «io i social non li uso proprio». Poco dopo la condanna definitiva però, come abbiamo raccontato, Roncato ha postato su Instagram, un post in cui chiede a “chi lo ama di vendicarlo”. Un post pubblicato da Roncato martedì scorso, appena dopo la bocciatura da parte della Corte di Cassazione del ricorso presentato dagli avvocati Fabio Pavone e Manuela Turcato contro le sentenze di primo e secondo grado, pronunciate dai tribunali di Treviso e Venezia e dove è stato condannato a sei anni.

Filippo Roncato, se c'è una cosa che ripete da otto anni, è di venire frainteso. La prima volta quando ha compiuto una violenza, uno stupro, a danni di una ragazza che al tempo aveva solo 15 anni. L’ultima appunto in occasione del post in cui ha richiamato alla vendetta, ma in mezzo ce ne sono tante altre. Non è neppure difficile verificare perché basta entrare nei suoi social per leggerli. Preoccupa lo stuolo di sostenitori, di certo non tutti suoi amici che hanno rilanciato e commentato nei modi più beceri, non solo a quel post. Ci sono state minacce dirette alla ragazza che lo ha fatto condannare in via definitiva. Va ricordato che Roncato, oltre a questo processo in cui si è visto infliggere 6 anni di reclusione in via definitiva, ne ha pure un altro presso il tribunale di Padova. Il motivo? Lo stesso, stupro. La vittima è un’amica di famiglia. Anche in questo processo, si è dichiarato innocente oltre che nullatenente, ma è stato comunque già condannato in secondo grado.

Tornando alla vicenda per cui è stato appena condannato invece in via definitiva, la vittima ha atteso questi otto anni affinché fosse stabilita la verità. E ha avuto coraggio e pazienza, perché è stato un percorso molto lungo. «Si parla tanto di vittimizzazione secondaria, come ad esempio di far raccontare i fatti più volte, quindi facendoli di fatto rivivere, ma non si pensa che più lungo è il processo, più lo sono anche il calvario e di conseguenza le sofferenze»: spiega l’avvocato di parte civile, Cristina Bissacco.
Per far sì che i termini non si allungassero ulteriormente il collega della legale, l’avvocato Marcello Vinci ha inoltrato una istanza alla Corte d'Appello in modo che fosse fissata l'udienza in tempi quantomeno accettabili. I fatti risalgono al 21 agosto 2015, il processo di primo grado è terminato il 19 luglio 2019. Quando si parla di lungaggini della giustizia si intende proprio questo. Ma per arrivare a un epilogo si è dovuto aspettare fino a due giorni fa. «Adesso esco a testa alta da questa vicenda. La giustizia mi ha riconosciuto che ho detto la verità», ha confidato la ventitreenne alla sua legale. Deve essere stato davvero un incubo questa vicenda per lei. Ma dovremmo tutti dirle grazie perché ha avuto coraggio. E va ricordato cosa le accaduto. Oltre alla violenza di quel maledetto agosto, ha dovuto anche subire altro. La ragazza infatti, invece che essere sostenuta dalla sua comunità e dalle persone, si è dovuta scontrare con ignoranza e pregiudizi dei tanti che non si riuscivano a spiegare come avesse potuto dire di no a Filippo Roncato che al tempo dei fatti era un giovane Pr di diverse discoteche. Un giovane piacente, che evidentemente si piace anche se è sempre una questione di gusti ma è evidente da come si mostra e chi siamo noi per non farglielo credere. E non è questo che ci interessa, ma conferma le caratteristiche tipiche di chi ha la prepotenza di essere al di sopra di tutto. Inoltre al tempo, Roncato, si guardava bene dal dichiararsi povero o peggio nullatenente visto quanto ostentava. Uno status che evidentemente, per la mentalità di chi lo circonda, gli avrebbe dato il diritto di prendersi quello che vuole. La cosa grave è certo il comportamento di Roncato, che per questo stupro e molto probabilmente anche per l’altro pagherà con la galera i suoi atti violenti, ma lo è anche l’atteggiamento dei tanti che ancora lo sostengono. Per Roncato bisogna augurarsi che questi anni gli possano davvero servire a qualcosa. Che ci sia un vero percorso di recupero. La detenzione non può essere solo punitiva, non avrebbe senso proprio perché viviamo in uno Stato di diritto. 

E qui entra in campo una nuova questione. I giovani che hanno ripubblicato o commentato al post che inneggia alla “vendetta” saranno inevitabilmente denunciati dai legali della ragazza. E questa, lasciatecelo dire, è un’ottima notizia. Un account social è un luogo da dove non si può far uscire quel che si vuole, e se si decide di pubblicare certe cose bisogna anche risponderne. E sarebbe il caso che questa cosa si capisse chiaramente. Anche perché la giovane che è la vera e unica vittima di Roncato, ora cosa dovrebbe fare? Guardarsi le spalle quando esce di casa? Questo in una società dove il diritto regolamenta le nostre vite non è accettabile. E c’è anche un precedente gravissimo. Al tempo dei fatti, la quindicenne, ha dovuto cambiare scuola per via dei tanti messaggi di minacce che riceveva. Ma davvero è accettabile vivere in una società di questo tipo, in cui c'è ancora chi si sente autorizzato a prendersi tutto senza farsi domande?

Uno che di certo la pensa così è un amico di Roncato, di Castelfranco Veneto. Il soggetto in questione, chissà se nullatenente pure lui, ha fatto addirittura delle stories su Ig durante il processo. Come se si fosse a un reality show. Lo stesso ha dapprima contattato chi scrive per potere, offrendo dei soldi, far uscire anche la loro versione. Che sarebbero la sua e quella del condannato. Gli si è fatto notare che oltre i tre gradi di giudizio e la sentenza della Cassazione rimane in pratica solo Dio, e che quello che stava facendo poteva essere interpretato come un modo per corrompere chi racconta. «Il lavoro va pagato», ha replicato. Questo conferma che non è solo un problema legato al condannato, ma è proprio radicato culturalmente qualcosa che a pensarci bene è spaventoso. E succede dove viviamo. Dove ci preoccupiamo se donne e ragazze girano in centro di sera perché magari ci sono dei senzatetto o degli stranieri che bivaccano e ci dimentichiamo di guardarci intorno. Della società che stiamo producendo. Il pezzo in questione, che poi è questo con alcuni elementi nuovi che si sono venuti a verificare, è stato sì offline ma non per i motivi che pensano coloro che hanno immediatamente messo in moto gli avvocati per fermarne la diffusione. 

Nella vicenda va anche detto che la difesa dell’imputato, sostenuta in questi anni di processo dagli avvocati Fabio Pavone e Manuela Turcato, ha avuto come unico indirizzo quello di screditare la vittima. La linea di difesa è stata quella. Hanno addirittura cercato di dimostrare che in una foto, molto sfuocata, lei fosse abbracciata a Roncato subito dopo la violenza. In aula è stato facile dimostrare che la persona non fosse lui ma sempre l'amico che ci ha offerto dei denari per aggiustare una storia l’ha rilanciata sui social. Un po’ come fanno i terrapiattisti per convincere le persone che la Terra non è tonda. Ha pure raccolto diversi like.

Oltre al dramma di queste ragazze, c’è anche quello di una società cresciuta a stereotipi, sbagliati, e un uso a dire poco troppo disinvolto dei social, che evidentemente non sanno neppure utilizzare. Perché se non ci si rende conto che delle offese pesanti, delle minacce ancora più pesanti, dirette a queste ragazze che sono le vere vittime, qui oltre passiamo il caso specifico e ci prendiamo la responsabilità di parlare più in generale, si rischia di dover rispondere in tribunale, la cosa vuol dire che è molto più seria di quanto si pensi. E se poi tra questi, che commentano dando man forte a uno stupratore che rischia una seconda condanna per lo stesso odioso reato, ci sono pure delle donne, questo lascia ancora più basiti ma è un allarme ancora più evidente che andrebbe colto prima che sia troppo tardi. Basta scorrere quei profili dove si vanno a trovare, oltre a concetti scalcinati espressi in italiano zoppicante, ragazze che sostengono certe tesi difensive, certe minacce e certi comportamenti che dovrebbero loro più di tutti ritenere inaccettabili. Di buono quindi, in questa brutta storia, c’è solo che la vicenda giudiziaria è terminata, ma il resto, dal contesto in giù, è non solo raccapricciante ma è davvero preoccupante.

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