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Sergiacomi: «In Prato della Valle c'è lo spazio per due statue dedicate alle donne. Alla Cornaro affianchiamo Sibilla de Cetto»

La presidente della commissione pari opportunità del Comune: «L'idea di Colonnello e Pillitteri è di portata storica ed è un atto doveroso». Antonio Foresta: «Lì c'è già una regina e si chiama Santa Giustina»

Non finisce la querelle sull'idea lanciata dai consiglieri comunali Simone Pillitteri e Margherita Colonnello di dedicare una statua anche ad una donna in Prato della Valle. Ad esprimersi oggi 11 gennaio è direttamente Luciana Sergiacomi, presidente della Commissione per le pari opportunità del Comune, che propone di mettere due statue e non solo una.

Sergiacomi

«La Commissione Pari Opportunità del Comune di Padova ha affrontato fin dalla sua costituzione, discusso e infine approvato un progetto diretto ad inserire una nuova e originale statua di Elena Cornaro Piscopia in Prato della Valle - evidenzia Sergiacomi - e appoggia quindi con entusiasmo la mozione, di portata storica e già all'attenzione del pubblico internazionale, presentata di recente dalla consigliera Colonnello e dal consigliere Pillitteri, che prevede appunto la collocazione della statua di Elena Cornaro Piscopia in uno dei basamenti rimasti vuoti nel Prato dopo la rimozione in epoca napoleonica delle statue dei Dogi».

Atto doveroso

«La commissione ritiene che la celebrazione dei meriti delle donne sia un atto doveroso, affatto superfluo ed anzi necessario per portare avanti quel percorso di educazione e di riconoscimento del valore femminile che è alla base della lotta contro le discriminazioni e la violenza nei confronti delle donne - prosegue la presidente Sergiacomi - e sottolinea quindi l’alto valore simbolico che la collocazione di una statua in Prato della Valle assumerebbe: una decisione che non solo restituirebbe prestigio a tutte le figure femminili che hanno attraversato la storia di Padova in epoche passate in cui la celebrazione dei loro talenti era inconcepibile, ma restituirebbe visibilità e riconoscimento alle donne di oggi rafforzandone il valore, la forza e la determinazione nel portare avanti i loro diritti».

Due statue

«La Commissione rileva inoltre che la celebrazione delle donne di talento che hanno arricchito la storia di Padova potrebbe essere resa ulteriormente incisiva e completa occupando entrambi gli spazi vuoti esistenti nel Prato e quindi propone di affiancare alla statua di Lucrezia Cornaro Piscopia anche un' altra figura femminile individuandola tra le numerose figure di spicco che danno lustro alla nostra città, fra queste, a mero titolo di esempio, quella di Sibilla de Cetto, importante testimone del mondo della solidarietà e del volontariato padovano con la realizzazione di una grande opera per l’assistenza dei poveri e degli ammalati e la costruzione dell’Ospedale di San Francesco Grande» chiude Sergiacomi.

Antonio Foresta

Contrario invece il consigliere comunale di Area Civica Antonio Foresta, che vede in Santa Giustina la regina di Prato della Valle: «L’assenza delle due statue dei Dogi nell’Isola Memmia è un vuoto storico politico che decreta la fine dell’indipendenza della Repubblica Veneta per l’avvento delle truppe Francesi di Napoleone Bonaparte - sostiene Foresta - .Altro che la battaglia sull’autonomia del Veneto urlata dalla Lega nei nostri giorni. Qui si vuole cancellare la memoria, nel silenzio assordante di coloro che si richiamano al buon governo della Serenissima; e la si vuol cancellare con una risposta di cultura di genere. Forse ci si dimentica, oppure si è ciechi: Prato della Valle non è un presepe di statue maschiliste, ma è dominato da una figura di donna, Santa Giustina, con una basilica a lei titolata, grande quasi quanto una piramide, il più antico luogo di culto della Città.Questo è un esempio della libertà femminile. Recuperiamo e risaniamo con una grande operazione civica i vuoti dei quartieri, dalla Cittadella dello Sport, a Via Montà dove si doveva costruire il nuovo ospedale, a Ponte di Brenta con le Padovanelle e Villa Breda, convertiamo la zona industriale, così come ha fatto Andrea Memmo che ha trasformato una area mercatale paludosa e malsana, nella più grande piazza della Città. Ricordo negli anni ottanta un dibattito simile a quello odierno, circa l’abbattimento per malattia dei platani, all’interno dell’Isola Memmia: molti interventi e distinguo, poi ha prevalso la logica del percorso storico e gli alberi sono stati reimpiantati. Perchè non pensare a nuovi spazi da trasformare per lasciare un segno integralmente appartenente al nostro tempo? Spero che le prossime installazioni monumentali avvengano pensando ai nuovi spazi che stiamo disegnando nelle periferie, in cui donne e uomini hanno uguali spazi di vita,crescita personale, pari testimonianza».

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