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MERICORDO. La nostra gallina è padovana... d'adozione però!

di Gianni Trivellato - Dai testi antichi si scopre che fu importata dalla Polonia nel 1300 da Giovanni Dondi dell'Orologio che era rimasto affascinato dalla sua eleganza e bellezza. E poi c'è la sua "parente" di Polverara

Oggi, in fatto di pollo, a tavola, c'è soltanto l'imbarazzo delle scelta e mediamente questo è un cibo divenuto ormai di uso comune, quasi quotidiano, sia che tu lo vada ad acquistare "sotto il Salone", sia che tu vada a comprarlo al supermercato. Ma un tempo non era affatto così, e pollo e gallina, in tavola, li potevi gustare soltanto in occasione delle grandi feste, e non era detto che tutte le famiglie potessero comunque permetterselo. Insomma si trattava di piatti prelibati e particolarmente costosi, più facilmente reperibili in campagna. Così succedeva in casa dei miei nonni, a Bagnoli, quando Natale e Pasqua segnavano il ritrovarsi un po' tutti assieme, grandi e piccini, figli e nipoti, ed il pranzo era vissuto quasi come un religioso rituale. Le donne cominciavano a lavorare di buon mattino sotto l'esperta regia della nonna, e la grande tavola padronale veniva apparecchiata con la preziosa tovaglia di lino ricca di disegni e ricami, con le posate d'argento gelosamente custodite, per il resto dell'anno, nei cassettoni dell'antico armadio del tinello. Quel tinello dove gli uomini attendevano l'ora del pranzo mentre le donne continuavano a lavorare in cucina.

UN BRODO SQUISITO. Finalmente giungeva l'invito a tavola e si cominciava con una fumante minestra, con brodo di gallina e la pasta altrettanto rigorosamente fatta in casa. Il secondo non poteva, naturalmente, che prevedere il pollo con contorno di patate o verdure, anche queste provenienti dall'orto, tutto insomma genuino. In poco più di cinquant'anni molte cose sono cambiate, ma il progresso non ha per fortuna cancellato, in tutte le regioni d'Italia, certi primati e certi vanti. Nel caso nostro la gallina è rimasta uno dei tipici e rinomati prodotti padovani, riconosciuta come tale in tutto il Bel Paese ed ha anche una sua nobile storia. Pare infatti che questa razza di gallina sia stata portata a Padova addirittura nel 1300, direttamente dalla Polonia, da Giovanni Dondi dell’Orologio che era rimasto affascinato dalla sua eleganza e bellezza.

ANIMALE PROTETTO. La gallina padovana è inconfondibile per il gran ciuffo di penne sul capo, una barba sul mento e dei favoriti sulle guance. In genere noi siamo portati a pensare ad un animale dal piumaggio soltanto bianco, mentre invece esistono alcune varianti per quanto riguarda il colore che può essere bianco, dorato, camoscio e argentato. Gli studiosi di storia e tradizioni antiche affermano che della gallina padovana si possono trovare notizie anche nel libro di un monaco bolognese, medico e naturalista, Ulisse Aldrovandi, intitolato ''Historia animalium'' e pubblicato tra il 1599 e il 1613. Al giorno d'oggi è riconosciuta come prodotto tradizionale sostenuto da Regione Veneto, Veneto Agricoltura e Camera di Commercio di Padova.

UNA SORELLA A POLVERARA. Particolare curioso: la gallina padovana vanta anche una parente! Nella zona di Polverara infatti viveva anticamente una sua “sorella”, ovvero la gallina di Polverara, diffusa soprattutto in una sorta di varietà nera piuttosto che bianca e dotata di un ciuffetto ritto sulla testa. Era nota fin dai secoli passati per la bontà delle sue carni e si legge sempre nei testi antichi che godeva di un particolare tipo di allevamento: era completamente libera di razzolare in orti, cortili e in campagna a proprio piacimento, sia di giorno che di notte, in qualsiasi periodo dell’anno e per dormire si rifugiava sui rami degli alberi. Come la gallina padovana, anche quella di Polverara è inserita nell’elenco dei prodotti tradizionali. Va detto che questa particolare razza di gallina ha rischiato negli ultimi tempi l'estinzione ed è stata salvata solamente grazie alla passione di alcuni coltivatori. Di sicuro queste galline venivano allevate dai contadini di Polverara già nel 1400 e in un libro del 1622 uno storico, Alessandro Tassoni, descriveva Polverara come "il paese di galli e galline".
 

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