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MERICORDO. Da Trieste a Padova la prima radiocronaca anni '70

di Gianni Trivellato - Erano anni in cui ad un giornalista professionista, quale io ero, era severemante vietato frequentare le prime stazioni radio private, considerate opera, a livello di informazione, di poco scrupolosi dilettanti

Al giorno d'oggi non ci sono problemi per telefonare da Padova a Londra, anche con il cellulare. Eppure in poco più di quarant'anni certe abitudini del nostro vivere quotidiano sono cambiate in maniera a dir poco clamorosa. Pensate che quando io lavoravo come inviato sportivo, per concludere il mio lavoro quando ero in trasferta dovevo chiedere una "rovesciata". Dovevo cioè chiamare la Telecom (allora si chiamava Telve) e pregare una centralinista di mettermi in contatto con il mio giornale per dettare gli articoli. Se poi ci addentriamo nel mondo della radiofonia privata, la storia parla di quella che, da parte della Rai e delle istituzioni publiche, veniva chiamata come una vera e propria pirateria. Agli inizi degli anni '70 aprire una radio in Italia era un'operazione senza dubbio al di fuori di ogni legalità. Senonchè più di qualcuno scoprì che appellandosi ad una legge dello Stato dell'anteguerra, la Rai andava imponendo, del tutto ingiustamente, un regime di monopolio per le trasmisioni radiotelevisive. Una legge considerata, grazie a lunghe battaglie legali, anticostituzionale perchè, anche recependo i dettami di taluni trattati a livello internazionale, non poteva in alcun modo consentire alla Rai tale monopolio. Il risultato fu che, anno dopo anno, le radio libere andarono proliferando e altrettando progressivamente la Rai fu costretta ad arrendersi.

PIONIERE CON TRIESTINA-PADOVA. I primi tempi furono contrassegnati comunque da veri e propri esercizi di grande equilibrismo, e le prime esperienze molto ardue. Io volli credere fin dall'inizio alla potenzialità dell'emittenza radiofonica privata, ed essendone stato in un certo senso un pioniere, contesto quanto vi si racconta a livello di documentazione privata, laddove si dice che  le prime radio libere nacquero a Milano e Roma. In realtà la prima in assoluto vide i natali a Biella, cui si accompagnò più tardi anche la tv. Subito dopo, e prima di Milano e Roma, seguirono Bologna, Trieste e Padova. E in riferimento a queste due stazioni rammento benissimo come, grazie ad un manipolo di volenterosi ragazzotti, fui in grado di trasmettere quasi in diretta una partitissima tra Triestina e Padova, allora militanti nel campionato di serie C. Erano anni in cui ad un giornalista professionista, quale io ero, era severemante vietato frequentare le prime stazioni radio private, considerate opera, a livello di informazione, di poco scrupolosi dilettanti. Così rischiando una severa reprimenda a livello di giornale (Il Piccolo di Trieste) e una altrettanto severa censura da parte dell'Ordine, decisi di dare corso all'avventura di una trasmissione dallo stadio Grezar di Trieste (il Nereo Rocco non era ancora stato costruito anche perchè il "paron'' era ancora...vivo e allenava il Milan).

DIRETTA "IPOTECATA". Assieme ad un collaboratore mi sistemai nell'angolo più elevato delle gradinate, da dove era possibile calare con un sistema di funicelle la cassettina che nel frattempo avevo registrato con il primo quarto d'ora di cronaca. Agguantata la cassettina un altro collaboratore in moto si recava velocemente nella sede della radio dove veniva messa in onda, "ipotecando" una diretta. Nel frattempo io registravo la seconda cassetta con la cronaca della partita. Si procedeva così a rotazione lungo l'arco dei due tempi, quindi tre registrazioni e tre invii nel primo tempo, e altrettanti nel secondo. Dalla sede di Trieste, via telefono, la cronaca (in realtà differita di circa un quarto d'ora) era trasmessa ad una radio privata di Padova. Insomma una sorta di vero e proprio ''battesimo'', un'anteprima indubbiamente pionieristica ma molto apprezzata soprattutto (mi dissero) dai tifosi nostrani. Oggi questo mio racconto farà sobbalzare i più giovani, sorridere quelli di mezza età, e strappare qualche lacrimuccia ai più anziani.
 

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