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MERICORDO. Pasta e fasoi: un mito da "Cavalca"

di Gianni Trivellato - Pare che questo fosse uno dei piatti privilegiato dallo stesso "paron" Rocco. Cui piaceva intrattenersi spesso a tavola con Piero, il conduttore della locanda di via Manin, gestita però in cucina e in sala dalla simpaticissima consorte

"Pasta e fasoi coe coteghe": un piatto che faceva quasi impazzire di goduria i più celebri giornalisti sportivi dell'epoca, quando il Padova del ''paron'' navigava nei piani alti del massimo campionato italiano di calcio. E per godere di questo piatto semplice e umile, ma particolarmente gustoso, in molti si davano appuntamento da Cavalca, una delle trattorie storiche della vecchia Padova, all'imbocco di via Manin proveniendo da piazza delle Erbe. Oltretutto per molti di questi ospiti famosi giungere alla suddetta trattoria era particolarmente facile, considerato che in genere prendevano alloggio, come del resto gran parte delle squadre,  in un albergo situato al Canton del Gallo, edificio che negli anni ottanta, una volta ristrutturato, cedette il passo ad un istituto di credito. Oggi quell'incrocio è riservato unicamente al traffico pedonale, ma fino agli anni Sessanta la circolazione era riservata anche ad auto, moto e biciclette, e vi transitava perfino una linea del tram. Come ciò fosse possibile, oggi come oggi può risultare difficile da immaginare, eppure era proprio, così tanto è vero che il primo vigile chiamato a Padova a regolamentare il traffico fu istituito proprio al Canton del Gallo. Incrocio stradale il cui nome ha origini molte antiche quando, pare fino a metà del Settecento, in uno dei suoi angoli v'era una trattoria che portava all'esterno una insegna con disegnato sopra un gallo.

A TAVOLA COL ''PARON''. Tornando alla pasta e fasoi, scrupolosamente preparata con tagliatelle all'uovo fatte in casa e cucinata con i tradizionali borlotti, pare che questo fosse uno dei piatti privilegiato dallo stesso ''paron'' Rocco. Cui piaceva intrattenersi spesso a tavola con Piero, il conduttore della locanda, gestita però in cucina e in sala dalla simpaticissima consorte, dal momento che il buon Piero, soprattutto in quel periodo, non aveva pudori nel riconoscere il suo grande amore per le sorti della squadra patavina. Tant'è vero che la sua passione non si limitava unicamente a parlare di calcio in versione biancoscudata ma, come raccontano gli ''storici'', si sarebbe più volte adoperato per accompagnare qualche dirigente in trasferte lungo lo stivale alla ricerca di buoni giocatori, ancora validi seppure un tantino anzianotti.

LA POLENTA SOVRANA. C'è da dire che all'inizio della sua avventura in serie A, il Padova di Rocco non godeva di grande considerazione da parte dei maggiori esperti dell'epoca. Basti dire che alla vigilia del campionato 1956-'57 la rosea gazzetta, passando in rassegna il lotto delle concorrenti e le loro chances, scrisse senza mezzi termini che almeno un verdetto era sicuro: e cioè la retrocessione del Padova in serie B. Andò invece a finire come tutti sappiamo e cioè non soltanto con la salvezza abbondantemente ottenuta il primo anno, ma con il terzo posto alle spalle di Juventus e Fiorentina nel campionato successivo. Rammentando le delizie della trattoria Cavalca, un giorno un inviato, intervistando Rocco, gli chiese quale fosse il segreto di una Padova così vincente. E il paron gli rispose: ''La pasta e fasoi de Cavalca, oltre alle sarde in saor e la polenta gialla co' le luganeghe!''. Chissà se questa formula potrebbe andar bene anche per il Padova dei giorni nostri...

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