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Martedì, 16 Aprile 2024
Padova da Vivere

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Padova da Vivere Santo / Via San Francesco

Chiesa di San Francesco Grande a Padova

La chiesa di San Francesco d'Assisi, chiamata in passato chiesa di San Francesco Grande (per non confonderla con la chiesa di San Francesco Piccolo scomparsa già nel secolo XVI), è un edificio religioso che si affaccia su via San Francesco, già contrà dei porteghi alti, a Padova. Per il volere evergetico di Baldo de' Bonafarii e Sibilla de Cetto sorse con il convento dei Frati Minori che ancora l'hanno in cura, e con l'Ospedale di San Francesco Grande che fu in uso sino al 1798.

STORIA


Il 29 dicembre 1414 nell'episcopio patavino, di fronte al vescovo Pietro Marcello e ad altri testimoni, Baldo Bonafari e la sua consorte Sibilla da Cetto dichiaravano di voler destinare parte dei loro beni alla costruzione di una chiesa con convento ed un ospedale a contrà Santa Margherita, da destinare ai Frati Minori Osservanti. Il Bonafari si riservava di eleggere il rettore dell'ospedale, diritto che alla sua morte sarebbe passato al Collegio dei Giuristi dell'Università degli Studi di Padova. La prima pietra fu posata il 25 ottobre 1416 dall'Arciprete della Cattedrale, Bartolomeo degli Astorelli. La costruzione della chiesa nel territorio della parrocchia di San Lorenzo provocò dapprima qualche incertezza; il vescovo acconsentì e i lavori procedettero spediti guidati dal capomastro Nicolò Gobbo. Dopo la morte del Bonafari l'opera fu portata a compimento dalla moglie Sibilla che nel testamento del novembre 1421 chiedeva di essere sepolta nella nuova chiesa, probabilmente in fase di conclusione. L'edificio sorse a croce latina, in stile gotico, venne consacrato il 24 ottobre 1430. Alla metà del quattrocento il cronista Savonarola la definisce templum quidem magnum ma alla fine del secolo era già insufficiente per la comunità dei Minori. Agli inizi del Cinquecento la chiesa fu ingrandita a direzione dell'architetto Lorenzo da Bologna. La chiesa quattrocentesca - a croce latina con tre absidi e navata divisa dal coro, tre cappelle comunicanti sul lato sinistro - fu largamente ingrandita: fu costruito un grande presbiterio che accolse nuovi ampi stalli corali. La navata quattrocentesca fu affiancata da due spaziose navate minori con cappelle. La chiesa fu subito oggetto di grande opere di tono evergetico che arricchirono la costruzione soprattutto tra Cinquecento e Seicento. Nel 1728 il vescovo di Padova contò 22 altari, che erano diminuiti a 17 durante la visita del Vescovo Dondi dell'Orologio nel 1809. A causa delle soppressioni napoleoniche la comunità dei Frati Osservanti lasciò l'edificio ed il convento nell'aprile 1810 e nello stesso anno diventò chiesa parrocchiale curata dal clero secolare. Assorbì nel proprio territorio la parrocchia di Santo Stefano, su cui già furono convenute, nel 1808 le parrocchie di San Lorenzo e San Giorgio. Nel 1862 fu rinnovato il pavimento, e in quell'occasione furono levate le molte lastre tombali di cui era disseminato. Molte furono spostare tra i chiostri. Nel 1873 la chiesa fu oggetto di un restauro complessivo.

L'INTERNO


Nella quarta cappella (dall'ingresso) sta sull'altare un crocefisso attribuito ad Andrea Brustolon mentre sotto la mensa una statua giacente raffigurante il Transito di sant'Antonio (opera di Luigi Strazzabosco, 1951). Nella terza cappella è esposta la pala con San Lorenzo "vestito da levita" di Alessandro Varotari, proveniente dalla demolita chiesa di San Lorenzo e sostituisce un trittico di Giorgio Schiavone compiuto nel intorno al 1475 e smembrato nei secoli successivi (ora la Madonna in trono con Bambino è conservata a Berlino, al Staatliche Museen, mentre le tavole laterali sono conservate nell'episcopio patavino). Nella seconda cappella sull'altare, in una cornice in rame sbalzato di Luigi Strazzabosco, è esposta una terracotta del XV secolo raffigurante Bernardino da Feltre, un tempo posta nel primo pilastro della navata centrale a memoria della vestizione del beato compiuta in quel luogo. Del Bernardino, a sulla destra, si mostra anche una reliquia, ovvero una delle vesti religiose. A sinistra, sacrificata alla vista, sta la splendida pala di Pietro Liberi La Trinità con i santi Diego, Antonio e Francesco. Nella prima cappella è posto il fonte battesimale, mentre sopra all'altare è collocato un tabernacolo per reliquie, proveniente dalla chiesa di Santo Stefano. Dall'antisacrestia si accede al chiostro di Sant'Antonio. Di impianto tardogotico, ha lunette dipinte a fresco con storie di Sant'Antonio, opere di Bernardino Muttoni e Bernardo Muttoni, restaurate tra il 2006 e il 2007.[7] La porta barocca al chiostro che si apre sul portico lungo la via è l'antico accesso al convento. È datata al marzo 1722 e conserva ancora il ricchi battenti originali. Il secondo chiostro, che si innalzava accanto al coro, è ora parte della scuola media "Giovanni Pascoli". Questo è decorato da affreschi seicenteschi, frutto dei Muttoni. La splendida costruzione fu voluta dal teologo fra Michelangelo Carmeli per ospitare degnamente l'immensa collezione libraria dei Minori - 15000 libri tra cui 450 manoscritti -. Compiuta sullo stile delle grandi biblioteche barocche da Andrea Camarata tra il 1753 ed il 1761, si inserì nell'ala a ponente del convento. Al piano terra si trova la cappella (dove fu rinvenuto morto in preghiera fra Carmeli nel 1766) decorata da Alipio Melani. Vi è pure l'antico broletto con fontana, spazio meditativo voluto dal frate. Nel mezzanino si trovava l'appartamento del bibliotecario e gli spazi per gli studiosi. La grande sala a pianta rettangolare al piano superiore è invece la biblioteca vera e propria, decorata ad affresco da Giuseppe Gru con scene mitologiche. 

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