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Padova da Vivere

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A cura di PadovaOggi

Comuni del Padovano, Due Carrare: origine del nome ed alcune curiosità

Il comune di Due Carrare ha una lunga storia alle spalle. Nasce dalla fusione dei comuni di Carrara San Giorgio e Carrara Santo Stefano, stabilita con un referendum popolare il 26 febbraio 1995 e sancita con la successiva legge regionale del 21 marzo 1995. Anche i due centri abitati sono stati fusi nell'unico capoluogo di Due Carrare, del quale oggi costituiscono i quartieri. Per tale motivo non può parlarsi di comune sparso.

DALL’EPOCA ROMANA AL V SECOLO. Per avere notizie riguardanti il sorgere dei centri abitati nel territorio dell’attuale comune bisogna arrivare all’epoca romana quando qui, con molta probabilità, vi era un insediamento di coloni romani, come testimoniano i molti rinvenimenti archeologici risalenti a tale epoca, tra cui la lapide che ricorda l’augure Sesto Pompeo e che poi è servita da coperchio all’urna sepolcrale di Galeona moglie di Marsilio da Carrara, e di tanti altri importanti reperti che successivamente sono stati portati nel Museo degli Obizzi al Cartajo. Con la fine dell’Impero Romano d’Occidente , calarono in Italia quei popoli che i Romani chiamavano barbari perché non latini, portando molti lutti e rovine anche nel nostro territorio coumnale.

IL TOPONIMO. Non sappiamo quando qui si diffuse il Cristianesimo, ma certamente fu determinante l’opera di evangelizzazione svolta dal vescovo di Padova San Prosdocimo e dai suoi successori, dei quali Andrea Gloria ci fornisce un lungo e dettagliato elenco. In merito alla prima notizia della presenza cristiana in questo territorio, Andrea Gloria ci dice ancora che qui: “Avea Monastero, con chiesuola sotterranea di S. Andrea, fondato dall’abate Bernone il 910, osservante la regola di San Benedetto, dell’ordine di Clugny”. Tuttavia l’origine etimologica del termine Carrara è molto discussa e le diverse ipotesi avanzate sono un misto di storia e di leggenda. Lo storico Gigi Vasoin, nel suo importante libro “La Signora dei Carraresi nella Padova del ‘300”, ce ne segnala alcuna proposte da Giovanni di Conversino da Ravenna, le quali sono legate anche all’origine dei da Carrara, la famiglia che diverrà potente nel Medioevo. L’insigne giurista, nato forse a Budapest nel 1343 e morto a Venezia nel 1408, ipotizza questa storia romantica: “ Alla corte di un Imperatore – di cui non fa il nome – si erano conosciuti Landolfo di Norbona , della illustre famiglia dei Rossiglione della Gallia Transalpina, ed Elisabetta, figlia dell’Imperatore, e subito si erano amati, ma nell’impossibilità di sposarsi, dato il rango della fanciulla, erano fuggiti insieme il più lontano possibile e senza avvertire nessuno. Giunti in Italia, decidevano di fermarsi nei pressi di Monselice e di nascondersi nella vicina foresta. Qui avrebbero costruito la loro casa che per la sua bellezza, rispetto alla altre della zona, venne subito chiamata casa rara, poi trasformato per corruzione dialettale in Carraria e definitivamente in Carrara”. Una variante a tale ipotesi, sempre secondo Giovanni Di Coversino e prontamente segnalataci da Gigi Vasoin, è anche il nome della località fosse derivato dall’attività di costruttori di carri che i due giovani intrapresero per mascherare le loro origini, ma questa supposizione non ha trovato conferma in alcun documento. Altra ipotesi, avanzata questa volta dall’Olivieri, fa riferimento al termine carraria, una parola latina che significherebbe “via carreggiabile”. Il Vergerio, nel suo “princibus Carrarientibus et gestis eorum liber”, redatto nel 1404, tra l’altro dice: “….credo che il nome sia conseguenza del fatto che vi era un’industria molto nota come fabbrica di carri, perché prima si chiamava Villa del Bosco, Billa Nemonis”.

I CARRARESI. “Per propria capacità o per circostanze favorevoli, oppure anche per la fedeltà dimostrata verso l’Imperatore o il suo Vecerè, erano riusciti ad accumulare grandi proprietà e ingenti ricchezze”. Il capostipite del casato dei da Carrara è fatto risalire ad un longobardo di nome Gamberto, ascendente di Gomberto, padre di quel Lidolfo sopra indicato, morto prima della donazione del 1027 fatta alla chiesa di Carrara Santo Stefano. Non sono invece concordi i pareri degli storici sulla investitura feudale di questo casato. C’è chi ritiene che il longobardo Gomberto, sia stato infeudato del territorio di Carrara da Berengario , duca del Friuli e re d’Italia,mentre altri ritengono che l’investitura conferitagli riguardasse inizialmente solo il territorio di Anguillara. La storia del comune di Due Carrare e quella del Monastero di Santo Stefano si intreccia con quella dei Carraresi e lo sarà ancora di più quando gli uomini d questo casato diventeranno Signori di Padova. Carrara San Giorgio comparirà più tardi, in un documento del 1194, riferito però alla locale cappella allora intitolata a San Giorgio e San Martino, due santi guerrieri molto amati dai Longobardi .La presenza di queste due chiese, di santo Stefano e di San Giorgio, localizzate nella zona un tempo chiamata Carraria,sottolineano ancora di più l’origine comune dei due nuclei abitativi e il loro legame indissolubile alla potente famiglia dei signori del luogo: i Da Carrara. Dagli studi fatti appare sempre più evidente che il nucleo territoriale dei Carraresi è il “castrum Carrariae”, cioè il Castello di Carrara San Giorgio.

LA POTENZA DEI CARRARESI. Ma mano che ci avviciniamo al XII secolo, la potenza dei corrersi aumenta sempre più, sia perché essi, come “arimanni”, diventano padroni a pieno titolo della terra a loro assegnata in feudo per il venir meno della dipendenza dall’Imperatore, sia per l’ampliamento dei loro possedimenti. La massa di proprietà fondiaria dei Carraresi, non verificandosi divisioni per molti decenni, circa due secoli, aumenta e dapprima vengono aggregati fondi ad Arquà Tetrarca, Montegrotto, Pernumia, Bovolenta, Gorgo, e in un secondo tempo ad Agna, Anguillara, Bagnoli, Conselve, Verzegnano, Merlara di Sacco e poi altri ancora. Nel documento del 114 i Carraresi, oltre ad ottenere dall’Imperatore Enrico V un diploma immunitario, che concede loro particolari privilegi e li esonera da determinati obblighi fiscali e giurisdizionali relativi agli “arimanni2, dà loro anche la prerogativa, solamente regia, di costruire mulini sui fiumi ( A Pontemanco, borgata vicino a Carrara San Giorgio, un complesso di mulini durò fino a poco tempo fa), che verrà a costituire per gli interessati elemento produttore di ingenti ricchezze. La continua fedeltà all’imperatore determina nel 1160 la concessione, da parte dell’Imperatore Federico, di un diploma di conferma a favore di Marsilio da Carrara dei privilegi sinora ottenuti e a suo figlio Jacopino da Carrara, nel 1180, un diploma dello stesso Imperatore gli assegna definitivamente in proprietà ingenti beni, oggetto poi di una lunga controversia con i De Baone. I Carraresi nei primi anni 1100, pur rimanendo sempre fedeli all’Imperatore, dalla loro posizione di Signori rurali avevano cominciato con astuzia a guardare verso la città di Padova, tanto che nel 1130 Gomberto da Carrara era diventa uno dei “boni homines” del santo vescovo e martire Bellino e faceva parte della “ Curia vassalorum”,inoltre come “arimanni” e cittadini di Padova avevano trovato nel Comune lo strumento per ottenere maggiore autonomia dai Signori “comites”. La potente e ricca famiglia rurale dei da Carrara trova il suo decadimento nella lotta condotta a fondo da Ezzelino III da Romano, non solo come Vicario Imperiale, che fece anche arrestare e morire in carcere l’abate del monastero di Santo Stefano, bensì come dominatore diretto della sovranità padovana tra il 1237 ed il 1256, ed il contemporaneo assorbimento di ulteriori privilegi e competenze da parte de Podestà del Comune di Padova, agli ordini di Ezzelino stesso. Molte proprietà carraresi vengono confiscate, tra cui anche il Castello di Carrara, andato distrutto e del quale sono poche le tracce oggi rimaste.

DAL XIV SECOLO AL XV SECOLO. Sul finire del secondo decennio del XIV secolo, questa potente famiglia, in particolare Jacopo Da Carrara, si avviava a conquistare la signoria di Padova. Erano però anche gli anni in cui Cangrande della Scala cominciava ad attaccare Padova, che cercava di difendersi affidandosi a Jacopo, rinunciando alle proprie libertà comunali, perché lo considerava più adatto diplomaticamente a trattare con il signore di Verona, le cui mire espansionistiche diventavano operative solo nel 1324, proprio l’anno in cui Jacopo moriva. Padova veniva conquistata dagli Scaligeri e alla morte di Cangrande la città si affidava a Marsilio per riconquistare la propria autonomia e liberarsi dal dominio degli Scaligeri.

LA CONQUISTA DI PADOVA. Nel marzo 1338 muore Marsilio, l’unico dei Carraresi ad essere sepolto nella sua terra d’origine , ed il suo sarcofago lo possiamo ancora oggi ammirare della chiesa di Carrara Santo Stefano. Man mano che si estendono i possessi dei Carraresi, questi restano sempre meno legati allo loro terra d’origine, così che se oggi un comune della Bassa padovana porta ancora in qualche modo i segni del loro dominio questo è Anguillara , la cui “ gastaldia”, comprendente l’intero paese, viene donata nel 1405 fa Francesco Novello, che nei documenti si dichiara “ duca di Carrara e conte di Anguillara”, alla basilica del Santo quando ormai la fortuna dei Carraresi è avviata inesorabilmente al tramonto per l’implacabile pressione militare di Venezia. Conquistata Padova nel 1405 da Venezia, questa rivolge il suo tremendo e spietato odio contro i Carraresi e anche verso il cenobio di Santo Stefano, dove i veneziani cercano gli amici e i parenti degli sconfitti. Qui arrestano il priore fra Severio e il monaco Rodolfo, figli naturali di Francesco da Carrara il Vecchio, e li tengono poi a lungo nelle carceri della Serenissima prima di mandarli a morire nell’isola di Candia. L’odio dei veneziani giunge poi perfino a profanare la tomba di Francesco da Carrara il Vecchio e di sua moglie Fina Buzzaccarini nel battistero del duomo do Padova, affrescato da Giusto da Menabuoi; tutti i Carraresi sono fatti prigionieri e su decreto del Consiglio dei Dieci della Serenissima, dopo essere stati rinchiusi nelle carceri di Venezia, sono uccisi il 17 gennaio 1406. Il monastero di Santo Stefano,,per ordine del doge di Venezia Michele Steno, viene donato all’arciprete di Cittadella, ricompensando così questa cittadina per essere stata una delle prime ad arrendersi alla Repubblica di San Marco, ma dato che questi arcipreti non potevano per ovvie ragioni risiedere a Carrara, verso la fine del Cinquecento ottengono da papa Sisto V che a rappresentarli venga nominato un sacerdote, spiegando così perché ancora oggi il parroco della parrocchia di Santo Stefano venga chiamato anche vicario.

IL DOMINIO DI VENEZIA. Durante i secoli di dominio veneziano, nel territorio delle Due Carrare si verifica una forte recessione economica e si assiste al lento degrado del monastero . Ciò accadeva sia a causa delle gravi devastazioni subite dal territorio in seguito al sanguinoso conflitto e sia per il grande odio che Venezia nutriva per tutto ciò che poteva ricordare i Da Carrara. Furono anni di grande miseria per la popolazione, che subì anche una forte regressione demografica, che fu di così vaste proporzioni che i veneziani, nei decenni successivi, furono costretti ad importare manodopera dal Ferrarese. Nel XVIII secolo per la Serenissima vendette alla famiglia Erizzo, che dominò per quasi un secolo il paese di Carrara Santo Stefano, tutti i beni dei monaci che vennero allontanati allo scopo di un maggiore sfruttamento della campagna circostante. I risultati non furono però come ci si aspettava, perché il latifondo era e rimaneva sempre il vero male si questa zona e con esso restava e aumentava enormemente la povertà. La decadenza socio-ecomonica, durante la dominazione veneziana, è ben documentata in atti conservati nella biblioteca di Padova e nelle relazioni delle visite pastorali del Vescovo di Padova. Venne abbattuto anche il Monastero di Santo Stefano e se si poté salvare la chiesa e il suo antico campanile, risalente al 1293 e persino il cimitero, lo si deve alla munificenza dell’abate Ceoldo, che acquistò a proprie spese tutto il complesso, in data 10 Aprile 1794, dal nobile Erizzo.

DAL XVIII SECOLO AI NOSTRI GIORNI. Dopo l’odissea napoleonica, anche il territorio dell’attuale Comune di Due Carrare , come tutto il Vento, passa sotto il dominio austriaco e durante questo periodo della distribuzione di un po’ di pane alle famiglie povere durante la quaresima, l’Austria cerca con premi di incoraggiamento di favorire l’incremento della produzione agricola. Le attive popolazioni locali seppero affrontare e superare con tenacia e con grande spirito di sacrificio, anche sotto gli Asburgo, le avverse situazioni, e nel 1866, dopo l’unità d’Italia , anche l’enorme pressione fiscale imposta dal governo a tutto il Veneto, come la durissima tassa sul sale e sul macinato, e le gravi emergenze verificatesi a causa dell’inondazione del 1882 dallo straripamento del fiume Brancolino. Carrara San Giorgio è ricordato più di una volta per la sua vivacità economica e sociale dando vita alla Società di Mutuo Soccorso, estesa anche a Carrara Santo Stefano e alle località di Terradura e Cornegliana, e diffondendo nel territorio la rivista “L’Agricoltore veneto”, contribuendo così a dare risposte concrete ed aggiornate allo sviluppo agricolo. La storia del Comune di Due Carrare sarà poi quelle di tutta la Bassa Padovana: l’emigrazione, la prima e la seconda guerra mondiale, il periodo della dittatura fascista, la Resistenza , la Ricostruzione, lo sviluppo agricolo e industriale.

TESTIMONIANZA DI GUERRINO LILLO. Il signor Lillo fu chiamato il 6 Dicembre del 1940 a Sequals, in provinciali Udine, per essere arruolato nella 32^ divisione artiglieria “Ariete”. Il 10 Maggio del 1941 fu trasferito a Napoli. Partì il 10 Giugno avendo come destinazione l’Africa Settentrionale; appena arrivato al porto di Tripoli la sua divisione subì un mitragliamento da parte di aeroplani inglesi. Avanzò fino A Tobruch (Libia) prossimo al confine con l’Egitto, ma dal 1942 in poi i suoi iniziarono la ritirata e arrivarono a Diserta in Tunisia. Nel primi mesi del 1943 sbarcarono in Marocco gli americani, i quali iniziarono la loro avanzata verso l’Algeria. Stretti in una morsa, i superstiti della divisione “ Ariete”, si arresero. Era l’8 Maggio 1943 e il signor Guerrino fu fatto prigioniero dagli americani. Il 29 Giugno imbarcato nel porto di Rabat, in Marocco, fu portato prigioniero in America. Il viaggio durò 30 giorni. Il 29 Luglio arrivò a destinazione negli Stati Uniti al porto d Norfolk. Fu portato, con i compagni di prigionia, nello stato di Atlanta in un campo di concentramento e lì lavorò come raccoglitore di arachidi. Nell’Ottobre del 1944 fu portato alle Hawaii. Dall’Oceano Atlantico passò nell’Oceano Pacifico per il Canale di Panama, lungo 90 km e largo 90 m. Costruito dagli americani nel 1903, geograficamente proprio vicino all’equatore. Quando la nave si fermò all’interno delle chiuse il sole bruciava la pelle perché i raggi erano proprio perpendicolari. Giunse nel porto di Pearl Harbor. Lì resto per un anno, fino al momento del rimpatrio, e lavorò in un’enorme lavanderia militare. La guerra finì. Il 13 Gennaio del 1946 fu rispedito a Napoli, dove arrivò dopo un mese di viaggio. Qui ebbe fine la sua vicenda di militare e di prigioniero di guerra , durate 64 mesi senza mai vedere i suoi.


LA TESTIMONIANZA DI GEREMIA ROSADA. Il signor Geremia Rosada ci ha raccontato la sua esperienza di vita da civile, durante la seconda guerra mondiale. Terminata la scuola elementare, a 11 anni, andò a lavorare sul barcone del padre con il fratello navigando per tutti i fiumi del Veneto. La sua barca costava 40.500 lire. A quei tempi la vita era molto povera: si mangiava polenta tutte le sere. I più fortunati andavano al cinema, e per arrivarci dovevano camminare fino a Battaglia Terme, perché solo i più ricchi avevano la bicicletta. Con l’inizio della seconda guerra mondiale la vita diventò ancora più dura, il signor Geremia non prestò il servizio militare perché era il capo famiglia, a causa dell’anzianità del padre, ma lavorò per i tedeschi che gli avevano requisito il barcone. Guadagnava 250 lire al mese. Nell’Ottobre del 1944 gli americani bombardarono la sua casa a Battaglia Terme. Tra le macerie persero la vita venti persone, tra cui la madre e due sorelle. Lui si salvò perché era andato con il padre a nascondere sotto i cespugli, lungo la riva del Vincenzone, la barca. Geremia corse alla sua casa, ormai distrutta, e cercò di liberare dalle macerie le povere vittime. Ad un certo punto sentì arrivare dei lamenti: alcuni al centro e altri in un lato. Cominciò a scavare per portare il suo aiuto:per le persone che si trovavano al centro non ci fu niente da fare,ma per quelle di lato ci fu la salvezza, era una famiglia intera. Da quel giorno Geremia cambiò vita: non aveva più una casa, andò ad abitare quindi a Due Carrare, ospite di una sorella. Il tempo passava e la guerra continuava, la vita era molto dura e si soffriva la fame. Verso la fine della guerra gli aerei americani bombardavano ogni mezzo di trasporto ad uso commerciale. Il signor Geremia allora fece quattro buchi sulla sua barca per salvarla, e la lasciò affondare. Finita la Guerra recuperò la barca, ma non recuperò mai quello che la guerra gli aveva portato via.

LUOGHI D'INTERESSE. Di interesse storico in particolare il castello di San Pelagio, la chiesa parrocchiale di Carrara San Giorgio, di Terradura e Corneliana e numerose ville, tra cui quella Grimani.

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