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Giovedì, 25 Aprile 2024
Padova da Vivere

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A cura di PadovaOggi

La città delle Mille Miglia: una manifestazione storica, anche per Padova

Le città della Mille Miglia

Analizzando a fondo i percorsi delle ventiquattro edizioni della corsa ci si rende subito conto che parte dell'enorme popolarità delle Mille Miglia, ieri come oggi, deriva dal fatto che i concorrenti transitavano sull'uscio di casa di oltre mezza Italia.

Volendo effettuare un minimo di statistica su tutti i ventiquattro tracciati, compreso quello anomalo del Gran Premio Brescia del 1940, si scopre che le regioni interessate dal passaggio delle Mille Miglia furono dieci e le province (considerando i confini amministrativi odierni) quarantacinque; di queste, in ben trentotto casi, il transito riguardava oltre ad innumerevole centri, la città capoluogo della provincia. Escludendo il circuito del 1940, le città sempre attraversate sono - oltre ovviamente a Brescia e Roma - Verona, Vicenza, Padova, Rovigo, Ferrara, Rimini, Riccione e Pesaro. Dai centri storici delle grandi città, ai paesini delle zone più desolate, la Mille Miglia forniva uno spaccato di un'Italia in continua evoluzione. Dalle descrizioni dei giornali dell'epoca si riconosce un paese in perenne mutamento.
 

Il protagonista Mercanti

Le cronache delle prime edizioni riferiscono dei grandi falò accesi dai commissari di percorso nei desolati territori tra l'Umbria e le Marche, quasi si aspettassero d'essere assaliti dai briganti. Arturo Mercanti, il bresciano ritenuto colpevole dai suoi concittadini, prima delle Mille Miglia, di aver loro carpito lo sport automobilistico per aver scelto Monza come sede del primo circuito italiano (del quale fu fondatore ed ideatore), in qualità di vicepresidente della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana, scriveva a Castagneto: «La organizzazione sportiva è stata impeccabile ovunque, non una lacuna, non una incertezza ai controlli. Il servizio d'ordine era imponente e la disciplina del pubblico spettacolosa ovunque... citerò come esempi la traversata diurna di Firenze e quelle notturne di Terni, Spoleto, Perugia, Tolentino, Macerata ed Ancona». Da notare che Mercanti prese parte a numerose edizioni della Mille Miglia costretto a celarsi dietro lo pseudonimo di "Frate Ignoto".

Il percorso vissuto da Lurani: l'Emilia

Altro personaggio di spicco, tra i concorrenti di numerose Mille Miglia, fu Giovanni Lurani il quale, oltre ad essere un notissimo giornalista (diresse anche Auto Italiana), vinse più volte la propria categoria. Gustoso il racconto, tratto dal suo libro "La storia della Mille Miglia", del periodo di allenamento che Lurani trascorreva, di anno in anno con una diversa scuderia, in giro per l'Italia. Come tutti i piloti, "Giovannino" aveva dei punti di riferimento ben precisi «cenacoli sportivi e punti obbligati di fermata, dove si incontravano colleghi, amici e tifosi». Il giro prevedeva, dopo una sosta alla Taverna Mille Miglia di Brescia (aperta nel 1934, in Corso Cavour), una visita a Ferrari a Modena. Altra tappa a Bologna con pranzo al Pappagallo e visita alle Officine Maserati. Mostrando un gusto per la vita ed una tecnica di allenamento certo diversa da quella dei piloti moderni Lurani cita l'Osteria di Pietramala, località nei pressi del Passo della Raticosa dove « ... un certo vinello toscano imponeva una sosta». Questa osteria e l'albergo/ristorante sul Passo della Futa vengono citati ripetutamente pure da altri cronisti anche perché i due passi appenninici erano, proprio come oggi, uno dei posti migliori per vedere transitare le vetture. Nel corso delle primissime edizioni, Enzo Ferrari, come testimoniato da numerose fotografie, si portava proprio sulla Raticosa per fornire assistenza ai concorrenti. A pochi chilometri di distanza, sul versante toscano degli Appennini, poco prima della Futa, su una lunga muraglia, ancor oggi si può osservare la targa di bronzo dedicata ai piloti toscani caduti. Anni dopo, nello stesso luogo, è stata aggiunta - su iniziativa del Club della Mille Miglia Franco Mazzotti - una targa alla memoria di un altro grande pilota toscano, Clemente Biondetti, vincitore di quattro Mille Miglia.

Il percorso vissuto da Lurani: la Toscana

Da qui, si scendeva verso il centro storico di Firenze, dove il controllo, dopo la discesa del Pratolino, era posto sul Piazzale Michelangelo; quindi Siena, dove sotto le mura erano allestiti i punti di rifornimento. La cavalcata proseguiva incontrando poi quello che Lurani definisce il «torvo passo di Radicofani». Bizzarra questa definizione, dovuta probabilmente alla desolazione del luogo. Oggi, quando non sono molte le zone scampate al progresso, la rocca medievale e la tortuosa strada che scende (in senso opposto a quello percorso da Lurani) verso la valle del fiume Orcia sono uno dei tratti più amati dai concorrenti della Mille Miglia, per il fascino del paese e la bellezza della tortuosa strada tra le colline.

A San Quirico d'Orcia, con il tracciato che come allora attraversa la caratteristica via centrale del paese, si trova il famoso ponte, ritratto in mille fotografie, dove sull'argine in mattoni scuri gli appassionati scrivevano a grosse pennellate bianche gli incitamenti alle marche delle vetture in gara. Con simpatica iniziativa, i cittadini di San Quirico rinfrescano queste scritte ogni anno.

Il percorso vissuto da Lurani: Roma e Umbria

Proseguendo il giro sportivo-gastronomico, Lurani cita il moscato dell'Albergo Roma di Acquapendente e il registro sul quale i piloti riportavano motti, sfottò e vignette.

Clienti affezionati, vent'anni dopo, saranno anche Moss e Jenkinson, con la squadra Mercedes prima e Maserati poi.

Erano tempi nei quali vivere aveva un sapore diverso, quando ci si fermava a Roma in «lieto simposio» con il gruppo dei piloti della capitale, con in testa Pietro Taruffi, oppure a Terni a casa di Borzacchini, a Gubbio da Luigi Fagioli e a Macerata da Luigi Scarfiotti. Erano i tempi nei quali, in Largo Garibaldi a Modena, un trombettiere avvisava il pubblico del sopraggiungere di una vettura dai larghi e non ancora asfaltati viali di quella che allora era la circonvallazione.

Il pubblico si divideva in più tipiologie: gli appassionati della guida sportiva sceglievano tratti agonisticamente impegnativi, come i passi appenninici, per confrontare le tecniche dei diversi piloti. Così, gli "esperti" si trovavano a fare scampagnate sulla Futa e sulla Raticosa, a Radicofani, al Passo della Somma tra Spoleto e Terni, nell'impervia zona tra L'Aquila e Popoli verso Chieti; oppure nella gola del Furlo tra Urbino e Gubbio, o lungo i micidiali tornanti in cubetti di porfido delle Scale di Piantonia, tra Parma e Poggio di Berceto verso il Passo della Cisa. I "mondani", attratti più dai personaggi famosi che dalle loro prodezze al volante, per vederli meglio, si portavano vicino ai posti di rifornimento o di controllo. Il più noto e frequentato di questi era senz'altro quello di Roma, posto nello spiazzo antistante lo storico Ponte Milvio, memore della famosa battaglia, sia per la presenza di personalità varie del mondo dello spettacolo e della politica sia perché, trattandosi del "giro di boa" della gara, era assai importante ai fini della classifica.

Il percorso vissuto da Lurani: Bologna ed il Veneto

A Bologna il punto di controllo era invece posto in Via Mazzini, mentre nei tre anni di passaggio per Venezia il controllo veniva effettuato in Piazzale Roma, al termine del ponte lagunare che congiunge la città di S. Marco con Mestre. I punti di rifornimento più interessanti da osservare erano ovviamente quelli delle marche che puntavano alla vittoria. Nel corso degli anni, la quantità e la dislocazione dei rifornimenti mutò continuamente. Il progressivo diminuire dei tempi di percorrenza, il progresso tecnologico e la condizione delle strade influì notevolmente sulla programmazione delle Case.

è sufficiente considerare che, nelle prime edizioni, i concorrenti in gara subivano da tre a sei forature ciascuno, molto rare negli anni Cinquanta. In più, le vetture del dopoguerra richiedevano la sostituzione dei lubrificanti e la necessità d'ingrassaggi con una frequenza assai inferiore. Negli anni Trenta, quasi tutte le Case collocavano una delle assistenze a Bologna, punto dove il tracciato sì incrociava imponendo un doppio passaggio. Alfa Romeo ed O.M., le due rivali candidate alla vittoria, allestivano i loro rifornimenti a ridosso l'una dall'altra, quasi a vista, per potersi vicendevolmente controllare. Tra questi i più importanti, e più frequentati dal pubblico, si trovavano, oltre che a Bologna, tra Siena e S. Quirico e a Perugia. Altre case si appostavano a S. Casciano e a Narni.

Questa sorta di officine mobili erano sempre piazzate in curva o nei pressi di un passaggio a livello, allo scopo di far perdere meno secondi preziosi ai piloti.

I passaggi a livello rappresentavano uno dei maggiori problemi della Mille Miglia, in quanto spesso i piloti erano costretti a lunghe soste in attesa dei treni. Uno dei passaggi a livello più famosi era quello di Pescara, dove nel 1955, anno della sua vittoria e del record, Stirling Moss sbagliò l'impostazione della curva e fu costretto a passare dietro le balle di fieno di protezione, per il terrore degli spettatori sulla traiettoria e l'entusiasmo degli altri. Queste emozioni conquistavano il pubblico e molti, incoscientemente al pari di tantissimi spettatori delle odierne competizioni, cercavano i punti più pericolosi del percorso, quelli in grado, appunto, di fornire forti sensazioni a scapito della sicurezza.

Il percorso vissuto da Lurani: La Via Emilia e La Via Cassia

La scelta cadeva allora su tratti velocissimi come i lunghi rettilinei adriatici, assai pericolosi per le vetture di allora con le quali, come sosteneva Giannino Marzotto, era molto facile arrivare da zero a trecento km l'ora: il difficile era tornare da trecento a zero! La Via Aurelia con le sue insidiose curve al termine di un rettilineo era un altro dei punti molto spettacolari. La Via Emilia presentava caratteristiche simili, mentre la Cassia era più tortuosa e quindi meno veloce ma considerata più tecnica. Alcune curve diventarono - causa la loro difficoltà - tristemente famose, come quella nei pressi de L'Aquila, che tutti i piloti conoscevano ma che costò una Mille Miglia a Nino Farina, in testa alla gara del 1953 con la sua Ferrari, quando era in vista di un rifornimento della Casa di Maranello.

Punti celebri

Il pilota torinese, Nino Farina, non ebbe molta fortuna alle Mille Miglia, se si pensa che l'anno successivo fu vittima del medesimo infortunio pochi chilometri dopo la partenza, nella curva all'ingresso del centro abitato di Peschiera del Garda. Peschiera era famosa anche per un altro passaggio, quello sul ponte che attraversa il fiume Mincio, caratteristico per l'albergo che si trova sulla curva che immette sul ponte stesso. Il nome, agli scaramantici piloti, piaceva molto: si chiamava "Bellarrivo"...

Molti locali venivano utilizzati come punti di riferimento, come ad esempio il ristorante "Doro" sulla statale che porta a Ferrara, posto su una curva traditrice. A Ferrara c'era un altro punto famigerato, il famoso cavalcavia, alla fine del quale molte vetture uscivano di strada. Gigi Villoresi deve la sua vittoria alla Mille Miglia del 1951 all'uscita di strada, proprio in quel punto, della Stanguellini di Sighinolfì che divelse un paracarro e gli spianò la via per la sbandata che costò a Villoresi un modesto danneggiamento alla carrozzeria. Altri punti celebri del percorso furono la doppia curva ad esse di Manerbio, a pochi km da Brescia, l'attraversamento di Loiano, paesino dell'Appennino emiliano, con le strade in grande pendenza, lastricate in porfido e strette tra le case. I luoghi più fotografati dai reporters dell'epoca furono la curva antistante un palazzo seicentesco nel centro di Vicenza, il ponte di barche sul Po di prima della Guerra, i passaggi sul lago di Garda, Futa e Raticosa ed, ovviamente, Brescia

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