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A cura di PadovaOggi

Tra meraviglia naturale e leggenda: il laghetto della Costa di Arquà Petrarca

Chiamato come la via che costeggia il fianco meridionale del Monte Calbarina, si estende in una depressione circondata da colli boscosi: a sud il Monte Ricco, a nord i monti Piccolo e Calbarina. Circondato da una fitta bordura di canne palustri, sulle sue rive crescono numerosi gruppi di salici e cipressi.

NATURA. Il laghetto della Costa, sito di grande interesse naturalistico-ecologico, è il più ampio e noto bacino d’acqua naturale dei Colli Euganei, ed è alimentato dalle acque di sorgenti termali, l’acqua sgorga in polle anche ben visibili sulla superficie, alla temperatura di 45°C circa, consentendo al lago di non scendere mai nemmeno in inverno sotto i 17–18°C. Nella stagione primaverile a seguito di piogge più abbondanti defluiscono nel bacino anche le acque delle campagne situate a monte e quelle di alcune sorgenti fredde che si originano a quote più elevate. L’abbondante presenza di torba, materiale derivato da resti vegetali di piante in decomposizione prevalentemente di lago o di palude, nei terreni circostanti, oltre a dare un caratteristico colore nero alla terra, testimonia il fatto che il lago fosse molto più esteso e si è andato mano a mano restringendo. Questi depositi risalgono al Quaternario e furono oggetto di studi per la presenza di pollini fossili di antiche piante che hanno testimoniato l’evoluzione del clima e della vegetazione dalle glaciazioni in poi. Mediamente è profondo una decina di metri, ma in alcuni punti, dove sfociano le sorgenti termali, può raggiungere anche la profondità di 17-19 metri. Il lago è importante per la qualità elevata dei fanghi in esso contenuti e usati a scopi terapeutici, che ne fanno la sede principale per l’estrazione degli stessi e il loro utilizzo negli stabilimenti del complesso termale euganeo.

STORIA. Da un punto di vista storico per gli interessanti ritrovamenti di reperti archeologici che testimoniano la presenza di insediamenti palafitticoli risalenti all’Età del Bronzo. Era anche noto come il “lago delle sette fontane”, per la presenza di numerose fonti fredde, calde, salate e solforose che lo alimentavano. Probabilmente un episodio delle “Ultime lettere di Jacopo Ortis” è ambientato proprio in questo luogo poiché viene descritta una passeggiata di Jacopo e Teresa “lungo la riva di un fiumicello sino al lago de’ cinque fonti”.
Intorno al sito nacquero molte leggende e dicerie popolari, legate soprattutto all’aspetto misterioso che assume nella stagione invernale quando il fumo prodotto dal vapore delle sue acque calde lo ricopre di un alone suggestivo. Una lapide in marmo con iscrizione in lingua latina posta all'esterno della fonte ricorda il merito dell'arciduca nell'aver finanziato gli studi dell'acqua solfatico-carbonatica per avvalorarne i benefici terapeutici. Oggi l'antica fonte si trova relegata a lato del piazzale adibito a parcheggio di un ristorante-pizzeria; l'acqua è quasi completamente prosciugata, ma avvicinandosi al tempietto si può ancora percepire il caratteristico odore sgradevole dell'acqua termale ricca di zolfo.

LEGGENDA. Numerose leggende legate al lago della Costa si sono tramandate nel corso dei secoli. Tutte fantasticano sui fumi esalati dall'acqua calda lacustre che nelle giornate invernali e nell'oscurità della notte evocano la presenza di spiriti maligni. La leggenda più famosa, ripresa dalla scrittrice Silvia Rodella nel suo libro “Leggende Euganee” narra che in un tempo imprecisato, al posto del lago sorgeva un monastero di frati, dalla condotta iniqua. Un giorno si presentò un mendicante che fu accolto dall'unico fratino di buon cuore; una delle notti seguenti il generoso fratino fu convinto dal mendicante con una scusa ad allontanarsi dal monastero, il quale venne improvvisamente colpito da una violenta tempesta che lo distrusse completamente uccidendo al suo interno tutti i frati peccatori. In corrispondenza delle macerie si formò una voragine che inghiottì le anime impure e cancellò per sempre i resti del monastero. L'invaso si riempì di acqua bollente alimentata dagli inferi dove giacciono i peccatori.

UNESCO. Attualmente il lago è visibile solo dalla stradina che corre lungo il suo fianco orientale e dai sentieri dei vicini monti: le sue sponde sono infatti recintate da una rete e per accedervi occorre chiedere il permesso ai proprietari, in quanto ora l'area è di proprietà privata. La recinzione si è resa necessaria perchè in passato alcuni abitanti della zona sono morti annegati facendo il bagno, probabilmente a causa della profondità dell'invaso che al centro risulta piuttosto profonda. Per l'alto valore storico e naturalistico, dal 2011 il lago della Costa è stato riconosciuto come sito di interesse comunitario ed iscritto nelle liste del Patrimonio dell'Umanità UNESCO insieme ad altri siti palafitticoli dell'arco alpino.

NELLE VICINANZE. A pochi passi dal lago, sempre in località Costa, si trova un'altra fonte di acqua termale, la cosiddetta fonte Raineriana. Per proteggere e rendere agevole il suo utilizzo, nel 1829 l'arciduca Ranieri d'Austria fece costruire un manufatto simile ad un tempietto romano, con la funzione di celebrare anche le virtù terapeutiche dell'acqua che qui sgorgava. L'elegante costruzione venne progettata dal famoso architetto Giuseppe Jappelli, in stile neoclassico. Il tempietto venne demolito nel 1932 e poi ricostruito qualche anno dopo, nel 1938, da Adolfo Callegari, che si preoccupò che venisse riprodotto fedelmente quello ottocentesco.

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