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Padova da Vivere

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A cura di PadovaOggi

Prima delle vie: i nomi più strani delle antiche strade e contrade padovane

A ripercorrere la storia dei toponomastici cittadini si finisce per conoscerne i personaggi, gli episodi, le usanze, ma anche l’aspetto e la frequentazione di una zona o di una strada, quali edifici vi si trovavano. In altre parole la storia nella sua accezione più ampia, dai grandi avvenimenti alla quotidianità. Lo testimoniano le numerose pubblicazioni dedicate ai nomi vecchi e nuovi delle strade padovane, che a prima vista sembrerebbero elenchi noiosi e infiniti, ma che appena si inizia a leggere si rivelano fonti inesauribili di curiosità e aneddoti. 

“VIA I TEDESCHI”. Fino al 1847 in città non c’erano “vie” ma “contrade”, “strade”, “borghi”. Poi il Municipio – allora Padova era sotto il governo austriaco – predispose una prima sistemazione sostituendo le vecchie e antiche targhe, che impiegavano la dicitura odierna. È celeberrimo l’episodio, legato a questo evento, del cambio di nome di Borgo Tedesco. Nel convertire l’antica dicitura in via Tedesco la polizia austriaca si rese conto del significato che la targa poteva assumere, in una Padova ormai insofferente nei confronti del dominatore, che si preparava ai moti del 1848, allora decise di cambiarla in via Tedesca. Furono più veloci i cittadini, e l’indomani ce n’era già una murata che portava la dicitura “Via i tedeschi”. Gli austriaci andarono su tutte le furie e la via rimase a lungo senza nome finché non prese quello della contigua Santa Rosa.

I TOPONIMI PIU’ CURIOSI. Prima delle moderne vie, strade e contrade avevano nomi oggi impensabili. Prendiamo ad esempio il Ponte Pidocchioso, interrato assieme al canale di Santa Sofia nella metà dell’Ottocento, che si trovava nei pressi dell’Ospedale verso via San Massimo. Cosa mai gli avrà fatto meritare l’ingrata denominazione? I cronisti qui danno il meglio di sé: c’è chi dice che un uomo annegò sua moglie stanco dei continui rimproveri per la sua sporcizia, o ancora che i soldati di guardia in quella zona si mettessero a spidocchiarsi sul ponte nei momenti liberi. L’unica ipotesi che si possa leggere restando seri propone una corruzione della dicitura ponderoso, trovata in alcuni documenti dell’anno 1000. Fa sorridere oggi anche il toponimo contrada delle Ballotte, attualmente il tratto di corso del Popolo che fiancheggia palazzo Cavalli – nel Trecento pare che qui fossero prodotte e poi messe a seccare le palle di creta per le cerbottane – ma ce ne sono di molto peggiori: l’ultimo tratto di via Zabarella si chiamò nel Cinquecento “Caca in braghesse”, pare dal soprannome di un oste che aveva qua la sua locanda e l’attuale via san Polo ebbe fino al Seicento la suggestiva denominazione di Calabraghe, sporca e poco frequentata perché al tempo fuori mano. C’era poi contrada Ficcastretta, l’attuale via Caterino Davila, che a dispetto di quello che viene subito da pensare significava semplicemente “viuzza molto stretta”.

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