Proverbi veneti che cominciano con la "C", la saggezza contadina insegna
- Carta canta, vilan dormi. Quel che è scritto è quel che vale, mentre il contadino (che normalmente non sapeva scrivere) dorme.
- Ceriola nevegarola, de l'inverno semo fora, Ceriola solarola, ne l'inverno semo ancora. Se nevica alla Ceriola (corrisponde al 2 febbraio) l'inverno finisce, ma se c'è il sole l'inverno dura più a lungo.
- Chi desfa bosco e desfa pra', se fa dano e non lo sa. Chi rovina il bosco o il prato, fa il danno a se stesso e non lo sa.
- Chi magna puina, poco camina. Chi mangia ricotta, non cammina tanto.
- Chi maltrata le bestie, maltrata anca i cristiani. Chi maltratta le bestie, maltratta anche i cristiani.
- Chi no ga cuor per le bestie, no lo ga gnanca per i cristiani. Chi non ha cuore per le bestie, non lo ha nemmeno per i cristiani.
- Chi no se contenta de l'onesto, perde 'l manego e anca 'l cesto. Chi non si accontenta del giusto perde il manico e anche il cesto.
- Chi rompe de veccio, paga de novo. Chi rompe il vecchio ripaga con il nuovo.
- Chi se fa piegora, el lovo lo magna. Chi si fa pecora, il lupo se lo mangia.
- Chi spua sempre miel, ga sconto 'l fiel. Chi sputa miele tiene nascosto il fiele.
- Chi va al molin, s'infarina. Chi va al mulino si infarina.
- Chi vive sperando, more cagando. Chi vive nella speranza muore "nella merda".
- Co 'l cavelo tira el bianchin, lassa la dona e tiente al vin. Quando i capelli cominciano a imbiancare, lascia la donna e datti al vino.
- Co l'aqua toca al culo, s'impara a nuar. Quando l'acqua tocca il sedere, si impara a nuotare.