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Padova da Vivere

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A cura di PadovaOggi

I 4 patroni di Padova, non solo Sant'Antonio: San Prosdocimo da Padova

Secondo la tradizione San Prosdocimo da Padova sarebbe vissuto nel I secolo e sarebbe stato discepolo di san Pietro apostolo da cui sarebbe stato consacrato vescovo; sarebbe morto in tarda età a Padova attorno all'anno 100. Le sue spoglie sono venerate nel sacello a lui dedicato, una delle più antiche costruzioni della città. È patrono di Padova con sant'Antonio, santa Giustina e san Daniele.

La tradizione cristiana lo vuole primo vescovo della città di Padova. Secondo la tradizione, Prosdocimo sarebbe stato il secondo evangelizzatore della diocesi di Belluno, dopo sant'Ermagora, primo vescovo di Aquileia e discepolo di san Marco evangelista. La tradizione vorrebbe anche vedere in san Prosdocimo il primo evangelizzatore di Feltre. Tracce del suo passaggio si hanno anche nell'alto vicentino dove, sempre per tradizione, la sua predicazione ha convertito le genti della Val Leogra e l'insediamento della prima chiesa locale in quel di Pievebelvicino (VI) al posto dell'esistente tempio dedicato a Diana dea della caccia. Dal suo nome si deduce che era di origine elleniche: il nome Prosdocimo significa "l'atteso" in greco. Poche e tardive sono le testimonianze scritte di questo vescovo, riportate in testi agiografici pittoreschi. Le tardive fonti scritte sono anche dovute al fatto che Padova in epoca longobarda venne completamente rasa al suolo e impiegò molto tempo prima di riprendersi. Questo evento non riuscì comunque a cancellare dalla memoria dei credenti il suo primo vescovo.

La tradizione lo vuole instancabile battezzatore: l'iconografia lo raffigura con il pastorale e con una brocca, simbolo di quel sacramento. Convertì e battezzò Giustina di Padova, che fu uccisa nelle persecuzioni di Massimiano. Prosdocimo non subì il martirio ma morì in tarda età venerato e amato dalla sua gente. Nel Medioevo la città di Rieti coniò delle monete con l'immagine di San Prosdocimo; si è pertanto ipotizzato che egli avesse in qualche modo contribuito all'evangelizzazione del territorio reatino, ma l'ipotesi è rigettata dalla storiografia moderna, poiché mancano altre prove a sostegno.

 

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