Un illustre padovano vittima di Nerone
Da via Umberto I, sboccando in Prato della Valle e guardando il ponte quasi dirimpetto, la terza statua a destra nel recinto esterno è quella del nostro concittadino Trasea Peto.
Egli nacque a Padova nei primissimi anni dell'Era cristiana e morì a Roma nel 66 dopo Cristo, vittima di Nerone. Fu filosofo e storico e di lui ci resta un suo scritto su Catone d'Utica, citato dallo storico Tacito.
Trasla era uomo di ottimi costumi virtuoso e giusto. Dall'imperatore romano Claudio venne mandato proconsole in Asia e poi richiamato a Roma e nominato senatore.
Era parente dell'erica padovana Arrida, moglie di un altro Peto, Cecina, il quale, condannato a morte, esitava a liberarsi dall'infame supplizio col suicidio, tant'è che la forte donna si trafisse lei per prima con un pugnale per poi porlo al marito, dicendogli: "Cecina, non fa male".
Succeduto a Claudio il crudele Nerone, il senatore Trasea si scagliò per amor di giustizia contro le atrocità del tiranno e sdegnato si allontanò dall'aula senatoriale. Era tale la sua fama di virtuoso che perfino Nerone rimase indeciso se condannarlo, ma istigato da altri nemici del giusto lo condannò a morte.
Tacito scrivendo di lui disse: "Nerone ha ucciso in lui la stessa virtù", parole che si leggono ripetute sulla base della statua, opera dello scultore Francesco Andreosi.