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Padova da Vivere

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A cura di PadovaOggi

Via Zabarella, 17 giugno del 1974: Mazzola e Giralucci uccisi dalle Brigate Rosse

Non ci sono solo primati positivi nella storia di Padova, non solo grandi progressi scientifici, splendidi edifici e meravigliose opere d'arte. Il 17 giugno del 1974, il centro città fu teatro di una svolta nella brutale storia degli Anni di Piombo, il primo atto di una deriva che avrebbe portato la violenza politica di quegli anni, come una diga che si infrange, a livelli di autentico terrore per i dieci successivi. Alle 9.30 del mattino di quel giorno di fine primavera, cinque persone incappucciate fecero irruzione nel civico 24 di via Zabarella: i cinque erano armati di pistole munite di silenziatore, e sfoggiavano una tattica degna di un commando paramilitare.

Ovviamente, la scelta del luogo per un'azione tanto ben congegnata non era casuale. Via Zabarella 24 era infatti la sede cittadina del Movimento Sociale Italiano, per i digiuni di storia repubblicana un partito di estrema destra facente capo a Giorgio Almirante, che in quegli anni stava vedendo i suoi consensi crescere verticalmente soprattutto fra i giovani... impossibile pensare, dunque, che una sede di partito cittadina fosse vuota a quell'ora del mattino, specie data la particolare situazione politica. Infatti, non lo era: due attivisti, quel mattino, erano intenti all'amministrazione in quell'ufficio, il sessantenne ex carabiniere Giuseppe Mazzola e il non ancora trentenne Graziano Giralucci, agente di commercio da poco divenuto padre, rugbista e fra i fondatori del neonato Cus Padova. Trovatisi al cospetto dei due, i membri del commando non esitarono a premere i grilletti delle loro pistole. Tempo pochi minuti, e la sede di via Zabarella era vuota, stavolta sul serio; solo due uomini a terra testimoniavano il blitz, due uomini caduti senza sapere perchè, in una calda mattina di fine primavera.

L'opinione pubblica non dovette attendere molto per scoprire chi fosse il responsabile dell'attentato di via Zabarella: il giorno seguente una telefonata anonima alla sede padovana del Gazzettino e due biglietti di rivendicazione spazzarono dall'orizzonte ogni dubbio, se ancora ne rimanevano. A uccidere erano state le Brigate Rosse, ed erano quelli di Mazzola e Giralucci i primi due omicidi compiuti dall'organizzazione terroristica di estrema sinistra, i primi di una serie di non meno di 84 delitti che avrebbero insanguinato le strade italiane fino al 2003. Restava, però, un inquietante interrogativo: perché? Le rivendicazioni e, in seguito, le testimonianze, tennero a spiegare che il blitz era stato organizzato per sottrarre dalla sede Msi importanti documenti, e, non in ultimo, per intimidizione. Per "segnare il territorio", dunque... ma allora gli omicidi? Quelli erano stati un errore, un incidente di percorso, e come lo stesso Renato Curcio, fra i fondatori delle Br, ebbe a dichiarare in seguito, "un imbarazzante incidente di lavoro" e "un disastro politico".

Padova non fu più la stessa dopo quel 17 giugno: la lotta politica in città si radicalizzò e si fece più violenta di quanto già non fosse; la città si divise spontaneamente in quadranti, in zone, quelle "nere" e quelle "rosse", e le manifestazioni violente, i pestaggi, gli attentati, per non dire di peggio, si fecero quasi all'ordine del giorno, in un clima che difficilmente avrebbe abbandonato la città. Chi oggi ha trent'anni, forse, ricorda ancora la sua adolescenza in un mondo spaccato in due, in una città mezza nera e mezza rossa dove certe zone erano percorribili e altre decisamente no per i membri dell'una o dell'altra fazione, e questo fino a tutti gli anni '90.

Il duplice omicidio Mazzola Giralucci, però, non ebbe effetto solo su Padova, ma sull'intero paese: il 17 giugno del 1974, fra le strette vie del centro di Padova, i brigatisti ruppero un argine, varcarono un confine dal quale difficilmente si torna indietro, capirono che l'omicidio poteva, e dal loro punto di vista doveva, essere usato come arma politica, e nel caso specifico usando ancora le parole di Curcio "Bisognava far sapere che le Br, se necessario, uccidevano". Oggi siamo in grado di interpretare i fatti di quegli anni con il senno del poi, e il risultato è uno, semplice e lampante: concetti come "intimidazione", "invasione del territorio", "credibilità politica", "incidente di lavoro"... sparate concepite per costituire uno sgravio di responsabilità, ma che non fanno che rendere ancora più odioso un delitto già orrendo di per sé. Con che coraggio, quale malata prospettiva si liquida il fatto d'aver tolto la vita a una persona come "incidente di percorso"?

A terra, quel giorno come molti altri giorni prima e dopo di quello, restarono due persone con una vita, affanni, gioie ed affetti, due uomini il cui colore politico è solo l'ultimo di una lunghissima, più umana e immediata serie di aggettivi, fanalino di coda che non vale la pena di tenere in considerazione in qualsiasi circostanza che non sia una civile discussione. Oggigiorno, ci piace considerare (o meglio sperare) di aver imparato questo concetto, ma all'epoca, purtroppo, i cinque brigatisti non ritennero di recepire quella lezione già milioni di volte insegnata dalla storia. Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci furono i primi della infame serie di caduti per mano delle Br... triste pensare che proprio le strade di Padova abbiano riservato loro un destino tanto disumano.

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