rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Traffico illecito di rifiuti, sei arresti: inchiesta avviata dopo la morte di 4 dipendenti

Le indagini sono iniziate in seguito al tragico incidente che è costato la vita ai lavoratori il 22 settembre 2014

Associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti: questa l'accusa che ha fatto scattare, all'alba di domenica, sei arresti nell'ambito di un'inchiesta condotta dei carabinieri dell'Unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare, coordinati dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Venezia Giovanni Zorzi. Le indagini sono iniziate in seguito al tragico incidente che è costato la vita a quattro lavoratori, il 22 settembre 2014, uccisi dalla nube tossica che si è sprigionata mentre veniva scaricata un'autocisterna di anidride solforica in una vasca di stoccaggio dei fanghi dell'impianto polesano della ditta Coimpo che sorge nella frazione di Ca' Emo, ad Adria, in provincia di Rovigo. I sei arrestati sono i responsabili dell'azienda e dell'altra azienda sorella che lavorava nello stesso impianto, la Agribiofert.

IL PROCESSO.

Oltre al processo, attualmente in corso, per l'ipotesi di reato di omicidio colposo legato alla tragedia sul lavoro del settembre 2014, che vede gli stessi sei indagati imputati insieme ad altre due persone, nel settembre dello scorso anno è deflagrata un'altra inchiesta analoga a quella della Dda veneziana, condotta però dalla Dda di Firenze, che contesta alla Coimpo l'esercizio abusivo di un'attività organizzata per le gestione di circa 13mila tonnellate l'anno di fanghi di depurazione contenenti sostanze pericolose o comunque inquinanti derivanti da cicli industriali incompatibili con un reimpiego in agricoltura, sversati nella campagna toscana fra 2013 e 2015 ottenendo un ingiusto profitto di poco meno di 2 milioni di euro.

LE INDAGINI.

Il GIP di Venezia ha disposto il sequestro preventivo dello stabilimento CO.IM.PO. ubicato in loc. Ca’ Emo nel comune di Adria (Rovigo) nonché di 280 ettari di terreni agricoli ubicati nei comuni di Adria e Pettorazza Grimani in provincia di Rovigo che venivano utilizzati per lo smaltimento di enormi quantità di questi fanghi che solo sulla carta avevano subito il processo di trattamento ai fini di un loro corretto recupero; disposto anche il sequestro di 9 mezzi di trasporto di proprietà della stessa CO.IM.PO. srl e di altri 57 mezzi agricoli di proprietà di undici imprese diverse ma tutti utilizzati per il trasporto illegale di questi rifiuti. Il valore dei beni sottoposti a sequestro viene stimato in circa 20 milioni di euro. L’esame della copiosa documentazione ha consentito di evidenziare molti episodi di gestione illecita dei rifiuti che in quell'impianto venivano fatti pervenire. Nei quattro anni dal 2010 al 2014 si erano “volatilizzate” oltre 150.000 tonnellate di fanghi (pari a circa seimila camion di rifiuti); l'impiego in agricoltura di questi fanghi rappresentava solamente il 23% dei rifiuti che in precedenza erano stati accettati nell'impianto. I rifiuti che giungevano in impianto, infatti, non venivano scaricati nelle preposte aree di stoccaggio per poi essere avviati alle lavorazioni bensì venivano riversati direttamente all’interno delle vasche destinate a contenere i fanghi già lavorati; da qui i fanghi venivano subito prelevati ed avviati allo spandimento sui terreni agricoli.

IL PROFITTO.

La motivazione dei comportamenti illeciti si individua nell’ingiusto profitto (circa un milione di euro all’anno) che i proprietari delle due aziende ottenevano risparmiando sulle lavorazioni interne e riducendo al massimo i costi legati al trasporto dei fanghi fuori dall’impianto e quelli connessi alle lavorazioni dei terreni utilizzati per gli smaltimenti. Per ottenere il massimo vantaggio i fanghi venivano distribuiti sempre sugli stessi terreni limitrofi all’impianto e in quantità nettamente superiori al consentito; queste modalità irregolari venivano occultate grazie all’adozione di vari stratagemmi quali l’indicazione nei documenti di trasporto di pesi irrisori o l’utilizzo di un singolo documento per più viaggi. La distribuzione dei fanghi veniva spacciata, avvalendosi delle possibilità offerte dalle norme che regolamentano l’impiego dei fanghi in agricoltura e la produzione ed utilizzo di fertilizzanti, come apporto di sostanze nutritive e/o correttive di caratteristiche sfavorevoli (mai documentate) del terreno. Tra le molteplici condotte irregolari riscontrate le indagini hanno ricostruito anche lo smaltimento illecito di circa 1.200 tonnellate di rifiuti, spacciati per fertilizzante gesso di defecazione, sulla scorta di un responso analitico artefatto. Questo miscuglio di rifiuti, infatti, ad esito delle prime analisi ufficiali, denotava valori di mercurio superiori ai limiti fissati dalla specifica norma in materia di fertilizzanti al punto da non essere conforme e quindi non utilizzabile in agricoltura; solo dopo plurimi tentativi il sodalizio riusciva nell'operazione di predisporre un campione che, all'analisi, risultasse conforme ai parametri richiesti.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Traffico illecito di rifiuti, sei arresti: inchiesta avviata dopo la morte di 4 dipendenti

PadovaOggi è in caricamento