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Cronaca

Ezio Guerra, il padre di Mauro al processo: "La mia vita si è fermata quel giorno, quando hanno ucciso mio figlio"

Al processo a carico del maresciallo Pegoraro è il turno del papà della vittima. Momenti di forte tensione, il giudice richiama l'avvocato del carabiniere: "Ricordi che sta parlando a un padre che ha perso il figlio"

Terza udienza del processo ai danni del maresciallo Pegoraro. Il carabiniere è accusato di eccesso di legittima difesa, che ha portato alla morte del 32enne Mauro Guerra nel luglio del 2015. Il giudice ricorda alla troupe di "Un giorno in Pretura" che l’imputato non vuole essere inquadrato. Sono le 14 e 30, l’aula è quella del tribunale di Rovigo. 

Papà Ezio

E’ il turno di Ezio Guerra, testimone della parte civile, il padre di Mauro, la vittima. Risponde alle domande del giudice, degli avvocati e infine del PM. Comincia il suo difensore, Berardi che con il collega Pinelli difendono la parte civile. “Si sono presentati - ricorda il signor Guerra - due carabinieri. Era mezzogiorno più o meno. Hanno chiesto di Mauro, così ho chiesto confidenzialmente se avesse fatto qualcosa. Mi dicono che deve firmare delle carte in caserma. Lo chiamo, arriva, li vede e si salutano. Mauro chiede cosa vogliono e anche a lui loro rispondono che ci sono delle carte da firmare. Mauro a piedi li segue, era tutto tranquillo. Era caldo, una giornata caldissima. La situazione era assolutamente normale. Ci conosciamo tutti in paese”. Si entra ancora di più nel particolare di quel giorno: “Noi stavamo mangiando, io e Jacopo, mio figlio più piccolo. Era passata più di mezz’ora da che Mauro si era allontanato con i carabinieri. Poi lo sento gridare, dire ai carabinieri che non possono entrare in casa senza un mandato. Così esco a vedere cosa è successo. E vedo che, da che indossava i pantaloncini, era rimasto in mutande. Gli domando cosa fosse successo, era agitato. I carabinieri intanto insistono per entrare, ma non hanno un mandato. Mauro così mi tranquillizza e mi dice che risolve lui la questione. I carabinieri però riescono a entrare ugualmente”.

Carabinieri

L’avvocato chiede al signor Ezio se ha parlato con i carabinieri in quei frangenti: “A me non hanno detto nulla in quel momento lì. Mauro insisteva a rimandarmi in casa, diceva che avrebbe risolto lui. Alla terza volta che sento alzare le voce lui mi invita ancora a stare dentro e due carabinieri riescono a entrare. Mauro così comincia a indietreggiare e così ho cominciato a seguirlo. Allora ho chiamato mio figlio più giovane, Jacopo. Al tempo aveva 15 anni. Mauro così raggiunge la zona dietro della casa e i carabinieri raggiungono il retro”. Quando sono venuti il clima era tranquillo. Lì tutti si conoscevano, fa notare l’avvocato, che poi domanda: “Dopo che Mauro entra in casa, lei il maresciallo Pegoraro lo vede?”. Papà Ezio risponde sicuro: “Dopo, quando tutti entrano nel retro di casa nostra, vado a vedere se ci fosse qualcuno anche in strada. Avevo anche il pensiero di mio figlio piccolo a cui badare, che chiedeva preoccupato cosa fosse successo. Avevo il pensiero di entrambi, non era una situazione normale. Non ci era mai successa una cosa così”. L’avvocato Berardi gli chiede di sforzarsi ancora di ricostruire quegli attimi: “Ho cominciato a guardare verso la strada e lì ho visto il maresciallo Pegoraro. Gli chiedo, comandante, cosa ha fatto mio figlio? Lui risponde solo che è un soggetto pericoloso. Lo ha ripetuto più volte, l’unica risposta che mi ha dato. I carabinieri intanto continuavano ad andare avanti e indietro. Di quel pomeriggio ricordo la gran confusione e la gestione assurda della faccenda". 

Vita sospesa

Ha influito sulla sua capacità lavorativa la morte di Mauro, chiede il difensore di parte civile, avvocato Berardi: "Mi sembra di vivere in un incubo. Io, non sono più io. A volte mi piacerebbe vivere, parlare. Vorrei tornare a ridere, a farlo di cuore. Ma la mia vita si è fermata quel giorno". 

PM

Anche quando tocca al PM, si torna sui fatti di quel giorno. Così viene chiesto al signor Guerra per quanto tempo sono stati in casa ed emerge un altro aspetto di quella giornata: "Mauro ha chiesto di bere e il medico che intanto era sopraggiunto con una ambulanza, ha proposto di sedarlo con delle pastiglie. Ma non ho interloquito con nessuno. Nessuno mi dava spiegazioni. Un infermiere ha proposto, di concerto con i carabinieri, di mettere il sedativo nella bevanda. C’erano carabinieri in casa, carabinieri fuori. Erano dappertutto. Mauro si è rifiutato di bere perché ha capito che ci avevano messo qualcosa così l’ha svuotata nel prato, la bottiglia. E’ tutto accaduto nel retro casa, dove c’è il bilanciere, c’è la palestra di casa. E’ tutto rimasto com’era. Il bilanciere, è di questo che si sta parlando, lo batteva per terra ma non ha mai minacciato nessuno. Mio figlio è un ex carabiniere, aveva un rapporto anche di amicizia con gli agenti dell’arma del paese. Qualche cazzata l’abbiamo fatta tutti. Tra la casa e caserma ci sono 115 metri".

L'avvocato Fratucello, difensore di Pegoraro

Ora tocca al difensore di Pegoraro: la prima cosa che chiede al padre di Ezio riguarda il fatto che il padre, alla vista dei carabinieri, esclama: "Cos’hai fatto ancora, Mauro?" è una frase che si sente pronunciare dal  padre. Così l'avvocato Fratucello insisnte su quell'"ancora".  Su questo ancora si gioca la partita della difesa e che Mauro trattava male anche lui, il padre: “Voleva solo cavarsela da solo”. Ha mai intimidito i carabinieri, chiede l’avvocato, con quella mazza? Ezio fermo: “Non era una mazza ma un bilanciere. Lo batteva per terra ma non ha mai minacciato nessuno”. L'avvocato di Pegoraro, insiste sulla pericolosità della vittima, così il padre Ezio, ha risposto con molta decisione: "Mauro ha spinto solo un carabiniere fuori, e basta. Spinto con una mano, per tenerlo a distanza, non per colpirlo. E questo ha iniziato a dargli del figlio di… Un agente che non si è più visto a Carmignano. Non vedevo più mio figlio Jacopo, ero in ansia per Mauro. Una situazione surreale. Mauro scappa in direzione della chiesa. In mutande e scalzo. Mauro ha visto uno spazio tra i carabinieri e gli agenti e ci si è buttato. Ha cominciato a correre in direzione della chiesa. Correva, andava via velocissimo, nonostante fosse scalzo. Correva come un missile", conclude Ezio. "Quando ha iniziato a correre nessun carabiniere ha detto nulla. C’era la gente del paese fuori la casa. Mauro non fa nulla di aggressivo. Si vergognava di correre nudo, così, io lo conosco mio figlio. Se è scappato in quel modo vuol dire che era davvero disperato. Non ha insultato o minacciato nessuno. Ha solo cominciato a correre. E ho sentito i carabinieri dire di andarlo a prendere. Alle uniche tre persone che ha incontrato ha urlato che lo volevano arrestare e che lui non aveva fatto nulla".

Padre e figlio

Forse uno dei momentin più forti, con qualche primo richiamo del giudice all'avvocato del carabiniere imputato, Fratucello. Si insiste col voler sapere se ci fossero problemi tra padre e figlio."Il rapporto - risponde emozionato ma fermo, Ezio Guerra - che ho con Mauro? Io amavo, amo ancora mio figlio, anche i suoi difetti. Si era laureato, si stava costruendo una vita. Come tutti i giovani ha dato qualche preoccupazione, ma non più di qualsiasi altra persona. Io gli volevo bene anche per questo, l’ho visto crescere, migliorare, diventare più affettuoso anche con me. Ero fiero di Mauro. Voleva così bene a tutti noi, a suo fratello più piccolo soprattutto. Per sei mesi non sono riuscito a lavorare. Sono stato anche da un medico, una psicologa. Dovevo parlare con qualcuno, farmi ascoltare. Potevo piangere, confidarmi, potevo affrontare il mio dolore. Ci andavo quando avevo bisogno, quando mi mancavano le forze".

Il ruolo del maresciallo amico

L’avvocato di Pegoraro chiede perché Mauro ha chiesto del maresciallo Billeci: “Li ho visti parlare. Si conoscevano bene. Lui lo invitava alla calma, gli diceva che avrebbero trovato una soluzione. Ma non potevo stare ad ascoltarli sempre perché dovevo badare anche a Jacopo, il quale era spaventato”. L’avvocato insiste con la figura del maresciallo Billeci, sul ruolo che ha avuto nel tentare di risolvere la questione: “E’ venuto in casa, hanno parlato insieme. Ma non posso sapere di preciso cosa si sono detti. Non era una situazione facile, lo ripeto. Come faccio a sapere cosa si sono detti”. Non perde la calma ma soffre il signor Ezio. E’ evidente il dolore che vive nel ricordare quel pomeriggio dove, come ha dichiarato, la sua vita si è fermata.

Il richiamo del giudice

Durante l'interrogatorio del signor Ezio Guerra, sono frequenti, come detto i richiami del giudice all'avvocato Fratucello, fino a che a un certo punto il richiamo si è fatto perentorio: "Si ricordi che sta parlando a un padre che ha perso il figlio, avvocato". 

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