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Cronaca

Sgominata gang cinese dedita a rapine e sequestri di connazionali

Due i malviventi fermati questa mattina, altri sono in corso di identificazione. Si tratta di disoccupati che avevano debiti di gioco da saldare. Prima di colpire facevano sempre un sopralluogo

Rapine e sequestri da parte di criminali cinesi ai danni di commercianti connazionali. Più casi che hanno interessato da inizio anno in particolare l'Alta padovana e che avevano iniziato a destare preoccupazione tra le forze dell'ordine, sempre più convinte che i singoli episodi cominciassero ad essere sintomo di un vero e proprio fenomeno.

LA BANDA. Sospetti che hanno trovato riscontro nell'attività investigativa dei carabinieri del comando provinciale di Padova che sono riusciti a sgominare una banda di cinesi che nelle rapine e nei sequestri di persona avevano trovato una facile e proficua fonte di guadagno. Come obiettivo in prevalenza bar nonché le abitazioni spesso collocate al primo piano dell'esercizio o nelle vicinanze, dove venivano custoditi gli incassi.

DEFU Z.-2XIAOYONG C.-22 CINESI FERMATI. Su disposizione del pubblico ministero Paola De Franceschi, titolare dell’indagine, questa mattina i militari dell'arma euganea hanno eseguito il fermo di due cinesi - altri complici sono ancora in corso di identificazione -, disoccupati e con debiti di gioco da saldare, che stavano progettando altre rapine per garantirsi un consono tenore di vita a scapito dei loro connazionali che lavorano onestamente. Uno dei due era già all’aeroporto di Milano in procinto di lasciare l’Italia per fare rientro a Pechino in Cina, l’altro si nascondeva in una sorta di Chinatown a Mestre, in provincia di Venezia. Il primo è XiaoYong C., 28enne clandestino. Il secondo DeFu Z., 33enne regolarmente in Italia.

PREZIOSO AIUTO DALLE TELECAMERE. I carabinieri del nucleo Investigativo di Padova e quelli dell’aliquota operativa della compagnia di Cittadella, esaminando tutti filmati delle telecamere di sicurezza situate nei pressi degli obiettivi delle rapine erano risaliti al bandolo della matassa e cioè all’autovettura con cui i due cinesi si muovevano, solo di notte ed esclusivamente per commettere le loro scorribande.

IL COPIONE DELLE RAPINE. Il modus operandi era sempre lo stesso: diversi sopralluoghi effettuati nei giorni precedenti la rapina per accertare l’orario e di apertura di chiusura, il numero delle persone presenti a servire, eventuali elementi di disturbo, come allarmi o vigilanza, la frequenza dei depositi e le modalità con cui venivano gestiti gli incassi. Poi l’assalto al locale, sempre a ridosso dell’orario di chiusura, armati di pistole e di coltelli da cucina. Il momento propizio veniva scelto in funzione del fatto che non ci fosse nessuno nei paraggi. Non era necessaria l’adozione di un travestimento particolare poiché confidavano sull’impunità garantita dalla enorme difficoltà di svolgere indagini nel “mondo” dei cinesi, dettata anche dal fatto di potersi esprimere in dialetti che pochi riescono ad interpretare.

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