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Cronaca

Giudice nega udienza a richiedente protezione internazionale e alla sua legale: «Potrebbe essere contagioso»

Positivo al mantoux, uno dei principali test per individuare la tubercolina, gli viene somministrata la profilassi, come sempre in questi casi. Lavora e vive in un Cas ma il giudice pretende un certificato che attesti non sia "infettivo"

In programma un’udienza come ce sono tante ogni giorno. Un legale, l’avvocata Aurora D’Agostino nella fattispecie, accompagna un giovane nigeriano ospite in un Cas a Padova, per un ricorso in materia di protezione internazionale, a suo tempo negata. L’udienza, fissata per mercoledì 16 ottobre, si dovrebbe svolgere presso il tribunale di Venezia. A officiarla l’avvocato Mauro Brambullo, che assume in questo caso la figura del GOT, un magistrato non togato.

Mantoux

Il giovane africano è risultato positivo al mantoux, uno dei principali test per individuare la tubercolina. Utilizzato in tutto il mondo, in larga misura sostituendo test multipli di punture, per individuare se il soggetto è positivo oppure no, gli viene prescritta la profilassi per evitare che la malattia si sviluppi. Il trattamento viene quindi effettuato, come in centinaia di casi ogni giorno.

GOT

Il giudice, a conoscenza della questione visto che è una problematica davvero diffusa si rivolge all’avvocata per chiederle un’attestazione che dichiari che il giovane non sia infettivo. «Il soggetto in questione, non ha mai sviluppato la malattia - spiega l’avvocata D’Agostino - il fatto è che questo ragazzo come tutti gli altri africani che arrivano o vivono in Italia, vengono sottoposti al test e alla terapia. E’ una procedura consolidata, automatica. Sono accolti in dei Cas dove vivono ammassati. Ha pure lavorato, nel caso specifico questa persona faceva pulizie in uffici pubblici. Se fosse stato ammalato non lo avrebbero di certo impiegato per certe mansioni, in luoghi frequentati da tante persone».

Legale

«Dal punto di vista - spiega l’avvocata D’Agostino - giuridico e legale, è molto grave che venga subordinato l’indirizzo di difesa in una materia così importante. Assurdo, per quel che ne so io, non c’è precedente di questo tipo. È chiaramente una misura discriminatoria, io mi occupo di “penale” ogni giorno, nessuno Nessuno mi ha mai chiesto un certificato di guarigione e non infettività, in tutta la mia vita professionale. E’ chiaro che è una misura discriminatoria, io non trovo altre motivazioni a questo tipo di comportamento». Cosa succede adesso? OItre al rinvio dell’udienza? «Farò la a segnalazione al presidente del tribunale di Venezia e al consiglio giudiziario ( organo locale di disciplina dei magistrati)».

Protocollo

«Questa - conclude l’avvocata D’Agostino - è l’applicazione del cd. “Protocollo d’intesa” che due anni fa fu siglato a Venezia tra presidente tribunale e ordine e contro cui vi furono vibrate proteste. Se avesse avuto la tubercolosi, avrei chiesto un permesso per motivi di salute ».

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