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Cronaca

Isabella Noventa, condannato a otto mesi il maresciallo Verde, ex compagno di Debora

Il tribunale militare di Verona lo ha condannato ad otto mesi di reclusione militare per "ritenzione di oggetti di armamento militare aggravata"

Il maresciallo Giuseppe Verde, in servizio presso il norm della compagnia carabinieri di Padova ed ex compagno di Debora Sorgato - implicata nel delitto di Isabella Noventa (la segretaria 55enne di Albignasego scomparsa lo scorso 15 gennaio) e in carcere, come suo fratello Freddy e la tabaccaia veneziana Manuela Cacco, con le accuse di omicidio premeditato e occultamento di cadavere in concorso - è stato condannato dal tribunale militare di Verona ad otto mesi di reclusione militare per "ritenzione di oggetti di armamento militare aggravata"

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MARESCIALLO CONDANNATO Il 28 aprile scorso, infatti, gli agenti della squadra Mobile perquisirono un armadietto in uso al militare nella caserma di via Rismondi, trovando - e sequestrando - 31 cartucce calibro 9 parabellum Nato e un caricatore che, lì, non ci dovevano stare. 

LE DICHIARAZIONI: "Debora odiava Isabella"

L'INIZIO DEI GUAI. I guai giudiziari del maresciallo Giuseppe Verde, in servizio al norm della compagnia carabinieri di Padova, scaturiscono, indirettamente, dalle indagini connesse al delitto di Isabella (gli inquirenti ritengono il carabiniere del tutto estraneo all'uccisione della donna). Tutto ebbe inizio il 7 marzo scorso: l'ex compagna, Debora, era stata da poco arrestata - così come Freddy e Manuela - per l'omicidio della segretaria, quando il militare fece una telefonata ai colleghi, invitandoli a perquisire il suo appartamento, sullo stesso pianerottolo di quello di Debora e in uso alla donna; in quell'occasione, vennero rinvenuti 124mila euro in contanti in uno scatolone e, sotto un piumone, due pistole, una Beretta 65 con il colpo in canna e una Astra spagnola con 51 proiettili; denaro e armi appartenuti a Debora di cui Verde non si sarebbe accorto fino ad allora.

LA LETTERA: "Sono stato tradito da Debora"

LA PERQUISIZIONE IN CASERMA E LE ACCUSE. La situazione, già complessa per il carabiniere, si aggravò ulteriormente il 28 aprile successivo, quando la squadra Mobile perquisì gli spazi in uso al militare nella caserma di via Rismondi: in quell'occasione, vennero rinvenuti le cartucce e il caricatore incriminati, un iPad e alcuni scritti sulla sua relazione con Debora. Gli accertamenti portarono a scoprire anche del materiale informatico: informazioni, secondo gli inquirenti, legate a Isabella Noventa, e probabilmente passate a qualcuno, forse a Debora (all'epoca, Isabella aveva denunciato di essere vittima di stalking e i sospetti si erano concentrati proprio su Debora e Manuela Cacco, ora indagata anche per quella vicenda). Di qui, l'iscrizione del militare nel registro degli indagati anche per violazione del segreto d'ufficio e accesso abusivo alla banca dati delle forze di polizia cui fece seguito, nei giorni successivi, un lungo interrogatorio di fronte al pm Giorgio Falcone e all'allora capo della squadra Mobile Giorgio Di Munno.

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