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Cronaca

Migrante morto al Cpr di Gradisca, i primi risultati autoptici. Fsp: «Valutiamo querele»

Per il decesso del georgiano Vakhtang Enukidze nella struttura gestita da Edeco in cui operano anche poliziotti padovani la procura ha aperto un'inchiesta per omicidio volontario

Il 38enne georgiano Vakhtang Enukidze deceduto il 18 gennaio all'ospedale di Gorizia non sarebbe morto a causa di percosse. Sono i primi risultati resi noti dopo l'autopsia, che parrebbero escludere l'ipotesi del pestaggio subito da parte di alcuni agenti di polizia. Immediata la reazione della Federazione sindacale di polizia: «Ci aspettiamo che anche l’amministrazione reagisca a questi attacchi ingiustificati, gratuiti, odiosi e inammissibili».

I fatti

Il 18 gennaio Vakhtang Enukidze, georgiano detenuto a Centro per i rimpatri di Gradisca d'Isonzo, viene trovato esanime nella struttura gestita dalla cooperativa Edeco (la stessa dei centri di Bagnoli e Cona) e aperta da appena un mese. Viene trasferito al nosocompio di Gorizia dove ne viene decretato il decesso per arresto cardiaco. Quattro giorni prima era rimasto coinvolto in una rissa con almeno un altro detenuto ed erano intervenute le forze dell'ordine. I poliziotti, a detta di altri detenuti a cui avevano dato voce alcune associazioni, avrebbero picchiato il georgiano poi finito per due giorni in carcere prima di tornare al Cpr.

L'autopsia

Sulla salma è stata disposta l'autopsia che il 27 gennaio ha portato ai primi risultati. La morte non sarebbe legata alle percosse ma a un edema polmonare. Mancano ancora gli esiti degli esami istologici e tossicologici, per i quali serviranno ancora alcuni giorni, che la procura ritiene essenziali prima di potersi pronunciare sulla causa del decesso, sposando per il momento la linea della cautela.

Fsp: «Non escludiamo querele»

L'assenza di evidenti segni di percosse sul cadavere ha invece immediatamente suscitato la reazione del sindacato di polizia Fsp, già estremamente critico circa le condizioni del Cpr definito "una bomba a orologeria". Nel centro quotidinamente lavorano almeno una decina di agenti in forze ai reparti mobili padovani. «I primi esiti dell’esame autoptico hanno consentito di escludere che la drammatica morte del cittadino georgiano sia dipesa da lesioni conseguenti a percosse, e anche se ancora chi di dovere deve svolgere il proprio lavoro fino in fondo, una cosa è certa: c’è chi attacca per partito preso l’operato delle forze di polizia avanzando sospetti e persino accuse pesantissime» spiega il segretario generale Valter Mazzetti «Un atteggiamento inammissibile che attenta alla fiducia che i cittadini ripongono in chi porta la divisa. Come Fsp abbiamo dato mandato al nostro ufficio legale perché valuti l’esistenza dei presupposti per sporgere querela contro chi ha addebitato la morte a un presunto pestaggio».

La richiesta di scuse

Il sindacato chiama in causa anche le istituzioni: «Ci aspettiamo che anche l’amministrazione reagisca a questi attacchi non solo a parole ma con i fatti» prosegue Mazzetti «Operiamo in contesti come quello del Cpr, in situazioni difficilissime e insicure. Sopportare anche i deliri di chi non esita a strumentalizzare una morte a fini propagandistici è troppo. Attendiamo le scuse per i poliziotti e che cessi questa continua campagna d’odio». «Quanto successo dovrebbe essere di monito a quanti noncuranti della verità preferiscono attribuire responsabilità alla polizia. Agli uomini del reparto mobile di Padova chi restituirà oggi la dignità e la serenità di cui sono stati brutalmente privati?» chiosa il vicario regionale Maurizio Ferrara.

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