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Cronaca Selvazzano Dentro

Spara e uccide il padre, per la procura è omicidio volontario premeditato

Si aggrava la posizione del figlio 16enne di Enrico Boggian, l'imprenditore freddato da un colpo di fucile sparato a distanza ravvicinata, nella sua villetta di Selvazzano Dentro

Il 16enne che venerdì scorso con un colpo di fucile sparò ed uccise il padre Enrico Boggian nella villetta di Selvazzano Dentro è accusato di omicidio volontario premeditato. Come riportano i quotidiani locali né il gip né la procura hanno mai creduto all'accidentalità dei fatti e hanno messo nero su bianco le motivazioni del provvedimento.

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CARCERE MINORILE. Il giovane si trova rinchiuso nel carcere minorile Santa Bona di Treviso (dove ha incontrato la madre) su disposizione del giudice del tribunale dei minori di Venezia Valeria Zancan, in virtù di una possibile - secondo il gip - reiterazione del reato (visto che non risulta al momento un movente).

L'ARMA "DIMENTICATA IN BAGNO". Dalle dichiarazioni rese dall'adolescente: quella mattina non era andato a scuola per un mal di pancia; aveva raggiunto l'abitazione dei nonni, distante poche centinaia di metri dalla propria, e qui, in camera da letto, aveva trovato il fucile, sottratto "per fare uno scherzo a papà"; lo aveva nascosto nel bagno e aveva pranzato con il padre, "dimenticandosi", nel frattempo, dell'arma; più tardi era tornato in bagno per cambiarsi i calzini e se ne era ricordato; l'aveva imbracciata a mo' di mitra e l'aveva puntato alla testa del padre, disteso in relax sul divano della taverna, facendo fuoco; erano le 13.45.

L'AUTOPSIA. L'esame autoptico - affidato dal pubblico ministero Monica Mazza e svoltosi alla presenza del dottor Paolo Fais, consulente incaricato dall'avvocato difensore del sedicenne, Ernesto De Toni - avrebbe rivelato che il decesso dell'uomo sarebbe avvenuto nel giro di un minuto e che nulla sarebbe stato possibile per salvargli la vita, neppure se i soccorsi fossero stati allertati nell'immediato. 

FUCILE "ARMATO" DAL FIGLIO. Ad uccidere Boggian, un unico colpo, letale, esploso da una distanza ravvicinata, al massimo mezzo metro. Il proiettile avrebbe provocato un piccolo foro sul lato sinistro della testa dell'uomo, andando a conficcarsi nella parte destra della scatola cranica, dove si sarebbe spaccato in due. L'arma, di proprietà del nonno, sarebbe stata carica, ma, a renderla in grado di uccidere, sarebbe stato il ragazzo: sarebbe stato lui, infatti, a inserire il proiettile in canna.

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