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Cronaca

Iva non pagata per 58 milioni: così padre e figlio evadevano il Fisco dal 2015

Promotori dell'associazione a delinquere finalizzata all'evasione Iva sono Francoise Borgato, classe 1968, e il figlio trentenne, Mattia Borgato. Su loro pendono ben 63 capi di imputazione

Oggi, 26 gennaio, dalle prime luci dell'alba i finanzieri del comando provinciale di Bolzano, coordinati dal tenente colonnello Giuseppe Dinoi con il supporto dei colleghi di Padova, Rovigo, Venezia, Vicenza, Lecco, Bologna, Milano e Roma, stanno notificando un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 18 persone, indiziate, allo stato delle indagini, dei reati di associazione a delinquere, finalizzata alla frode Iva intracomunitaria, al riciclaggio e auto riciclaggio. In provincia di Padova sono state arrestate quattro persone a Polverara, Sant'Angelo di Piove di Sacco. Padova e San Giorgio delle Pertiche. Altri due arresti hanno riguardato la provincia di Vicenza. 

Padre e figlio

Capi e promotori dell'associazione a delinquere finalizzata all'evasione Iva sono Francoise Borgato, classe 1968, e il figlio trentenne, Mattia Borgato. «E' emersa una notevole capacità dei Borgato di creare società fasulle, avvalendosi, approffittando delle condizioni di marginalità e tossicodipendenza, di utilizzare quali prestanomi, persone che per poche migliaia di euro hanno venduto quanto ancora di valore avevano: la loro identità, accettando di essere nominati amministratori dai Borgato stessi», recita l'ordinanza. 

Le indagini

Le indagini, condotte sotto la direzione del European Public Prosecutor Office (EPPO) della sede di Venezia ed eseguite dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e del Gruppo del capoluogo altoatesino, hanno avuto inizio nel 2020 nel settore del commercio di materiale da cancelleria e di consumo per le apparecchiature di stampa. In tale contesto, il prezzo praticato per la vendita di tali prodotti, particolarmente conveniente e non in linea con i prezzi di mercato, richiedeva specifici approfondimenti di indagine. L'attività ha fatto emergere un'articolata frode, architettata da due imprenditori di origine padovana promotori di un’associazione per delinquere composta da oltre 30 indagati che, avvalendosi di un reticolo di società dislocate prevalentemente nel triveneto e in numerosi Paesi dell’Unione Europea, curavano l’importazione in Italia di tali prodotti, sistematicamente omettendo il versamento dell’Iva dovuta. Il fraudolento meccanismo di evasione dell’Iva comunitaria ha consentito ai due imprenditori ed ai loro principali fiancheggiatori di rivendere i prodotti importati a prezzi estremamente vantaggiosi, con alterazione dei principi di leale concorrenza sul mercato.

"Teste di legno"

Gli indagati avevano attribuito la titolarità formale delle circa 30 società coinvolte nella frode, a “teste di legno”, persone per lo più indigenti, tossicodipendenti e socialmente disagiate e molto probabilmente ignare delle conseguenze derivanti da fittizie intestazioni di società. A tali soggetti, secondo l'accusa sarebbe ricondotto, il debito Iva nei confronti dell’Erario. Chi ha escogiatao la truffa era ben consapevole che l’Iva non sarebbe stata versata e che ogni tentativo di recupero dell’imposta evasa si sarebbe rivelato vano, trattandosi di soggetti senza alcun patrimonio aggredibile. Gli indagati avevano costituito ulteriori società “cassaforte”, con l’intento di schermare l’importante patrimonio. Stiamo parlando tra l'altro di una Ferrari in provincia di Rovigo, numerose altre supercar e beni immobili di pregio. Beni questi acquisiti utilizzando i profitti della frode, stimato in oltre 58 milioni di euro. L’attività di riciclaggio veniva finalizzata a remunerativi investimenti, sia in Italia che all’estero, nel settore turistico, nel campo della ristorazione, nel campo immobiliare, e anche per l’acquisto di cripto-valute. 

Tempistiche

Salta all'occhio la circostanza che è dal 2015 che i Borgato perpetrano questo tipo di truffe, di cui sono chiamati a rispondere solo oggi, dopo aver agito indisturbati per otto anni per via delle lungaggini giudiziarie e del rimpallarsi delle indagini tra la procura di Bolzano e la super procura europea. 

Orologi di valore sequestrati nel corso dell'operazione

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