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Cronaca Codevigo

Pesca abusiva in laguna: 24 gli arresti, anche due fratelli padovani

La finanza di Venezia ha scoperchiato un enorme giro di vongole di frodo che coinvolge il 3% del pescato nazionale. Sequestrate tre aziende venete. Indagini su legami con la malavita organizzata in Campania e Sicilia

Un terremoto che parte dalla laguna per poi allargarsi anche ad altre città italiane, tra cui Codevigo, nel Padovano. Addirittura le scosse telluriche arrivano fino a Barcellona, dove parte delle vongole veraci di frodo pescate sono state commercializzate. Quella scoperchiata dal reparto aeronavale della Guardia di Finanza di Venezia è un'associazione a delinquere che si stima abbia immesso in commercio in nero il 3% delle vongole italiane. Una quantità ingente, che dalla laguna di Venezia raggiungeva poi diverse città in Emilia Romagna, Lazio, Campania e Sicilia. Oltre che, come detto, Barcellona (e in precedenza Saragozza).

CAPPAROSSOLI ILLEGALI. Erano tutti molluschi di frodo (per la precisione si trattava dei cosiddetti "capparossoli"), pescati spesso in aree inquinate di Giare di Mira, Porto Marghera, Tronchetto e Chioggia, o zone sottoposte a ripascimento. Insomma, in questo caso l'interesse del consumatore passava in secondo piano rispetto al guadagno facile. E i ripetuti sequestri che negli anni le forze dell'ordine hanno inanellato impallidiscono rispetto all'organizzazione che è stata disarticolata all'alba di martedì: sette gli arrestati finiti in carcere, diciassette quelli ai domiciliari, sedici i raggiunti dall'obbligo di dimora. Ma ci sono anche tre aziende sequestrate (due della provincia di Rovigo e una della provincia di Venezia), un casone di fronte al porto di Chioggia requisito, sedici pescherecci con relative attrezzature vietate cui sono stati apposti i sigilli delle fiamme gialle. Un valore totale che supera i cinque milioni di euro. Ventinove le società responsabili, secondo gli inquirenti, di ricettazione e frode in commercio. Perché in tanti lucravano poggiandosi su chi non solo pescava in acque vietate, ma lo faceva distruggendo l'ecosistema lagunare. Venivano usate "gabbie", "pompette", "vibranti": tutti strumenti che causano il violento sommovimento dei fondali.

2 FRATELLI DI CODEVIGO. Le indagini sono durate oltre due anni attraverso pedinamenti, intercettazioni, tracciamenti GPS e anche qualche rocambolesco inseguimento in laguna. Accertamenti sono in corso anche sul fronte del possibile interessamento della malavita organizzata. Sette le persone sottoposte a custodia cautelare in carcere: da una ditta di Porto Viro sono finiti in manette un 58enne di Porto Tolle (in provincia di Rovigo), un 40enne di Mesola (Ferrara), un 44enne di Chioggia; per quanto riguarda invece la ditta del Polesine a visitare una cella è stato un 47enne di Mesola (Ferrara), titolare dell'azienda. Da Cavallino, infine, sono stati arrestati un 64enne, un 53enne, e un giovane di 39 anni. I domiciliari sono invece scattati per due fratelli di San Pietro in Volta, responsabili di una ditta di Chioggia, un veneziano, due residenti di Cavallino, tre chioggiotti, due fratelli padovani di Codevigo e cinque grossisti di Roma, Torre Annunziata, Mugnano di Napoli, Palermo e Catania. Obbligo di dimora anche per un commerciante di Codigoro, in provincia di Ferrara. Infine, sono stati sottoposti ad obbligo di dimora (ma solo dalle 22 alle 7) anche una quindicina tra pescatori e “guardie”, tutti provenienti dall'isola di Burano.

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