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Cronaca Sant'Elena

Sequestrati beni per oltre 10milioni di euro al "re" delle truffe

Ancora guai per William Alfonso Cerbo, di 48 anni, legato ad una delle famiglie più importanti di "Cosa nostra" di Catania. Muoveva le fila dal piccolo comune di Sant'Elena nella bassa padovana, acquistando partite di merce di ogni tipo senza mai pagare

Duro colpo al patrimonio in possesso di un pezzo da novanta di un clan catanese legato a Cosa Nostra. Sequestrati beni per oltre 10 milioni di euro a William Alfonso Cerbo, di 48 anni, volto noto alla giustizia. L'indagato aveva scelto come base logistica dei suoi traffici illeciti il comune di Sant'Elena nella bassa padovana. Lui fisicamente non si è mai visto, ma dalla Sicilia era comunque in grado di muovere a suoi piacimento le fila grazie a persone compiacenti che lavoravano per lui. La Polizia di Stato di Padova e la Guardia di Finanza di Padova, attraverso il personale della Divisione Anticrimine della Questura e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, hanno dato  esecuzione  a  un  decreto  di confisca, emesso  dalla  Sezione  Distrettuale delle  Misure  di Prevenzione  del  Tribunale  di Venezia,  su proposta del questore di Padova, a seguito di accertamenti patrimoniali a carico di un soggetto legato a un clan catanese di “Cosa Nostra”, al cui esito è emersa una disponibilità di beni, a lui indirettamente riconducibili, dal valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati ovvero ritenuti  frutto del reimpiego di provviste illecite. Il  provvedimento in esame, allo stato non definitivo, ha consentito di confiscare le quote di 17 società di capitali, 13 immobili e 3 terreni, siti nelle province di Belluno, Milano, Venezia e Vicenza, nonché 3 autovetture, per un valore complessivo quantificato in 10 milioni e 700 mila euro. I beni sottoposti a vincolo sono stati affidati all’amministratore giudiziario nominato dal tribunale di Padova. 

Padova base logistica

Le indagini patrimoniali, eseguite dalla Divisione di Polizia Anticrimine della Questura di Padova e dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Este, hanno riguardato un uomo gravato da diversi  precedenti, tra cui  spiccano una condanna emessa dalla Corte di Appello di Catania, divenuta irrevocabile nel dicembre 2022, in ordine, tra l’altro, al reato di associazione mafiosa, e un’ulteriore, recente condanna del tribunale di Rovigo, confermata in secondo grado, nonostante la sentenza non fosse ancora passata in giudicato, per i reati di associazione per delinquere e truffa. L'indagato, già  sottoposto a una misura di prevenzione patrimoniale definitiva, emessa dall’autorità giudiziaria di Catania, è stato ritenuto socialmente pericoloso dai giudici lagunari sulla scorta delle previsioni del cosiddetto "Codice antimafia". Questa pericolosità si è manifestata, da ultimo, nella provincia di Padova, dove si sarebbe radicata la base organizzativa di un complesso sistema piramidale di imprese,  considerate dirette da quest’ultimo, strumentalmente utilizzate per perpetrare truffe nel nord Italia. 

Beni spropositati

E' stata ravvisata, inoltre, la sussistenza del requisito oggettivo della palese sproporzione tra gli esigui redditi dichiarati nell’ultimo quinquennio e il valore del patrimonio riconducibile all'indagato accumulato tra il 2018 e il 2022, ritenuto anche frutto del reimpiego di profitti illeciti, di cui non è stata adeguatamente giustificata la legittima provenienza. Gli accertamenti svolti, quindi, hanno permesso di dimostrare che parte dei beni erano detenuti, tra l’altro, con l'ausilio di 17 società di comodo che nella giornata odierna sono state oggetto di confisca di prevenzione delle quali, con sede nella provincia di Padova, già destinatarie, nel maggio 2022, di informazioni interdittive antimafia emesse dal prefetto. Tali società sarebbero state impiegate come veicolo per commettere una serie di truffe a danno di ignari fornitori che,  rassicurati da artificiosi dati di bilancio e da insospettabili prestanome, avevano ceduto merci, per importi significativi, senza vedersi riconosciuto il prezzo di vendita. 

Il modus operandi

Il centro nevralgico di tali condotte  truffaldine  si  trovava  nel  padovano,  nonostante fosse stata formalmente stabilita la sede legale delle società anche in altre province (tra cui  Brescia, Catania, Milano, Monza, Roma, Siracusa, Torino, Udine e Venezia), al fine di rendere più difficoltosa la ricostruzione dell’attività criminale. Pertanto, grazie alla valorizzazione di tutti gli elementi acquisti dagli inquirenti, è stato possibile ricondurre i beni al destinatario della misura di prevenzione della confisca, eseguita dalle Fiamme Gialle e dalla Polizia di Stato. L’operazione congiunta della Guardia di Finanza e della Questura di Padova rientra in una più ampia strategia di aggressione delle ricchezze di origine illecita, perseguita utilizzando gli incisivi strumenti offerti dalla normativa antimafia, e assume anche un rilevante valore “sociale”, consentendo di restituire alla collettività patrimoni accumulati nel tempo dalla criminalità.

Le parole del prefetto Francesco Messina

«Un’azione di contrasto alle mafie che possa definirsi davvero efficace non può oggi non considerare l’attacco ai patrimoni illecitamente acquisiti. L’odierna operazione di polizia condotta dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza di Padova si inscrive perfettamente in un modello di contrasto caratterizzato dall’incisività sulla provvista illecitamente accumulata. L’ingente ammontare del valore dei beni sottoposti a confisca attesta oltremodo la forte capacità di accumulo dei patrimoni illeciti. La minaccia mafiosa in territori come il Veneto si manifesta sotto forma di investimenti in attività economiche che consentono il riutilizzo di somme di illecita provenienza. Lo strumento repressivo caratterizzato dalla esecuzione di provvedimenti custodiali, ottenuti a seguito di rigorose indagini, in aree geografiche ove l’agire mafioso non assume le caratteristiche tipiche del fenomeno così come si manifesta nei territori in cui è endemico può non bastare; il ricorso all’uso del potere di prevenzione, e dunque di ablazione patrimoniale, completa e rafforza gli effetti dell’azione di contrasto finendo per impoverire organizzazioni criminali che private del loro potere economico si inteboliscono. D’altro canto il ricorso a tale strategia di contrasto produce effetti virtuosi anche sotto il profilo general preventivo costituendo un formidabile ostacolo alla realizzazione del pericolo di infiltrazione delle mafie nell’economia veneta».

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