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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Mose, ombra tangenti sugli appalti Richiesta di arresto per Galan (Fi)

35 gli arresti e un centinaio gli indagati nell'inchiesta della procura di Venezia sugli appalti per l'opera in laguna. In manette il sindaco Orsoni e l'assessore regionale Chisso. Nel mirino anche l'ex governatore padovano

Si parla già di una tangentopoli veneta. Mercoledì mattina, sono scattati ben 35 arresti e un centinaio di persone risulta indagato. L'inchiesta, avviata dalla Procura di Venezia, è incentrata sulle presunte tangenti pagate per gli appalti del Mose, il sistema di dighe mobili per la salvaguardia della città lagunare. L'indagine della Guardia di Finanza era partita tre anni fa, lo scorso anno c'era stato l'arresto di Piergiorgio Baita, ai vertici della Mantovani, società padovana colosso nel campo delle costruzioni. Dopo qualche mese l'arresto di Giovanni Mazzacurati, l'ingegnere "padre" del Mose.

ARRESTATI CHISSO E ORSONI. Le accuse sono di corruzione, concussione, riciclaggio. Tra gli arrestati dalle fiamme gialle, nomi eccellenti come l'assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, il consigliere regionale Pd Giampietro Marchese, il presidente del Coveco, cooperativa impegnata nel progetto Mose, Franco M., il generale in pensione Emilio S., l'amministratore della Palladio Finanziaria spa, Roberto M. Il sindaco di Venezia è agli arresti domiciliari. Mentre l'assessore regionale alla Mobilità e alla Legge speciale per Venezia, il generale in pensione della Gdf e l'ad di Palladio Finanziaria sono stati portati in carcere. Domiciliari pure per l'europarlamentare uscente Lia Sartori.

RICHIESTA IN SENATO PER GALAN. Nel mirino è finito anche l'ex governatore veneto e ministro, oggi senatore di Forza Italia, Giancarlo Galan. Per lui la Procura della Repubblica ha chiesto l'arresto in carcere. Per poter procedere, però, occorre il placet dell'apposita commissione di palazzo Madama. 58 anni, padovano, Galan è considerato un fedelissimo di Silvio Berlusconi. È stato governatore del Veneto per 15 anni per poi essere nominato prima ministro alle Politiche agricole e poi ai Beni culturali. Formatosi politicamente nel Partito liberale italiano, poi con la "discesa in campo" di Berlusconi lo ha seguito fin da subito lasciando gli incarichi nelle aziende dell'ex cavaliere per la politica. Proprio con Berlusconi presidente del Consiglio, Galan ha posto la prima pietra del Mose nel 2003.

A FEBBRAIO: Giancarlo Galan sentito in Procura a Padova

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FONDI NERI ALL'ESTERO. Il pool di pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonino (Dda) avevano scoperto che l'ex manager della Mantovani Giorgio Baita, aveva distratto dei fondi relativi al Mose, in una serie di fondi neri all'estero. Il denaro, secondo l'accusa, veniva portato da Claudia M., imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San Marino dove i soldi venivano riciclati da William C. grazie alla propria azienda finanziaria Bmc. Le fiamme gialle avevano scoperto che almeno 20 milioni di euro, così occultati, erano finiti in conti esteri d'oltre confine e che, probabilmente, erano indirizzati alla politica. Dopo questa prima fase, lo stesso pool, coadiuvato sempre dalla Finanza, aveva portato in carcere Giovanni Mazzacurati ai vertici del Consorzio Venezia Nuova (Cvn). Mazzacurati, poi finito ai domiciliari, era stato definito "il grande burattinaio" di tutte le opere relative al Mose. Indagando su di lui erano spuntate fatture false e presunte bustarelle che hanno portato all'arresto di Pio S.e Federico S., rispettivamente consigliere e dipendente di Cvn, e quattro imprenditori che si spartivano i lavori milionari.

Arresto oggi Orsoni, Chisso indagine sul Mose Venezia
TANGENTI. Per quanto riguarda Galan, verrebbe contestata una tangente da 250mila euro consegnata da Baita al Laguna Palace direttamente nelle mani dell'ex governatore del Veneto. Di più. Gli sarebbero stati pagati anche i lavori di sistemazione della villa di Cinto Euganeo per circa un milione di euro. È l'ex amministratore delegato della Mantovani a spiegare durante un interrogatorio che ha "pagato attraverso incarichi (a chi ha redatto il progetto, ndr)
mi è stato chiesto dal governatore Galan di provvedere sennò i lavori si fermavano". E una mazzetta da 250mila euro gli sarebbe stata consegnata dall'ex segretaria Claudia M. all'hotel Santa Chiara nel 2005. Non solo. Per intascarsi gli utili degli appalti Giancarlo Galan e Renato Chisso avrebbero deciso di "partecipare" agli introiti di una ditta impegnata nei lavori del Mose e dell'orbita della Mantovani diventandone soci occulti. Galan è indagato dalla Procura di Venezia, dunque, con l'accusa di aver ricevuto fondi illeciti per almeno 800mila euro dal Consorzio Venezia Nuova. Le mazzette, da fondi neri realizzati dal Consorzio e dalle società che agivano in esso, risalirebbero agli anni tra il 2005 e il 2008 e il 2012. L'assessore regionale Renato Chisso, invece, avrebbe addirittura ricevuto soldi sporchi per circa 200mila euro all'anno per un decennio. Servivano per ottenere i permessi regionali. Percorso inverso per un milione di euro all'anno, invece, finiti a quanto pare nelle tasche di Galan. E Galan a sua volta avrebbe ricevuto tramite Chisso un milione di euro all'anno dal Consorzio Venezia Nuova per il proprio placet al Mose. I soldi, però, avrebbero anche raggiunto Roma: 500mila euro sarebbero stati consegnati dall'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati all'ex consigliere di Giulio Tremonti Marco M. per sbloccare i fondi del Cipe.

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IL MOSE. Il Modulo sperimentale elettromeccanico (Mose) è un'opera di ingegneria idraulica pensata negli anni '80 per difendere Venezia e la sua laguna dal fenomeno dell'acqua alta e specialmente da quelle superiori ai 110 centimetri. Il sistema di dighe mobili, la cui realizzazione è stata autorizzata dal "Comitatone" del 3 aprile 2003 e i cui lavori sono partiti lo stesso anno, viene realizzato dal Consorzio Venezia Nuova, che opera per conto del Magistrato delle Acque di Venezia, emanazione del ministero delle Infrastrutture. Lo scorso 12 ottobre, alla bocca di porto del Lido-Treporti, una delle tre che permettono l'ingresso in laguna, sono state per la prima volta sollevate quattro delle 78 paratoie che dovranno difendere la città dall'alta marea attraverso un meccanismo fatto di cassoni di alloggiamento in cemento armato, cerniere e, appunto, paratoie.

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