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Cronaca

Italiani convertiti alla Jihad: Padova tra province a rischio reclutamento

L'identikit dei combattenti connazionali arruolati nelle schiere dell'Isis (Stato islamico dell'Iraq e del Levante). Hanno tra i 18 e 25 anni. Per la nostra intelligence, quella euganea è tra le province "a rischio"

I servizi segreti hanno messo in allerta l'Italia riguardo a possibili attentati da parte di fanatici religiosi e, lunedì, il Corriere della Sera ha tracciato l’identikit dei 50 giovani combattenti italiani arruolati (quasi sempre via web) dal terrorismo nelle schiere dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) per combattere nella jihad che sta conquistando l'Iraq. Molti sono italiani, altri sono figli di immigrati, di seconda generazione. Le province italiane più "a rischio", in base ai dati in possesso della nostra intelligence, risultano essere Brescia, Torino, Milano, Ravenna, Bologna, Padova, la Valcamonica, Napoli e Roma.

BASE LOGISTICA. Secondo i servizi segreti si tratta di un fenomeno frammentato, non riconducibile a una singola organizzazione. Una cosa è certa: ci sono alcuni residenti in Italia, circa 200, che fungono da "ufficiali di collegamento" tra il nostro territorio e il terrorismo islamico. A differenza di Gran Bretagna, Germania e Francia e Belgio, dove gran parte dei jihadisti reclutati vanno subito a combattere in Iraq e Siria, in Italia invece molti giovani reclutati restano qui per fornire sostegno logistico, organizzativo e di reclutamento.

"I foreign fighters, dalle indagini finora svolte, sono tutti molto giovani. Hanno tra i 18 e i 25 anni. E sono per lo più maschi" si legge sul quotidiano di Via Solferino "non si hanno per il momento notizie di donne partite dall’Italia per combattere. Sono stati convertiti alla fede jihadista spesso attraverso il web. È la novità principale del fondamentalismo violento. Un’insidia molto difficile da combattere. L’indottrinamento avviene con tecniche pervasive e rapide, che in poco tempo fanno fare ai ragazzi il passo decisivo della partenza verso i teatri di guerra. Tecniche psicologiche manipolative potenti, sperimentate in Pakistan, nei campi di addestramento per giovani kamikaze. Se il web aumenta la capacità pervasiva di radicalizzazione, secondo l’intelligence andrebbe certamente tenuta sotto maggiore controllo l’attività svolta nelle moschee. Mentre in molti Paesi islamici esiste un ministero degli Affari religiosi che a volte valuta in anticipo i sermoni tenuti da imam conosciuti e controllati, da noi no. E senza l’obbligo di pronunciare i discorsi in italiano diventa difficile capire quando la religione cede il passo alla violenza".

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