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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

La testimone al processo Guerra: "Un carabiniere disse, risolviamo a modo nostro. E poco dopo Mauro è morto"

La donna ha ricordato il momento in cui offriva l’aiuto del marito per mediare alla situazione. Intervento che era stato caldeggiato dagli stessi carabinieri

Nell’aula di giustizia del tribunale di Rovigo si è svolta nel pomeriggio del 3 ottobre la prima delle tre udienze del mese di ottobre che vedrannosfilare diversi testimoni che, il 29 luglio del 2015, hanno assistito agli avvenimenti che hanno portato alla morte di Mauro Guerra. Un mese importante, quindi, per le sorti di questo processo. A Mauro Guerra, i carabinieri di Carmignano di Sant'Urbano, che hanno la sede poco distante da casa dei Guerra, convocano il giovane in caserma e da lì in poi sarà un susseguirsi di tentativi da parte dei carabinieri di imporgli un trattamento sanitario obbligatorio. Questo tipo di iniziative non possono essere prese dalle forze dell'ordine. ll TSO è disposto con provvedimento del sindaco, in qualità di massima autorità sanitaria del Comune di residenza o del Comune dove la persona si trova momentaneamente, dietro proposta motivata di due medici (di cui almeno uno appartenente alla Asl di competenza territoriale). Ma nel caso di Mauro Guerra, questo passaggio non c'è mai stato. Il tentativo di Mauro di sottrarsi al trattamento, con un tira e molla che è durato ore, con la sua casa assediata da una decina di carabinieri che volevano a tutti i costi imporgli il trattamento. Illegittimamente. Di lì, dopo tre ore di tensioni, la corsa di Mauro nei campi, l'inseguimento e poi lo sparo che ne ha provocato la morte.  

Testimoni

Della testimonianza del padre Ezio, la più lunga dell’udienza, abbiamo detto. Come la moglie Giusy, neppure Ezio guarda mai l’imputato, il maresciallo dei carabinieri Marco Pegoraro. Ci sono stati momenti di commozione ma sempre contenuta, mai palesata con evidenza. Ci sono state, sempre da parte del testimone, sottolineature ed evidenziazioni ferme, ma sempre in assoluto controllo. Le domande dell’avvocato Fratucello hanno spaziato dai fatti del pomeriggio a cose che il giudice lo ha fatto notare più volte, non avevano attinenza con il processo.

Jacopo

Poi è stato il turno di Jacopo Guerra, che all’epoca dei fatti aveva quindici anni e si trovava proprio dentro casa quando si sono presentati per la seconda volta i carabinieri, che vorrebbero portare via Mauro. Gli viene chiesto immediatamente cosa ricorda di quel giorno, il 29 luglio del 2015. La sua versione non discorda da quello che si era già sentita in aula. Poi le domande sul rapporto col fratello, alle quali le risposte arrivano puntuali. Jacopo era stato protagonista suo malgrado, nell'aprile del 2017, di un fatto per lui molto doloroso. Si ritrova in classe, nell'ambito di quegli incontri che scuole e forze dell'ordine organizzano. Così il ragazzo si è trovato due dei carabinieri che quel giorno aveva visto aggirarsi dentro casa e che volevano portare illegittimamente il fratello, nella sua classe. Un episodio che turbò non poco il ragazzo. 

Fratelli

Anche Jacopo, come il padre, ha avuto un solo momento in cui si è sentito di dover dire quella cosa in più: “Eravamo prima di tutto amici, poi eravamo fratelli, io e Mauro. Parlavamo tanto, mi confidavo molto con lui. Avevamo un rapporto forte e profondo, al contrario di quanto volete far credere su questo e sul suo conto”, dice rivolgendosi all’avvocato dell'imputato. Guarda sempre il giudice, Jacopo Guerra, ogni tanto abbassa la testa come per concentrarsi altrimenti non smette di rivolgersi a lui. Fratucello invece lo guarda poco, ma in quell’attimo però lo fissa. Non c’è rabbia nella sua espressione, c’è invece una ferma rivendicazione, infastidita ma non rabbiosa. Jacopo Guerra ha da poco compiuto 18 anni.

"Facciamo noi"

Tocca poi alla signora Camilla Raimondo, vicina di casa e moglie di uno dei più cari amici di Mauro. “Conosco Mauro da sempre, mio marito e lui erano molto legati. Siamo vicini di casa, ci siamo sempre frequentati e c’è da sempre stata molta confidenza tra noi. Sono a cento metri dalla casa dei Guerra, dal lato dove c’è la caserma dei carabinieri. Si potrebbe dire che sono equidistante da uno e l’altro edificio”. Quando è il turno di Fratucello, l’avvocato di Pegoraro, si torna sulla frase che un carabiniere avrebbe detto alla stessa Raimondo. E' una circostanza di cui aveva appena raccontato all'avvocato di parte civile, Pinelli. La signora ha ricostruito il momento in cui offriva l’aiuto del marito per mediare alla situazione. Intervento che era stato caldeggiato dagli stessi carabinieri. Un carabiniere con gli stivali di cui non si èancora risaliti all'identità, secondo quello che afferma la testimone, avrebbe replicato così a fronte di quell’offerta: “Parole ne sono spese anche troppe, ora facciamo a modo nostro”. Mauro Guerra morirà pochi minuti dopo.

Pegoraro nega

L'imputato Marco Pegoraro, di cui nell'udienza di luglio l'avvocato ha dichiarato di aver ricevuto delle minacce di morte in cui però in questa udienza non sono state mai citate, chiede di intervenire. Lo ha già fatto dopo ogni testimonianza, per puntualizzare o chiarire ricostruzioni che non condivide. In questo caso nega di aver detto la frase e di essere stato lui a pronunciarla. Nella prossima udienza si cercherà di stabilire chi l'ha pronunciata. 

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