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Cronaca

Viaggio negato ad una famiglia di colore, la denuncia di una ricercatrice

La donna racconta un episodio accaduto nella stazione ferroviaria padovana dove padre, madre e bimbo stranieri vengono lasciati a terra dal capotreno nonostante fossero in possesso del biglietto. Il racconto viene ripreso su Facebook dal giornalista Ruggero Po

"Salgo sul treno da Padova a Milano. Mentre siamo in fila per salire sulla carrozza arriva una famiglia di colore - padre, madre e bimbo che a occhio e croce ha due anni -  Il padre chiede al capotreno, mostrandogli il biglietto: "Scusi, è questo il treno che va a Milano?". Il capotreno dice: “No, voi non salite”.

FACEBOOK. Inizia così il racconto di una ricercatrice lucana, trapiantata a Washington, trovatasi difronte ad un episodio increscioso ripreso poi sul profilo Facebook del giornalista Ruggero Po, conduttore della rubrica “Zapping” di Radio Rai.

"Io protesto: “Scusi, perché non li fa salire? Hanno il biglietto, ma secondo quale criterio li vuole lasciare a terra?”. Lui mi aggredisce: “Lei faccia il suo lavoro che io faccio il mio”. E io: “Eh, appunto, lei non sta facendo il suo lavoro. Sta abusando del suo ruolo”. Il controllore se ne va, intimandomi di tacere. Saliamo tutti, anche la famiglia. Il capotreno torna e fa scendere padre, madre e figlioletto, tra le mie proteste, mentre il padre cerca di proteggere moglie e figlio dagli spintoni del capotreno, supplicandolo intanto di controllare i biglietti. Il treno parte e la famiglia resta a terra. Li guardo fermi sulla passerella osservare il treno in movimento con lo sguardo basito. E sono basita anch’io. E mi sento anche un'idiota per non aver saputo bloccare il treno. Ma non posso neppure non notare come nessuno (nessuno!) attorno a me abbia mosso ciglio, se non nel guardarmi come se fossi una pazza...Chiedo al controllore il suo nome e cognome, mentre mi tremano i polsi. Lui comincia a blaterare che i biglietti che avevano in mano (che - badate bene - non erano elettronici, erano quelli che ti stampano in biglietteria con lo sfondo a triangolini azzurri e bianchi) erano falsi. “Cosa? – replico – Ma se non li ha nemmeno guardati i biglietti. L’ho osservata molto attentamente, non l’ho persa di vista un secondo.” (Ma poi, di grazia, questa è la prima volta che sento di biglietti del treno falsificati!). Lui mi guarda minaccioso e se ne va di corsa. Ma si ricorderà di me. I treni sono numerati e il personale di turno è tracciabile. Come i biglietti hanno numeri, oltre a un costo. È estremamente labile il confine tra l’arbitrarietà vestita nei panni di chi dovrebbe presuntamente far rispettare la legalità e la morte della società.

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