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Martedì, 19 Marzo 2024
Economia

Padova, meno 651 imprese in un anno: si "salva" solo il terziario

Sono i numeri aggiornati al 30 settembre 2014 e riferiti al 30 dello stesso mese di ogni anno, del Registro imprese di Infocamere. Il saldo negativo va dalle 90.287 del 2013 alle 89.636 attualmente presenti (-0.7%)

Meno 651 aziende padovane in un anno. Con un saldo negativo che va dalle 90.287 del 2013 alle 89.636 attualmente presenti (-0.7%). Meno 4.721, partendo dalle 94.357 imprese del 2010. E meno 5.258 dal 2008, anno a cui viene fatto risalire l’inizio della crisi, quando ce n’erano 94.894.

DATI. Sono i numeri, impietosi, aggiornati al 30 settembre 2014 e riferiti al 30 settembre di ogni anno, del Registro imprese di Infocamere, che Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha raffrontato ai dati relativi al Veneto e all’Italia. Per quanto riguarda la regione si è scesi dalle 444.422 aziende del 30 settembre dell’anno scorso alle 440.919 di oggi (meno 3.503, con un calo dello 0.8%). A livello nazionale negli stessi dodici mesi si è passati in dodici mesi da 5.199.030 imprese a 5.164.299, con un calo di 34.731 pari al - 0.7%.

"PULIZIA". Numeri che dimostrano che Padova è sostanzialmente in linea con il territorio che le fa da sfondo. Per mettere a fuoco la fotografia scattata è però necessario inquadrare anche un altro dato: il totale delle nuove iscritte al Registro imprese dal 1° gennaio al 30 settembre 2014 è di 4.443 contro 4.483 cessazioni, per un saldo che risulta pertanto negativo di “sole” 40 unità. "In un certo senso, per quanto sia un’espressione brutale, possiamo dire che la crisi ha fatto pulizia, perché ha fatto sì che a rimanere nel mercato fossero le aziende più strutturate. Di fatto, è riuscito a resistere chi aveva la possibilità di rapportarsi all’estero - commenta Carlo Valerio, presidente di Confapi Padova - i dati dei primi nove mesi dell’anno confermano un certo assestamento nelle dinamiche delle imprese: il valore delle iscrizioni mi risulta essere il più basso dell’ultimo ventennio, ma d’altra parte l’entità delle cessazioni è sui livelli minimi degli ultimi 15 anni. Una situazione stagnante che rende più che mai urgente elaborare un piano che favorisca gli investimenti industriali sul territorio".

DUE QUESTIONI IMPORTANTI. "Aggiungo che qualsiasi ripresa non può che passare da un rilancio dei consumi, che dal 2008 ci risultano essere diminuiti di quasi il 7%. Ma sul piatto ci sono anche altre due questioni di fondamentale importanza - precisa Valerio - sul fronte del credito la situazione è allarmante, e lo ripetiamo da tempo: una nostra indagine relativa al 2013 aveva fatto vedere come in sette casi su 10 le piccole imprese del territorio si vedano alzare un muro dalle banche, che negano finanziamenti. E poi c’è il capitolo tasse, con un carico fiscale che per le imprese più piccole arriva a oltrepassare il 50%, a cui si sommano i costi dei professionisti esterni a cui devono rivolgersi le aziende che non hanno una struttura amministrativa. Occorre ribadirlo con forza: è impensabile immaginare investimenti, quindi ripresa, in un territorio in cui si continua ad aumentare la pressione fiscale".

QUALCOSA PERÒ "FUNZIONA". Su un ultimo numero si sofferma invece Davide D’Onofrio, direttore dell’associazione: "In un settore, il terziario, l’andamento è positivo, con un saldo di +408 imprese, pari al +0,8% che, in un certo senso, 'salva' queste statistiche. Ci fa piacere rimarcarlo, evidenziando, quando possibile, anche le cose che 'funzionano'. Ma è evidente che questo piccolo segno positivo non basta, perché la crescita dell’occupazione si avrà solo se tornerà a crescere il settore manifatturiero. Ecco perché è necessario un piano di reindustrializzazione".

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