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Coldiretti Padova: "Ad ogni pioggia intensa torna la paura"

L'associazione di categoria provinciale: “Gli agricoltori alluvionati due anni fa, intanto, stanno ancora aspettando gli indennizzi”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PadovaOggi

Da un’emergenza all’altra in queste settimane ad ogni pioggia intensa assistiamo al ripetersi di un triste copione, nell’Alta come nella Bassa Padovana, lungo le sponde dei principali fiumi. Ma le aree che nel 2010, per la rottura degli argini di Bacchiglione, Frassine e Tesina, avevano subito una alluvione che ha lasciato segni indelebili su persone e cose, come se la stanno passando? Male, nel terrore di essere di nuovo vittime sacrificali di un evento che potrebbe ripetersi da un momento all’altro. Perché? Purtroppo la risposta è fin troppo facile: alle lacerazioni di due anni fa non si è ancora provveduto come è necessario, in quanto non è stata attivata una concreta, reale messa in sicurezza degli argini, per lo più pensili e con altezze dal piano di campagna che superano anche gli otto metri. La manutenzione è stata realizzata nei minimi termini, senza contare che vi sono fiumi e canali con fontanazzi qua e la tappati dagli agricoltori. Alle nostre richieste la risposta è sempre la solita: non ci sono soldi.

Dovremo attendere la perdita di vite umane prima che chi di dovere capisca quanto fondamentale sia una corretta manutenzione mettendo in sicurezza gli argini della nostra rete? Quanto sta accadendo in queste ore ci fa tornare a porre le stesse domande di due anni fa: sono state costruite le aree di laminazione (a tutti note come casse di espansione) programmate dopo l’alluvione del 1966? E’ stata avviata la pulizia degli alvei dei fiumi? Gli argini nel frattempo sono stati rafforzati? Ci risulta che poco o nulla sia stato fatto, a parte qualche “cerotto” su alcuni argini. Per continuare a vivere sul nostro territorio c’è bisogno di un efficiente sistema scolante e di una rete idraulica messa nelle condizioni di reggere ad eventi che i cambiamenti climatici in corso stanno facendo intensificare sempre più.

Non possiamo lasciare la popolazione nel terrore di essere di nuovo colpita da queste calamità. E’ la stessa popolazione che, dopo il disastro di due anni fa, guarda rassegnata e con diffidenza quelle Istituzioni che, oltre a non dare certezze sotto il profilo della sicurezza, dovevano mettere a disposizione le risorse, stanziate dal Governo, per ripartire cominciando con il risarcimento, seppur parziale, dei danni subiti. Si, perché ad oggi sulla liquidazione degli indennizzi registriamo una situazione a dir poco caotica, in alcuni casi al limite del grottesco. I Comuni viaggiano in ordine sparso, chi ha provveduto a pagare, chi chiede nuovi documenti, chi pretende nuove perizie. Vi sono poi allevatori che hanno già percepito l’indennizzo relativo ai capi annegati ed allevatori che non hanno visto il becco d’un quattrino, ciò perché qualche ASL si è mossa a definire il tutto in maniera solerte, qualche altra no.

Così vi sono imprenditori che hanno visto annegare le loro vacche ed ora rischiano di annegare in quella burontocrazia che tanto del male fa quando si comporta così e poi si permette di sottolineare solo che non ci sono fondi. Meno male che qualcuno ha rotto gli indugi: mi riferisco alla Camera di Commercio di Padova che ha deciso di non aspettare più gli elenchi dei danneggiati dalla Regione ma di rivolgersi direttamente ai Comuni per liquidare agli interessati quanto a suo tempo stanziato. Intanto però, ogni volta che piove con un po’ di intensità buona parte della nostra gente vive nel terrore. Ci auguriamo di non essere da soli a gridare che ciò non possiamo continuare a permetterlo: è ignobile e immorale!

 

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