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Confapi Padova: cosa si sarebbe potuto fare con i soldi usati per salvare di nuovo Alitalia

"Con quanto speso per la compagnia di bandiera, sarebbe stato possibile costruire 12 nuovi ospedali e ripianare due volte e mezza le sofferenze bancarie delle imprese padovane"

Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, in concomitanza con l’apertura delle buste di interesse per l’acquisizione di Alitalia, ha provato a calcolare cosa si sarebbe potuto fare con un investimento tanto considerevole. Una constatazione preliminare: considerando i 60,8 milioni di abitanti del Paese, è come se sulla testa di ognuno gravasse una tassa di 131,6 euro destinata alla compagnia aerea. Ma, tornando agli 8 miliardi iniziali, avrebbero permesso di costruire 12 nuovi ospedali a Padova, partendo dalla stima di 643 milioni di spesa calcolata a suo tempo dal gruppo tecnico istituito ad hoc dalla Regione Veneto per definire i costi dell’opera attorno a cui si dibatte da anni.

CENTRO CONGRESSI E TRAM. Il Centro congressi che dovrebbe sorgere nell’ambito del polo fieristico sulla base del progetto firmato dall’archistar giapponese Kengo Kuma? Costa “solo” 19 milioni e 300 mila euro. Il che significa che si sarebbe potuto costruire comodamente e che se ne sarebbero potuti edificare altri 413 in giro per l’Italia. E la famigerata seconda linea del tram che avrebbe dovuto collegare Voltabarozzo, stazione ferroviaria e Stadio Euganeo? Doveva costare fra i 60 e i 70 milioni di euro. Se ne sarebbe potute realizzare almeno 123. E a quanto ammonta il totale delle sofferenze bancarie delle imprese padovane secondo i dati forniti da Banca d’Italia? Qui si sale a 3,2 miliardi di euro. In sostanza si sarebbero potuti comodamente ripianare i debiti delle aziende in crisi 2 volte e mezza, rilanciando l’economia del territorio e anche l’occupazione. Sono invece 6,4 i miliardi necessari per la ricapitalizzazione di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, il che significa che sarebbe stato possibile provvedere interamente al fabbisogno.

LE PICCOLE IMPRESE. «Ovviamente quello proposto è solo un gioco, per quanto a sfondo amaro, nato con il preciso intento di evidenziare che a pagare alla fine sono i cittadini comuni, ovvero noi, e con la speranza che l’apertura delle buste porti a una vera svolta» sottolinea Davide D’Onofrio, direttore di Confapi Padova. «Ma voglio invitare a pensare a una qualunque piccola o media impresa con alle spalle un fallimento e un tentativo di ricollocazione sul mercato che sia costretta a chiedere 10 mila euro per restare in piedi: vi assicuro che non farà nemmeno in tempo a bussare a una qualsiasi porta che se la vedrà sbattere in faccia con violenza. Con i 7,4 miliardi già spesi quante aziende avremmo potuto far sviluppare? Quanta occupazione avremmo potuto creare? Quanti servizi avremmo potuto erogare? Quante infrastrutture costruire?

ALITALIA OGGI. «E a questo punto viene da porsi un’altra domanda: come fa una compagnia aerea a fallire due volte in un mercato in crescita clamorosa come quello dei trasporti aerei? E la risposta è che chi ha gestito Alitalia non ha saputo fare il suo mestiere: oggi Alitalia è un operatore vecchio in un mercato nuovo, una compagnia senza una strategia e una collocazione precisa. Il problema è che certi temi direttamente collegati a un elettorato tangibile non vengono affrontati da chi sta al Governo, che si troverebbe a scontentare potentati ed elettori. La morale è che a pagare è la collettività. E così è stato chiesto ancora una volta allo Stato di metterci mano attraverso la solita Cassa depositi e prestiti. Ma per quanto dovrà andare ancora avanti questa storia?».

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