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Economia

Covid: 210 decreti in 100 giorni per le imprese padovane. Confapi: «Italia malata di burocrazia»

Il centro studi Fabbrica Padova ha quantificato l'enorme mole di provvedimenti e leggi emanati dal 23 febbraio e che hanno interessato l'imprenditoria della provincia euganea

Tra i mali che hanno flagellato l'Italia negli ultimi mesi non c'è solo il Coronavirus, ma anche la burocrazia. É quanto denuncia Confapi che, attraverso il suo centro studi Fabbrica Padova, ha contato i decreti emanati da Governo, Regione, enti e prefettura che in cento giorni si sono riversati sulle imprese locali.

I numeri

Una vera e propria valanga. Anzi «Un'epidemia di decreti e ordinanze che ha prodotto tante carte e pochi aiuti concreti complicando ulteriormente una situazione già drammatica» secondo il presidente Carlo Valerio. I numeri in effetti sono d'impatto: in cento giorni (dal 23 febbraio al 2 giugno) si contano 210 provvedimenti, per un totale di 3.812 pagine di norme. E si parla soltanto di quelle destinate all'imprenditoria. Dal primo decreto legge che il 23 febbraio instaurava le prime zone rosse sono stati 19 i Dpcm e decreti legge strettamente governativi, a cui si aggiungono 62 tra decreti, ordinanze, circolari e informative ministeriali, e 87 documenti provenienti da istituti, agenzie ed enti nazionali. Non è però finita perché a questi 168 si sommano 36 decreti della Regione Veneto e 6 comunicazioni della prefettura padovana. Un conteggio che riguarda solo le norme applicate all'imprenditoria e che non considera le ordinanze comunali e nemmeno i 110 nuovi provvedimenti attuativi attesi per rendere operativo il decreto Rilancio.

Norme incomprensibili e contraddittorie

«All’epidemia sanitaria si è accompagnata quella burocratica che rappresenta lo strapotere dello Stato - sottolinea Carlo Valerio - e si nutre di tempo, soldi, credibilità perduta delle istituzioni, rancore dei cittadini e imbarazzo dei funzionari. Ha creato inceppamenti fra gli stessi enti, come nel caso dei ritardi nell’erogazione della cassa integrazione per le incomprensioni fra Regione e Inps. Non solo gli atti sono troppi e in contraddizione fra loro, ma non alcun documento ufficiale che non abbia bisogno di un ulteriore apparato per essere interpretato per cui neanche chi impone le norme le conosce appieno. Emerge un quadro in cui la pubblica amministrazione è in affanno totale: l'Italia era già la nazione in cui un imprenditore impiega 238 ore annue per pagare le imposte e l’emergenza ha reso la situazione ancora più grave. É un’Italia malata, sì, ma di burocrazia».

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