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Iva, seria lotta contraffazione porterebbe 4 miliardi di gettito

Patrizio Bertin (vicepresidente Ascom Confcommercio di Padova): “Ci saremmo risparmiati l’aumento dell’Iva”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PadovaOggi

“L’aumento dell’Iva è una sciagura, ma ancora di più fa specie che i nostri governanti continuino ad aumentare le tasse e non cerchino di adottare le soluzioni alternative che pure ci sarebbero”. All’indomani dell’introduzione dell’aliquota Iva al 22 per cento, l’Ascom Confcommercio di Padova tiene alto il grado di attenzione ed, anzi, denuncia: “La contraffazione – sottolinea Patrizio Bertin vicepresidente dell’Associazione - porta a un mancato gettito fiscale di 1,7 miliardi di euro che, se si considera l’indotto, arriva a 4 miliardi Sbaglio o sono molti più soldi di quelli che, presumibilmente, dovrebbe dare come gettito l’Iva?”

Una cosa è certa: la carenza di una seria ed efficace lotta a questa piaga è un danno per tutti gli italiani, soprattutto in un momento come questo di gravi ristrettezze economiche. Il problema, purtroppo, ha caratteri sovrannazionali per cui non si presenta nemmeno di facile soluzione.“ “I  nostri partner e competitor nei commerci internazionali – continua Bertin - hanno l’obbligo dell’etichetta di origine per i prodotti importati, l’Europa invece ancora no, a causa degli interessi contrastanti tra Paesi produttori e importatori. In altre parole: l’opposizione della Germania e di altre nazioni dell’Europa del Nord alla denominazione d’origine mina la validità del regolamento per la sicurezza dei prodotti”.

Potrà sembrare paradossale, ma nel resto del globo le cose non stanno come da noi. Le autorità cinesi (e va sottolineato “cinesi”) sono estremamente rigide sulla provenienza delle merci e sulla tracciabilità, di conseguenza sono molto alti i costi che le imprese italiane devono sostenere per la registrazione dei marchi e per fornire tutte le documentazioni richieste. “E’ evidente – aggiunge il vicepresidente – che fondamentale è rendere obbligatoria la certificazione di origine, che solo la Ue al mondo non prevede. I falsi, che di fatto scoraggiano gli investimenti in innovazione, purtroppo sono vissuti dal consumatore finale come un peccato veniale. Invece bisogna fargli capire che non vi è solo un problema di qualità ma anche di criminalità legato a questo mondo.

Non solo. La cosiddetta industria del falso fa perdere 20mila posti di lavoro in Italia all’anno. “Se consideriamo – conclude Bertin - che la penetrazione del falso e del contraffatto si è di molto accentuata nell’arco dell’ultimo lustro, possiamo ben dire che, dalla metà del decennio precedente (non scordiamo che i primi insediamenti cinesi a Padova sono del 2005) sono oltre 100 mila i posti di lavoro andati in fumo per carenze legislative”.

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