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Economia Cittadella

Mancano i mangimi, Cia lancia l'allarme: «Si rischia di dover portare anzitempo i capi al macello»

Luca Bisarello, presidente zona Cia Cittadella: «Nell’Alta Padovana la situazione è drammatica, serve un immediato intervento da parte del Governo per fronteggiare l’emergenza internazionale»

«A queste condizioni - lancia l'allarme Luca Bisarello, presidente zona Cia Cittadella - con le materie prime agricole che scarseggiano, mentre quelle poche si riesce a reperire costano una follia, siamo in grado di resistere al massimo altre due settimane. Dopodiché, se non cambierà la situazione, saremo costretti a portare i nostri capi al macello». L’allarme viene lanciato da Cia Padova, che sta raccogliendo timori e preoccupazioni dei 2.683 allevamenti professionali registrati in provincia (dati dell’ultimo censimento in agricoltura), il 60% dei quali si trova nella zona dell’Alta Padovana, storicamente vocata al comparto. «La zootecnia ha già sofferto durante la pandemia – sottolinea il presidente provinciale, Luca Trivellato – ora il Governo predisponga un adeguato piano per fronteggiare la crisi».

Est

Il quadro è drammatico: fino a tre settimane fa la metà del fabbisogno di mais, frumento, semola e crusca (che servono per preparare i mangimi) proveniva regolarmente sia dall’Ucraina che dall’Ungheria. «Oggi, per cause di forza maggiore – spiegano dalla Cia Padova – i nostri allevatori non possono contare su quelle importazioni. Non solo. Da qualche giorno, inspiegabilmente, pure la Serbia ha chiuso ogni scambio commerciale con l’estero». Si consideri che il 90% del mangime per i bovini da carne è composto proprio di quei prodotti che stanno diventando irreperibili su tutte le piazze. I prezzi, peraltro, sono schizzati in alto: una corsa che sembra non avere fine. Il mais è passato dai 28 euro al quintale di un anno fa, agli attuali 45 euro al quintale (+60%), il frumento dai 32 euro al quintale ai 40 euro al quintale (+25%), l’orzo dai 28 euro al quintale agli oltre 40 euro al quintale (+50%). Con la conseguenza che oggi dar da mangiare ad un capo costa mediamente 3,70 euro al giorno, quando fino a qualche mese fa la spesa era di 3 euro al dì. «Il problema è che non è più possibile programmare alcunché in questa incerta congiuntura– analizza il presidente della zona Cia di Cittadella, Luca Bisarello – Ci auguriamo che comincino ad arrivare le materie prime agricole dal Sudamerica, come gli addetti ai lavori hanno previsto”. Altrimenti, l’alternativa è cambiare le tabelle alimentari dei bovini, allungando i tempi del ciclo produttivo. In pratica, si passerebbe da un ingrasso medio di un kg al giorno dell’animale, ai 6-7 etti al dì, con un incremento degli altri costi fissi. O, in caso estremo, gli allevatori dovranno portare gli stessi capi al macello anzitempo: “Una possibilità che non è poi tanto remota, se il trend non si inverte».

Rischi

Nel breve termine, chiarisce il presidente di Cia Padova, Luca Trivellato, vanno adottate delle misure ad hoc, peraltro già sottoposte al Parlamento, per tentare di far fronte all’emergenza: «In primo luogo, occorre introdurre sostegni finalizzati a remunerare le perdite delle imprese agricole in seguito all’aumento dei costi di produzione, oltre a interventi specifici a favore del settore della zootecnia». Necessario poi eliminare “gli oneri di sistema e delle addizionali sull’energia elettrica, mentre vanno sbloccate con urgenza le risorse del PNRR riguardanti l’agroenergia”. Secondo il presidente, inoltre, «bisogna garantire un’equa distribuzione del valore aggiunto lungo la filiera agroalimentare, a partire dal rispetto del quadro normativo sulle pratiche sleali, oltre ad incentivare i consumi di prodotti agroalimentari attraverso interventi di natura fiscale o sotto forma di indennizzi a partire dalla fasce più deboli e a rischio».

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