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Martedì, 30 Aprile 2024
Economia Montegrotto Terme

«Se chiudiamo noi resteranno senza lavoro in migliaia»: l'allarme

Per gli imprenditori del settore HoReCa del Veneto le perdite causa pandemia hanno raggiunto il dato medio del 70% nel bilancio di fine anno

Dati impietosi, quelli che emergono dagli imprenditori del settore HoReCa del Veneto (il segmento che riunisce i grossisti dell’alimentazione e dove HoReCa sta per Hotel, Restaurant e Catering) e che sottolineano una strage silenziosa e ignota ai più, governo compreso.

Horeca

Gli operatori del settore si definiscono gli “invisibili”, parlano di imprese “fantasma”, nonostante i loro numeri, in termini di fatturato, viaggino con cifre a 9 zeri, nonostante diano lavoro ad un numero di dipendenti e collaboratori esterni e stagionali calcolati a migliaia e nonostante siano un anello insostituibile della catena che gestisce le forniture di mense, scuole, case di riposo, bar, ristoranti, alberghi, hotel termali e molto altro. Ebbene, proprio per questo, per essere cioè l’anello di congiunzione tra la produzione alimentare ed il consumo extra privato, le perdite causa pandemia hanno raggiunto il dato medio del 70% nel bilancio di fine anno. Commenta Rocco Zaino, titolare dell’omonima impresa di Montegrotto Terme e presidente del Gruppo Grossisti Alimentari che fa capo a Confcommercio Ascom Padova: «Siamo stati esclusi dai ristori di ogni tipo perché le nostre aziende fatturano più di 5 milioni di euro l’anno. Nonostante questo siamo un comparto che è costretto a rimanere aperto perché comunque non possiamo sospendere le forniture alle case di riposo, agli asili, alle attività che hanno continuato a lavorare, ma i nostri costi vivi stanno diventando insostenibili. Si pensi che, solo nella mia azienda, spendiamo più di 1000 euro di energia elettrica al giorno».

Prodotti

E più passano i mesi, più le restrizioni vengono confermate, più i costi vanno fuori controllo. Qualche esempio? I prodotti immagazzinati che via via vanno in scadenza, i camion costretti a viaggiare mezzi vuoti perché le consegne vanno comunque effettuate anche se gli ordini sono ridotti al lumicino, i dipendenti e i collaboratori, ai quali fino ad ora si è cercato di risparmiare cassa integrazione e licenziamenti, le banche e le assicurazioni pronte a tagliare i rating di fiducia: questo è il quadro a tinte fosche dipinto da imprenditori che si sentono ormai come pesci a cui abbiano tolto le branchie. Aggiunge Galdino Peruzzo, titolare della Polo Ristorazione di Teolo: «La crisi del turismo poi ci ha dato il colpo di grazia. Venezia, Verona, Padova e tutte le città d’arte deserte a causa del Covid hanno messo all’angolo il nostro comparto, con la chiusura di tutte le attività di ristorazione che vivevano di turismo. Solo la mia azienda ha più di cento dipendenti e 250 tra collaboratori esterni, venditori e padroncini. Abbiamo valutato che rispetto all’anno scorso il volume d’affari ha subito una contrazione del 50% e questo significa che si dovrà pensare a dei ridimensionamenti, dolorosi ma necessari. Se poi c’è una cosa che ci pesa moltissimo in quanto imprenditori, è l’assoluta impossibilità di fare previsioni per il futuro». Conclude Rocco Zaino: «La richiesta più urgente che giriamo alle istituzioni, dalle quali siamo stati ignorati è che devono rivolgere uno sguardo al nostro comparto con la stessa attenzione che hanno riservato ad altri settori; devono ascoltarci e capire che la crisi del nostro comparto determinerà un effetto valanga in grado di trascinare con noi migliaia di lavoratori, con conseguenze economiche e sociali difficilmente valutabili».

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