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Economia

La provincia Padova il centro regionale del terziario avanzato: i numeri del territorio

Non solo commercio ma ma anche turismo e, da qualche anno a questa parte, soprattutto i servizi: come cambia la geografia economica del Padovano

I 70 anni e più di storia dell’Ascom sono lì a dimostrare che la grande tradizione commerciale di Padova ha trovato nell’associazione commercianti il suo punto di riferimento. Ma mai come adesso, quel “commercianti” va un po’ stretto ad un’organizzazione che è sempre più rappresentanza di imprese del terziario a 360 gradi dove per terziario si intende sì il commercio, ma anche il turismo e, da qualche anno a questa parte, soprattutto i servizi.

I NUMERI DEL TERZIARIO. Superfluo sottolinearne l’importanza? Forse no se, come spesso accade, i numeri del terziario lasciano sempre un po’ sorpresi. Delle 120mila aziende che popolano l’universo economico padovano infatti, le imprese del terziario sono la bellezza di oltre 66mila. Una cifra enorme che vede la città fare la parte del leone con un quasi 50%, ma che non disdegna di fornire propellente ai redditi delle famiglie anche nei comuni della provincia. L’elaborazione compiuta da EconLab Research Network per conto dell’Ascom ha individuato ottime performance del terziario anche in sei dei mandamenti nei quali viene suddivisa la provincia. E così se le circa 6mila imprese (pari all’8,8% del totale) operanti nel territorio di Abano e dei comuni contermini non sorprendono affatto visto che lì si è insediato un turismo termale di risonanza mondiale e se Cittadella, col suo 7,5%, appare come un “doveroso” sostegno ad una produzione che nell’Alta ha sempre dimostrato di saperci fare, lasciano piacevolmente sorpresi i risultati di Piove di Sacco (7,1%), di Piazzola sul Brenta (7%), di Camposampiero (6,2%) e di Monselice (6,1%). Eppure, scavando ancora più in profondità, si coglie che la provincia di Padova è il centro regionale per il terziario avanzato, quello che gli economisti definiscono delle “imprese KIBS” (Knowledge Intensive Business Service), ovvero quelle società che svolgono attività di raccolta, analisi, generazione e distribuzione della conoscenza al fine di realizzare prodotti e servizi e che nella provincia di Padova sono oltre 7mila su un totale regionale di poco più di 30mila. “Il terziario padovano – sottolinea il prof. Alessandro Minello, docente a Ca’ Foscari e curatore della ricerca – ha sviluppato, nel 2015, un fatturato di oltre 28 miliardi, con la città che, da sola, ne ha realizzati praticamente la metà attestandosi intorno ai 14 miliardi”.

LE DIFFICOLTA' DEI GIOVANI. Ma, come abbiamo già visto, non è solo la città che sviluppa valori importanti. “Se si guarda alla produttività – commenta il direttore generale dell’Ascom, Federico Barbierato – c’è una sorta di “asse” che da Padova sale verso Piazzola e Cittadella (non disdegnando Camposampiero) e che presenta fatturati comunque oltre la media (Cittadella quasi il doppio), mentre la parte a sud della provincia conferma le sue storiche difficoltà: Conselve ed Este sono circa alla metà della media provinciale attestata intorno a 425mila euro”. In ogni caso il terziario padovano è senz’altro un settore in salute che presenta però qualche chiaroscuro. “Il fatto che dal primo semestre dello scorso anno al primo semestre di quest’anno – commenta il presidente dell’Ascom, Patrizio Bertin – i giovani imprenditori del terziario scendano del 4% tra gli under 29 e del 4,3% nella fascia 30-49 anni, aumentando, per contro, dell’1,8% tra i 50 e i 69 anni e addirittura dell’8,1% tra gli over 70 la dice lunga sulle difficoltà che incontrano i giovani nonostante il nostro impegno sia massimo sia in termini di formazione, che di sostegno al ricambio generazionale e alle necessità di credito attraverso il nostro confidi, Fidi Impresa & Turismo Veneto”.

GLI STRANIERI. Come spesso avviene in tempi di crisi, arrivano dalle donne le buone notizie: solo un trascurabile -0,1% la loro presenza, nel raffronto annuale, nel terziario provinciale a fronte di un -0,8% da parte dei colleghi maschi. Infine una conferma: scendono gli imprenditori “made in Italy” (-0,9% gli autoctoni) e crescono, per contro, gli stranieri che, da un anno all’altro, salgono di un significativo 3,2%. “La nostra ambizione? – conclude il presidente Bertin -: rappresentare un comparto maggioritario nei numeri assoluti che vogliamo sia sempre più compreso, nella sua complessità ma anche unicità, dalla popolazione che, magari senza saperlo, deve molto ad attività che significano lavoro e reddito se non per tutti, sicuramente per molti”

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