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Cultura Mortise / Via del Bigolo, 46

Per abbattere i pregiudizi sul tema della salute mentale: torna “Fuori di Festa”

La 19esima edizione è in programma sabato 16 giugno a “La Meridiana”, comunità psichiatrica unica nel suo genere in quanto a gestione metà pubblica (con l’Ulss 6 Euganea) e metà privata

Per festeggiare due decenni da ricordare. E da raccontare: sabato 16 giugno a “La Meridiana” (una Comunità di Gruppo Polis che accoglie persone con problemi legati alla psichiatria) in via del Bigolo a Padova, nel quartiere Mortise, si celebra l’edizione numero 19 di “Fuori di Festa”, un’iniziativa aperta al territorio che si propone di contribuire ad abbattere lo stigma e i pregiudizi che ancora oggi circondano il tema della salute mentale.

Il programma

“Fuori di Festa” ogni anno vede una grande partecipazione delle realtà del quartiere, di associazioni e artisti locali sensibili al tema e delle famiglie degli ospiti della comunità, che insieme contribuiscono alla realizzazione dell’iniziativa. La festa avrà inizio alle ore 17.00 con lo spettacolo di magia “Magicissimo me” di Giacomo Goldin, dell'Associazione "Shot Down". Proseguirà quindi con la premiazione del contest fotografico “Fuori lo scatto” che quest’anno premierà le foto che meglio hanno rappresentato il tema “Ferma un attimo”. Dopo la grigliata, curata dal gruppo Alpini di Padova e servita dagli Scout del territorio, la serata si concluderà con le Danze Popolari messe in scena dall’Associazione “El Filò”.

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Ventennale sì, ma anche quarantennale…

L’edizione di quest’anno di Fuori di Festa assume un significato particolarmente importante perché coincide con i 40 anni della Legge Basaglia, che mise fine all’esperienza dei manicomi. Inoltre il 2019 è il 20esimo anno di apertura della Meridiana, la Comunità Terapeutica Riabilitativa Protetta che ospita ad oggi 14 persone affette da patologie psichiatriche. La Meridiana si caratterizza per essere nel territorio l’unica struttura di questo tipo a gestione mista, 50% pubblica (Ulss 6 Euganea) e 50% privata (Cooperativa sociale Il Portico, di Gruppo Polis) e vuole testimoniare il successo di una collaborazione tra pubblico e privato che è stata a suo tempo una scelta senza dubbio lungimirante, che ha saputo fondere e coordinare la competenza e il rigore scientifico con le metodologie educative e il rapporto con il territorio, la cura con il lavorare sul riappropriarsi di un proprio ruolo sociale nello studio, nel lavoro e nell’autonomia abitativa.

La testimonianza della responsabile

Elena Bertorelle, Responsabile della Comunità ed educatrice della cooperativa Il Portico, racconta: “In questi anni sono cambiate molte cose. Principalmente la tipologia di utenza: da utenti, alcuni dei quali avevano alla spalle un’esperienza a livello di manicomio e quindi venivano dalla psichiatria classica o da esperienze per lo più di tipo assistenziale, ora trattiamo persone giovani che hanno un buon margine per poter recuperare le abilità utili per acquisire un ruolo valido spendibile nel mondo esterno. Dal punto di vista riabilitativo c’è terreno fertile su cui intervenire per permettere alla persona di poter raggiungere un buon livello di recovery. In questi anni abbiamo investito moltissimo sulla formazione, sposando un metodo che permette all’équipe di poter parlare un linguaggio condiviso e nel tempo potersi aggiornare con quelli che sono i nuovi scenari di cura, abbiamo imparato a gestire quelle situazioni in cui coesistono più disturbi, che hanno bisogno di diversi approcci di intervento, che vanno dai disturbi alimentaie all’uso di sostanze. L’altra cosa che è cambiata è che abbiamo iniziato a occuparci della persona prendendo in carico tutti gli ambiti della sua vita: dalla casa (trovando una soluzione abitativa idonea, dopo il percorso comunitario), al lavoro (cercando sul territorio delle possibilità lavorative in cooperative sociali, ma anche all’interno di aziende e realtà del profit), allo studio (ripresa degli studi interrotti o acquisizione di titoli di studio da poter inserire nel curriculum), al tempo libero (con attività specifiche che mirano all’acquisizione di competenze relazionali utili per poter coltivare relazioni di amicizia durevoli nel tempo). Inoltre stiamo lavorando sempre più per creare delle possibilità affinché il territorio possa entrare in contatto con la comunità e la comunità si possa mettere a disposizione del territorio. Attraverso la partecipazione ai tavoli di quartiere cerchiamo realtà sensibili per dare opportunità significative ai nostri utenti. La risposta del territorio è abbastanza buona, molti già ci conoscono e sono venuti a trovarci. Ad esempio alcuni volontari del Servizio Civile ci hanno conosciuto proprio attraverso Fuori di Festa o dopo aver letto per caso il Meridiana News, che è il notiziario cartaceo realizzato dagli utenti della Meridiana, dall’anno scorso la comunità si racconta anche attraverso un blog (Fuori di blog)”

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Esperienza unica studiata in tutto il Mondo

“L’idea nuova, bella e strana che stava dietro a questa esperienza - racconta Luca Balboni, coordinatore infermieristico dell’ULSS 6 - era che coinvolgendo pubblico e privato anche l’equipe era mista: dal pubblico arrivava il team di infermieri e un medico, mentre dalla cooperativa avevamo educatori, operatori socio sanitari e uno psicologo. Venivamo da esperienze completamente diverse: la visione pubblica era una visione “ospedalocentrica", molto centrata sull’assistenza sanitaria, mentre l’esperienza della cooperativa era territoriale. Ognuna delle due equipe ha portato una parte importante e nel giro di 10 anni - tanto ci è voluto per superare le logiche del “noi” e “voi”, per diventare un “noi” unico pensante - e siamo diventati un’equipe unica. L’altra grande novità che ha portato la Meridiana è stata il mettere l’ospite sempre più al centro della riabilitazione. Oggi l’utente è protagonista del suo percorso, il progetto individuale lo studiamo con lui, non per lui, per ricostruire dei ruoli sociali veri, concreti, spendibili e per non farlo ricadere nelle crisi grazie a tutta una serie di strategie che se una volta erano farmacologiche adesso invece sono un mix di soluzioni. L’esperienza della Meridiana rimane unica, sono venuti a studiarci da tutto il mondo, equipe brasiliane, finlandesi, giapponesi, argentine. Abbiamo cercato di portare modalità nuove di lavoro e dopo 20 anni possiamo dire di aver fatto un buon lavoro. Abbiamo personalizzato degli strumenti, abbiamo colto quello che l’evidenza scientifica portava e li abbiamo personalizzati. Oggi le prospettive degli utenti sono molto buone.”

Le storie della Comunità

E sono tante le storie che si possono conoscere tra queste mura e tanti i percorsi di successo che hanno ridato alle persone una vita autonoma e serena, con un lavoro e una casa. Come Franco, che dopo tanti anni di lavoro da corriere, viene colpito da una patologia psichiatrica e perde la capacità di lavorare. Entra alla Meridiana che è in una situazione di grande difficoltà, ma un po’ alla volta, grazie ai percorsi riabilitativi, riesce ad avere un tirocinio in un’azienda del territorio, che qualche mese dopo gli propone un contratto a tempo indeterminato. Oggi Franco vive in uno degli Appartamenti Autonomi della cooperativa, nuclei abitativi di 3 persone in cui il sostegno dell’operatore è limitato a 4 ore alla settimana, e la convivenza è basata sul mutuo aiuto tra i coinquilini che imparano così a gestire la casa, il tempo, il budget, l’aspetto relazionale e sociale. Oppure c’è Silvia, entrata poco più che maggiorenne alla Meridiana con una fortissima instabilità che le impediva di trovare un lavoro. Seguita e supportata dall’equipe della comunità riesce a trovare un po’ di pace che le permette anche di impegnarsi per un anno come volontaria del Servizio Civile in un’altra cooperativa sociale del territorio, con ottimi risultati. Poi arriva il tirocinio per una nota catena di supermercati del territorio che alla fine del periodo di inserimento la assume a tempo indeterminato. Oggi Silvia convive con il fidanzato e ogni tanto torna a salutare con affetto le operatrici che l’hanno aiutata.

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