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“Mezzanine XX1”, un viaggio lungo vent'anni. A Padova il trionfo dei Massive Attack

Tutto esaurito alla Kioene Arena per festeggiare il ventennale di uno dei dischi che ha cambiato la storia della musica

Non è dato sapere se sia spuntata un’opera di Bansky anche a Padova. Perché sarà pure una coincidenza ma sovente capita che dopo uno spettacolo dei Massive Attack in una data città, lì spunti un’opera del più misterioso ma anche il più affascinante autore di murales e graffiti del pianeta. La leggenda vuole che dietro allo pseudonimo dello street artist ci sia proprio Robert 3 D Del Naja, il leader dei Massive Attack che sabato 9 febbraio hanno portato alla Kioene Arena il loro spettacolo che celebra i vent'anni dall'uscita di Mezzanine, l'album che ha sancito l'affermazione del del trip - hop. 

Massive Attack

Sono le 21 e 40 quando sul palco della Kieone Arena di Padova  si presentano in sette: due tastieristi, due chitarristi, due batteristi, un bassista e 3 D dietro synth e campionatori.  Al microfono, si alternano Grant “Daddy G” Marshall, Horace Andy e Elizabeth Fraser, la voce che nel 98′ registrò le canzoni di Mezzanine.

I Found A Reason dei Velvet Undergroung segna l’inizio di questo che è soprattutto un confronto temporale, di suoni, di immagini, di parole. Cosa è cambiato da quando i Massive Attack sono entrati in scena. La parte visiva, curata da Adam Curtis, ha un impatto fortissimo, violentissimo su chi guarda. Uno schiaffo lungo quasi due ore in cui vengono mostrati vent’anni di guerre, di cambiamenti epocali, di azzeramenti ideologici.

Le immagini non accompagnano la musica ma sono parte integrante di uno show che mette insieme l'evoluzione dei linguaggi e i cambiamenti epocali che abbiamo vissuto in questi venti anni. Uno show quindi anche politico, che alterna sequenze e montaggi con frasi, anche in italiano, che ci interrogano sul mondo che viviamo. Dopo l’apertura con omaggio a Lou Reed e soci è tempo di  Risingson, ma basta un attimo per uscire da atmosfere ipnotiche e ci si trova proiettati in tutt’altro. Con 10:15 Saturday Night dei Cure, sgomberano il campo dagli equivoci e fanno capire che tipo di spettacolo sarà. Le immagini che accompagnano il brano giocano con la crisi delle ideologie e si prendono gioco di ciò che fino a poco tempo prima rappresentava una icona.

Man Next Door,  il brano dell’album che racconta di  violenze domestiche, sembra dirci che per certe cose non vale la regola del tempo che passa, certe situazioni rimangono sempre uguali . Poi arriva la title track Mezzanine, resa indimenticabile visto che per uscire da quel brano si finisce dentro l’oscuro  mondo dei Bauhaus.  L’esecuzione di Bela Lugosi’s Dead dei Bauhaus è uno dei momenti più belli dell’intero set. A seguire  la strumentale Exchange, See a Man’s Face di Horace Andy, Dissolved Girl cantata dallo schermo come se fosse un filmato da YouTube e ancora Where Have All The Flowers Gone? di Pete Seeger, una delle icone del folk impegnato degli anni settanta in Gran Bretagna. Una specie di Ken Loach della musica. L’esecuzione del banon di Liz Fraser rapisce tutti i presenti. Ancora una cover, un vecchio brano degli Ultravox eseguito in forma assolutamente punk, quasi più di quanto lo fosse la versione originale. Il gran finale è affidato a Teardrop e Group Four, che ci porta alla fine dello show. Il pubblico, rapito dal primo all'ultimo minuto, decreta il trionfo della band con un boato. 

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