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La Diocesi sul biennio Bitonci: “Una grandinata di ordinanze e poco altro”

Il bilancio del settimanale diocesano sul mandato dell'ex sindaco apre questioni importanti per la Padova del domani, da mettere nell'agenda dell'imminente campagna elettorale

E’ un bilancio sostanzialmente negativo quello tracciato dall’editoriale della Difesa del Popolo, voce della Diocesi padovana, per i due anni della giunta Bitonci. Si contestano modi e risultati, ma anche occasioni perse per la città, e si individuano i punti fondamentali per l’agenda della prossima campagna elettorale. 

DUE ANNI DI ORDINANZE E DIVIETI. Dimissioni e cacciate di assessori, minacce e violenze verbali nei confronti di consiglieri comunali, il divieto di entrare a Palazzo Moroni per i giornalisti: uno stile di governo discutibile, accompagnato da pochi risultati:

“Tra i risultati concreti Bitonci può elencare la nuova viabilità alla Stanga e poco altro. Al più una grandinata di ordinanze e divieti – dai provvedimenti anti accattoni alle ronde davanti alle cucine popolari, senza dimenticare i tour degli assessori davanti agli appartamenti che ospitavano richiedenti asilo, con tanto di foto su internet degli indirizzi – che magari aiutano a costruire l'immagine del sindaco forte, capace di ripulire la città, ma che alla prova dei fatti non hanno mostrato grande efficacia”.

LE OCCASIONI PERSE. Una Padova, quella di Bitonci, che ha perso più di qualche tram:

“La telenovela sul nuovo ospedale – ma anche la questione auditorium, ma anche la rinuncia alla seconda linea del tram – lo dimostra meglio di tante parole: se ogni volta la politica pretende di ricominciare daccapo, l'unico risultato tangibile è la paralisi di ogni progetto. Che, inevitabilmente, ci rende meno attraenti come sistema-città, spalanca autostrade a chi è più lungimirante (si veda la crescita di Verona come polo sanitario) e alla fine mette a rischio un capitale storico, economico, scientifico di indiscusso valore. Padova se lo può permettere?


PADOVA DOPO BITONCI. Il bilancio della Difesa del Popolo non guarda però, solo all’ex sindaco e alla cerchia, ma si allarga al panorama politico patavino di oggi: 

"Un raffronto tra l'odierno panorama degli eletti e la ricchezza di competenze, provenienze, identità che si ritrovavano un tempo tra consiglio comunale e giunta, dovrebbe spingere ogni partito a un esame di coscienza".

Una città, dunque, che deve imparare a valorizzare le sue risorse e allargare i suoi orizzonti: 

"Da tempo la competizione non si gioca più tra singoli stati ma tra aree dotate di dimensioni, popolazione, risorse accademiche e industriali, reti di infrastrutture adeguate al contesto delle sfide globali in cui siamo immersi. Ebbene, la prospettiva di quella che un tempo si chiamava Pa-Tre-Ve è stata rifiutata. L'idea “in piccolo” di fondere la città e i comuni dell'hinterland è ferma a qualche studio di fattibilità. La città metropolitana di Venezia, intanto, arriva a pochi chilometri in linea d'aria da piazza dei Signori, e avrà effetti che dobbiamo ancora comprendere in tutta la loro portata. Noi siamo rimasti fermi, e la domanda è ancora la stessa: Padova se lo può permettere?"

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