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Lo sfogo post elettorale: "Essere gay - e candidato! - a Solesino"

Matteo Pegoraro, 28enne in lizza alle scorse comunali alle quali si è piazzato 3° su 5, riferisce il clima di discriminazione e mostra la lettera dai toni molto forti che don Ferdinando Bodon gli ha indirizzato per farlo desistere dall'intento di diventare primo cittadino

Elezioni Comunali 2013 Provincia di Padova: Matteo Pegoraro candidato sindaco gay a SolesinoDopo aver lasciato per qualche giorno decantare i risultati delle urne, Matteo Pegoraro, il 28enne candidato a sindaco di Solesino alle ultime elezioni comunali piazzatosi 3° su 5 con il 15,25% delle preferenze, ha deciso di mettere nero su bianco, attraverso un post sulla sua pagina Facebook, il clima di discriminazione - Pegoraro è dichiaratamente omosessuale - e pubblicare la lettera dai toni molto forti che don Ferdinando Bodon, 81 anni, cappellano dell'ospedale di Monselice, gli ha indirizzato per farlo desistere dall'intento di diventare primo cittadino.

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LA LETTERA DI DON FERDY. "L'omosessualità non è una cosa naturale ma una disfunzione - scrive il prete, in dialetto veneto, nella missiva - Ma benedetti di Dio (perché anche voi siete suoi figli) vi siete mai domandati perché siete al mondo? Ringrazia i tuoi genitori perché senza di loro non saresti nato e quindi nemmeno gay". "Io non ti condanno - prosegue 'don Ferdy' come si firma - perché solo il Signore è capace di giudicare. Bisogna però che voi non vi gloriate così tanto di una simile cosa. Penso che anche Renzi ti avrebbe scartato. Vuoi stare con il tuo amico? Fallo pure ma non andare a dire in giro che è tua moglie". "Ricorda Matteo - conclude il sacerdote - che anche se questo diventerà un fenomeno globale resterà sempre uno dei quattro peccati che gridano vendetta a Dio: aborto, omosessualità, oppressione dei poveri, defraudare il salario degli operai".

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Di seguito quanto scritto da Matteo Pegoraro nel suo sfogo post elettorale:

"L'essere gay a Solesino è forse come esserlo in un paesino del meridione, dove tutti conoscono tutti e la mentalità si amalgama tra il conformismo e il machismo. È un paese di circa 7200 abitanti, un po' sganciato dal resto del mondo, dove raramente chi ci vive si permette di uscire fuori dagli schemi e dove i valori della famiglia tradizionale sono talmente radicati da non essere minimamente messi in discussione. È un paese con molti anziani, che tramandano una tradizione senza dare troppe opportunità a qualcuno di cambiarla o proporne una visione diversa. Quando mi sono candidato sindaco, un giornale locale - Il Mattino di Padova - ha intitolato gli strilloni "Sono gay e mi candido a Sindaco" e in poche ore i quotidiani erano esauriti. Il titolo del pezzo era "Il primo candidato a sindaco di Solesino è un omosessuale". Il giorno dopo in piazza tutti mi scrutavano con aria indagatoria, qualcuno lanciava qualche occhiata, qualcun altro sorrideva timido e accennava a un saluto, i più fingevano di non far caso alla cosa. Nei bar parlavano già che se fossi stato eletto avrei portato il gay pride, i matrimoni gay e legalizzato le adozioni, in un'ottica abbastanza assurda e ben poco realistica, ma che determinava commenti e scongiuri. Dopo qualche giorno ricevevo a casa una busta chiusa da un certo don Ferdinando, cappellano dell'ospedale di Monselice, un paese vicino, dove mi si diceva che come gay, candidandomi a sindaco, stavo rovinando il nome di Solesino, che ero anormale e non potevo pretendere di essere considerato come tutti gli altri uomini. Allego la lettera, anche se è in dialetto veneto qualcosa si capisce. Sul retro mi si diceva che sto commettendo peccato mortale, come abortire, uccidere o rubare ai poveri. Decisi di lasciar perdere, ma il giorno del mio compleanno (l'11 aprile) mi chiama una ragazza della mia lista dicendo che in alcuni parrucchieri e bar del paese stanno distribuendo quella lettera, dattiloscritta, agli avventori. Molti mi dicono di non cogliere la provocazione, e lasciare fare, non denunciare nulla, ché altrimenti "la cosa del gay si accentua". Scelgo di andare avanti continuando semplicemente a essere me stesso, e alla fine alle elezioni portiamo a casa 601 voti e un posto in consiglio comunale. Qualcuno dice "è bravo ma è gay", qualcun altro è arrabbiato, qualcun altro deluso perché non abbiamo vinto. Ecco i vari volti dell'essere gay - e candidato - a Solesino!"

La lettera di don Ferdinando (fonte: Matteo Pegoraro, Facebook):

lettera cappellano monselice-2

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