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Padova, la "città dei supermercati": impazza il dibattito, tra polemiche e soluzioni

A denunciare il problema è il vicesindaco Arturo Lorenzoni: le posizioni di Ubaldo Lonardi e Patrizio Bertin

«I supermercati in città sono troppi». È bastata questa frase, pronunciata martedì dal vicesindaco Arturo Lorenzoni, per scatenare il dibattito.

Ubaldo Lonardi

Ubaldo Lonardi, vicepresidente del consiglio comunale, è stato tra i primi a esprimersi in merito. In questi termini: «Padova sarà la città italiana con il numero più elevato di supermercati alimentari (rapportato al numero degli abitanti). Un primato strano, che merita uno studio approfondito su questa capacità attrattiva nonostante la matematica certezza che molti di quelli esistenti e anche dei nuovi, saranno destinati al fallimento. Già oggi un punto vendita di una grande cooperativa “rossa” è quasi sempre desolatamente vuoto e la cooperativa che lo gestisce ha avuto nel solo 2018 una perdita di 270 milioni di euro. E non è nemmeno un caso che la più grande catena italiana, Esselunga, abbia inserito Padova nella lista nera, come una delle città dove non andare… Ha ragione il vicesindaco Lorenzoni a dire che le future nuove aperture sono state autorizzate in passato e che sotto i 1.500 metri quadrati il Comune non ha voce in capitolo. Ciò nonostante ricordo che se questa Amministrazione non avesse approvato il cambiamento del progetto immobiliare che riguardava il supermercato Rossetto con lo spostamento oltre la Ferrovia della cubatura riservata al direzionale, probabilmente il progetto nel suo insieme sarebbe rimasto al palo, come lo è stato in tutti questi anni dopo l’approvazione che risale, se non erro alla Giunta Destro. Lo stesso discorso si può fare per l’ALDI che aprirà tra via del Plebiscito e via Viotti. Per non parlare poi dei nuovi supermercati Despar (la catena che con questa Amministrazione sta avendo l’incremento maggiore di punti vendita, a cominciare dall’apertura del supermercato nell’ex punto elettorale di Giordani in Piazza della Frutta), uno nella ex Palazzina dedicata alla comunicazione già di proprietà della Curia alla Sacra Famiglia e al restaurato Foro Boario in Prato della Valle. È proprio certo il vicesindaco che il Comune non abbia alcuna responsabilità? Proprio a Padova dove crea problemi allargare un gabinetto? Non servono atti amministrativi per le nuove destinazioni d’uso o per i cambiamenti? Non dimentichiamo che il Comune trae notevoli benefici da questi investimenti attraverso oneri ordinari e, in qualche caso, straordinari! Una cosa è certa, per non trovarci domani pieni di scheletri in città, bisogna agire. L’ex Famila di Pontevigodarzere è un ammonimento per tutti (meno che per coloro che sono ben felici d’avere spazi a disposizione per future illegali ma spesso tollerate occupazioni). Chiedere un cambiamento della Legge Regionale, vista l’esperienza negativa della sua attuazione non è fuori luogo. Ma intanto un uso intelligente degli strumenti in possesso della Pubblica Amministrazione è un atto necessario, come, a mio parere, un diretto coinvolgimento degli attori di questo sistema per una seria riflessione su quanto sta accadendo a Padova e sul futuro del commercio nella nostra città».

Patrizio Bertin

A seguire a ruota il ragionamento di Lonardì è Patrizio Bertin, presidente di Ascom Confcommerco Padova. Il quale afferma: «Ha ragione Lorenzoni, però il suo grido d’allarme è un po’ come aver scoperto l’acqua calda: sono anni che continuiamo a dire, in tutte le sedi istituzionali, che aumentare i supermercati non è un problema per i commercianti ma è un problema per la città. Il problema è squisitamente di natura immobiliare perché di commerciale ha poco o, comunque, se può avere un significato oggi non lo avrà domani, ma un domani talmente prossimo che le avvisaglie ci sono già tutte e si chiamano dismissioni con conseguente degrado e/o occupazione abusiva.Con una popolazione che se non diminuisce comunque non aumenta la classica “torta” è destinata a distribuire fette sempre più piccole e a forza di rimpicciolire le fette finisce che qualcuno muore di fame. Fuor di metafora: qualche supermercato, a breve, dovrà chiudere con conseguenti esuberi che finiscono per ricadere, in termini sociali prima ancora che economici, sull’intera collettività. Il limite dei 1.500 metri quadrati di superficie evidentemente non è un problema. Abbiamo assistito, in questi mesi, ad un progressivo aumento anche dei piccoli punti vendita di 200/300 metri quadrati attivati in centro storico. Ora si “militarizzano” le aree immediatamente periferiche (e per farlo non si guarda in faccia a nessuno: si costruisce sotto i ponti o si distruggono centinaia di metri di siepi) e dopo che negli anni scorsi le grandi superfici di vendita hanno presidiato le strade d’accesso alla città. L’unica strada che potrebbe essere adottata è quella di non prevedere nei piani urbanistici aree commerciali e su questo credo che il Comune possa dire la sua»

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