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Il Brenta torna a far paura

Il Brenta è una bomba a orologeria. Zaia: "il professor D'Alpaos ha ragione, avanti con le opere di salvaguardia"

Torna la brutta stagione e con essa il problema del rischio idraulico. In Italia, si sa, questo problema è diffuso in modo capillare in tutta la penisola e rappresenta una questione di notevole importanza. Anche nella Regione Veneto, dove è ancora fresco nella memoria l’alluvione del 1 novembre 2010 che ha colpito le province di Vicenza, Padova e Verona. Per non parlare di quello del 1966.
 

La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione lungo gli argini dei fiumi, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua sono solo alcuni delle cause di questo fenomeno. A destare qualche preoccupazione in questo periodo è soprattutto la zona tra i fiumi Brenta e Bacchiglione. A confermarlo è il professor Luigi D’Alpaos docente di Idraulica alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova che definisce in modo particolare il fiume Brenta una vera e propria bomba pronta a scoppiare da un momento a l’altro. La ragione di ciò è che, il Brenta, in queste condizioni, non può più convogliare le massime piene che possono verificarsi. E il problema più grosso si trova proprio lungo gli argini e gli alvei del fiume che hanno bisogno di una costante manutenzione e che in questi anni sono stati quasi assenti.
 

Ad affermarlo anche Il governatore Luca Zaia che prende atto delle giuste richieste dei cittadini che abitano nei Comuni della parte terminale del fiume, ma che evidenzia nuovamente anche la necessità di intervenire non solo per sistemare, ma soprattutto per prevenire: «La Regione sta seguendo con grande attenzione la questione della manutenzione degli argini del Brenta, ma sui rischi che questo fiume crea al territorio lungo il quale scorre ha ragione il prof. D’Alpaos: è una bomba ad orologeria che va disinnescata. E non è la sola che potrebbe esplodere in caso di eventi estremi».
 

“Le due tipologie di intervento, manutenzione e nuove opere, devono camminare a fianco a fianco – prosegue Zaia – perché ripristinare e conservare la capacità degli argini è necessario ma non basta. Come il prof. D’Alpaos mette in guardia, la quantità d’acqua che potrebbe confluire nel bacino di questo fiume supera infatti la capacità di contenimento dell’alveo: se piove troppo, l’acqua è destinata a uscire da qualche parte. Il piano che ci ha preparato dopo l’alluvione di Ognissanti contiene tutti gli interventi correttivi per elevare al massimo grado la sicurezza del nostro Veneto, attraversato dai più grandi fiumi d’Italia, lungo il quale i corsi d’acqua scorrono per la gran parte sopra il livello campagna, dove c’è un territorio montano e pedemontano dal quale possono precipitare a valle in poche ore grandi quantità di acqua piovana”.
 

“Servono insomma, anche in questo caso, interventi, a monte – dice ancora Zaia – ed è questa oggi la nostra principale priorità, consapevoli che solo un territorio sicuro garantisce il futuro delle nostre comunità e della nostra economia.”

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