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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Calcio Padova, Del Piero: "Auguro al biancoscudo di rialzarsi presto"

Anche l'ex storico capitano della Juventus, che però esordì tra le fila del club biancoscudato, commenta la grave situazione che, oltre alla mancata iscrizione in Lega Pro, sta portando la società al fallimento

Non poteva rimanere indifferente, Alessandro Del Piero. Lui, ex storico capitano della Juventus, che però nel Calcio Padova ha mosso i primi passi da professionista - che un anno fa con il suo nuovo club australiano, il Sidney, è tornato a correre sul campo dell'Euganeo applaudito dai tanti fan padovani - ha deciso di far sentire la propria voce di vicinanza, in particolare ai tifosi biancoscudati.

LA VICENDA CALCIO PADOVA: LE INDAGINI: Presunto "buco" di 10 milioni - I PRIMI SENTORI: A rischio l'iscrizione alla Lega pro - FALSE SPERANZE: Penocchio in banca per la fidejussione - LA DOCCIA FREDDA: Cestaro a Bitonci: "Non paghiamo" - LA FINE: Nessuna iscrizione in Lega Pro - DAY-AFTER: Si guarda al domani - VERSO LA RINASCITA: L'ipotesi Bergamin per un nuovo club - EL SHAARAWY: "104 anni di storia non si cancellano così"

"RATTRISTATO". Così giovedì, dal suo sito web, il "Pinturicchio" commenta la grave situazione che, oltre alla mancata iscrizioni in Lega Pro, sta portando la società al fallimento. "La notizia del fallimento del Calcio Padova e della sua scomparsa dal calcio professionistico, dopo 104 anni di storia, mi ha molto rattristato - scrive Alex - Devo molto al club e a quella città. L’anno scorso è stato fantastico rivedere l’Euganeo pieno, per l’amichevole tra Sydney FC e Padova. L’applauso del pubblico padovano mi emozionò molto, e conoscendo l’amore che ha per la sua squadra, so che quella gente ha perso qualcosa di molto importante. Per questo vorrei augurare al “Biancoscudo” di rialzarsi presto, e di tornare dove meritano la storia del club e la passione dei suoi tifosi. Alessandro".

EL SHAARAWY: "104 anni di storia non si cancellano così"

Del Piero regala poi a fan e tifosi biancoscudati un estratto dal libro: “Biancoscudo - cent’anni di calcio Padova”, pubblicato in occasione del centenario della società, in cui racconta della sua esperienza nello storico club padovano:

"Da bambino per me c’era Padova, non ancora il Padova. C’era la basilica di Sant’Antonio, la piazza con i colombi, le gite con i miei e quelle con la scuola. San Vendemiano-Padova mi sembrava un viaggio lunghissimo, ma erano solo 77 chilometri. Se ci ripenso mi rendo conto che quei 77 chilometri sono stati l’esatta distanza tra il bambino che non ero più e l’uomo che stavo diventando, quando nella mia vita è entrato il Padova. Era il 1988, avevo tredici anni, il “dieci” della Juventus era Zavarov, io quel numero non ce l’avevo neppure nei Giovanissimi della squadra. Il mio all’inizio era il 7. A pensarci bene è un numero che ricorre, ho già detto dei 77 chilometri, ma non posso dimenticare tutte le volte che li ho percorsi sulla 127 gialla di mio padre, quella con cui prima seguivamo le trasferte di mio fratello, calciatore prima di me.

A portarmi idealmente al Padova però fu una 126, quella bianca con cui l’osservatore del Padova Vittorio Scantamburlo andava su e giù per il Veneto alla ricerca di giovani talenti. Un giorno ne scoprì uno a San Vendemiano, e da lì è nato tutto. So che ancora oggi si commuove quando rivede il quaderno sul quale si appuntò il mio nome con tre asterischi, il massimo dei voti che assegnava. Sono felice di essere il suo orgoglio: grazie Vittorio! A prendermi fu Piero Aggradi, l’allora direttore sportivo, con cui qualche anno dopo Boniperti trattò il mio passaggio alla Juventus. La mia prima casa – che condividevo con altri compagni con un sogno chiamato pallone – era a due passi dall’Appiani: il mio primo stadio, l’immagine che ricordo del mio primo giorno a Padova.

A Padova ho trascorso quasi tutta la mia adolescenza, quella di un ragazzo di San Vendemiano che per la prima volta lasciava la famiglia con dentro un’esplosione di speranza, paura, entusiasmo, ambizione. E voglia di giocare. Ne parlo come se fossi andato dall’altra parte del mondo, ma allora a me quella strada sembrava davvero un’enormità, perché era simbolo di un distacco. Di quegli anni porto con me migliaia di ricordi, qualche amico che ancora sento (come Ivone De Franceschi, siamo cresciuti insieme ma… porca miseria, il dieci ce l’aveva lui!) e non dimentico l’emozione del mio primo gol da professionista, l’unico in una squadra di club senza la maglia della Juventus: 22 novembre 1992, Sandreani mi butta dentro contro la Ternana e segno il gol del 5-1. La mia maglia allora era la 16 (a proposito, quanto fa 6 + 1?).

Ecco, per tutto questo rimarrò sempre legato a Padova e al Padova, punto d’arrivo di una strada lunga 77 chilometri, che mi ha cambiato la vita".

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